Le ambizioni nucleari italiane non sfumarono del tutto a seguito della pubblicazione della relazione finale della Commissione Salvetti. Negli anni 1980 furono predisposti altri piani energetici nei quali le centrali nucleari erano ancora previste, racconta Giorgio Nebbia su Energia 1.18 ripercorrendo i passaggi fondamentali del libro di Andrea Candela Storia ambientale dell’energia nucleare. Ci sono stati altri progetti di insediamenti di centrali nucleari in Puglia, Lombardia, Piemonte, con altre vivaci contestazioni per la prima metà degli anni Ottanta, fino all’aprile 1986 quando l’incidente al reattore di Chernobyl sembrò porre definitivamente la parola fine ai programmi nucleari.
Sembrò, perché un altro ‘ritorno’ ci fu fra il 2009 e il 2010, con il tentativo da parte del governo di far comprare all’ENEL due o quattro reattori EPR di produzione francese Areva, gli stessi che stanno avendo innumerevoli guai e ritardi nelle due località in Francia e Finlandia in cui sono in costruzione.
Nel giugno 2011 ci fu un nuovo referendum con cui tale tentativo fu respinto a larga maggioranza anche sull’onda del terzo grave incidente nucleare ai reattori della centrale giapponese di Fukushima.
Ancora oggi c’è qualcuno che propone l’energia nucleare per la produzione di elettricità senza emissioni di gas serra, in un mondo alle prese con i cambiamenti climatici. Resta tuttavia irrisolto il problema della sistemazione definitiva dei materiali radioattivi che si sono accumulati in Italia e che finora nessuno ha indicato dove mettere. Un maldestro tentativo di sistemarli, nel 2003, in una vecchia miniera di sale a Scanzano in Basilicata è fallito per la ben motivata protesta delle popolazioni locali.
Il post è un estratto della recensione di Giorgio Nebbia dell’Università di Bari sul libro di Andrea Candela, Storia ambientale dell’energia nucleare pubblicata sul numero 1.18 di Energia
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