Tutti proiettati a disegnare e magnificare l’Italia dell’energia che verrà. Migliaia di colonnine elettriche soppianteranno i distributori carburanti, mentre solare ed eolico, camminando sulle proprie gambe senza bisogno di sussidi, spazzeranno via carbone e metano nella generazione elettrica. Il rischio è di finire per prestare scarsa attenzione a quel che effettivamente accade. A verificare, in sostanza, se le dinamiche in atto muovono in linea con gli scenari attesi. Quel che vale sia su scala mondiale che per il nostro paese.
Ebbene, le cose su entrambi i versanti non stanno così. A dirlo per quanto ci riguarda sono le ottime “Analisi trimestrali del Sistema Energetico Italiano” elaborate da Enea. Dall’ultima, relativa al I trimestre 2018, si evince:
a) un aumento del 3% dei consumi energetici primari (similmente ai consumi finali) che consolida il +1,5% registrato nel 2017 sul 2016, dopo 11 anni di riduzione. Consumi che nel 2017 sono stati comunque ancora ampiamente inferiori al massimo del 2005 (170 vs. 198 mil. tep);
b) un ulteriore rallentamento del calo dell’intensità energetica (energia/PIL), alias miglioramento dell’efficienza energetica, anche qui in controtendenza con l’andamento dell’ultimo decennio;
c) un aumento nel mix delle fonti del gas naturale e del petrolio, a fronte di un calo dei combustibili solidi, mentre le “fonti energetiche rinnovabili sembrano consolidarsi su traiettoria sostanzialmente stazionaria evidentemente non in linea con gli obiettivi di crescita della quota di fonti energetiche rinnovabili (FER) sui consumi di energia entro il 2030” (pag.4). La loro quota sul consumo interno lordo si era attestata nel 2017 sul 31,4% in calo di sei punti rispetto al 37,5% del 2014, come rileva il Mise. Un calo dovuto prevalentemente alla bassa e alta idraulicità nei due anni, ma anche all’insoddisfacente crescita delle altre rinnovabili;
d) i consumi elettrici sono aumentati ma circa la metà di quelli complessivi di energia, disattendendo l’aspettativa di una progressiva elettrificazione dei consumi;
e) i prezzi dell’energia in forte risalita, dopo la flessione post-2014: con un aumento del petrolio da un anno in qua prossimo al 50% con effetto di trascinamento su quelli del gas naturale e a cascata dell’elettricità.
Conclusione: l’indice sintetico della transizione energetica elaborato da ENEA è peggiorato del 6%; soprattutto per la sua componente “decarbonizzazione” ridottasi del 14%.
I dati, come detto, si riferiscono al I trimestre di quest’anno, ma confermano andamenti avviati nello scorso biennio. A ciò si aggiunga che il peggioramento delle cose è avvenuto in presenza di una crescita dell’economia che rimane molto debole. Altrimenti sarebbero andate ancor peggio. Il dato di sintesi è che negli ultimi tre anni (se il resto del 2018 confermerà gli andamento del I trimestre) si è registrata una stasi o un’inversione di tendenza dei principali parametri energetici.
Il succo della questione è che questi trends sono fuori linea rispetto a quelli attesi: forte aumento dell’efficienza energetica, boom delle rinnovabili, aumento della penetrazione elettrica (con consumi ancora inferiori a quelli del 2012), riduzione del gap dei prezzi con gli altri paesi europei. Disegnare il futuro è maledettamente difficile. Basarvi le decisioni molto rischioso. Si vadano a rileggere gli scenari contenuti nella SEN 2017 di solo un anno fa per rendersene conto e vedere come poco di quel che si prevedeva sta accadendo.
Come colmare allora il divario tra auspici e realtà? La risposta sta alla politica e alla regolazione che servono proprio a correggere il corso delle cose quando il mercato non le orienta inerzialmente verso obiettivi ritenuti di interesse generale. Quali strumenti adottare, a quali costi, a spese di chi, sono le domande cui la politica dovrebbe dare risposta. In modo chiaro e trasparente. Evitando, come in passato, di ricorrere solo a incentivi a pioggia con indebiti vantaggi per pochi e indebiti costi per la collettività.
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