26 Ottobre 2018

Quali misure per ridurre nel breve la CO2 in Italia

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Ci sono misure di riduzione della CO2 che l’Italia potrebbe adottare da subito e con costi pressoché nulli. Chiaramente questo significa affrontare il tema del carbone nel mix di produzione di energia elettrica.

IL CASO DELLA GERMANIA

Il caso tedesco è emblematico del fallimento di quelle politiche ambientali che investono in rinnovabili e in efficienza energetica ma arretrano quando occorre gestire la questione della produzione elettrica da carbone. Tra costi di uscita dal nucleare e di sviluppo delle rinnovabili, la Germania ha complessivamente speso già circa 150 mld di euro, ma il livello emissivo della CO2 non si è ridotto, è di fatto fermo ai valori di 10 anni fa. [i]

In Germania, le rinnovabili non hanno spiazzato minimamente la produzione a carbone

Ma questo non può sorprenderci se consideriamo che la Germania nel 2009 produceva 260 TWh di energia da carbone, oggi ne produce solo 10 TWh in meno. Le rinnovabili non hanno quindi spiazzato minimamente la produzione a carbone. Tutto quello che la Germania produce e non consuma ha trovato nell’export la sua nuova strada, sfruttando le condizioni di mercato. [ii] Ebbene, se in teoria tutta la produzione di energia elettrica da oil e coal fosse sostituita da gas, il totale delle emissioni di CO2 in Germania sarebbe quasi dimezzato.

LA SITUAZIONE IN ITALIA

Questo è vero anche per l’Italia. Noi partiamo da un mix più pulito (produciamo la metà dell’energia elettrica prodotta in Germania, ma le emissioni di CO2 sono un terzo di quelle tedesche). [iii] Ciò detto, potendo sostituire tutto il carbone con il gas – cosa che ancora non è pienamente possibile, data la situazione sarda e l’irrisolta questione dell’impianto essenziale di Brindisi – anche per l’Italia si otterrebbe una riduzione delle emissioni di circa il 20%: 24 mil. ton di CO2 contro il calo di 25 mil. ton/anno ottenuto con misure che non possiamo dire essere state ‘a buon mercato’.

Non possiamo permetterci di rinviare il phase-out dal carbone

Senza nulla voler togliere all’importanza di procedere nello sviluppo delle rinnovabili, il messaggio è che non possiamo permetterci di rinviare il phase-out del coal, anzi occorre inserirlo come primo intervento da adottare per efficacia e anche minori costi associati.

Come Italia ci siamo già dati nella SEN una scadenza, il 2025, entro la quale le centrali a carbone devono essere dismesse. Questo però non significa che nel mentre non dobbiamo attivarci per ridurre la produzione da carbone e, quindi, le relative emissioni.

Chiaramente, agire nel breve significa intervenire a parco produttivo invariato. Ciò detto, una leva è comunque disponibile: possiamo lavorare sulla competitività del gas verso il carbone, per promuovere lo switch coal to gas, o meglio per non ostacolarlo. E fin qui non stiamo dicendo nulla di nuovo.

Generalmente però il tema è affrontato guardando a possibili misure per ‘penalizzare’ il coal (es. carbon tax UK). Senza mettere in discussione l’importanza di queste misure, il nostro suggerimento è: interveniamo anche sui costi del gas, rimuovendo quelle inefficienze che finiscono paradossalmente per avvantaggiare il carbone.

GLI ONERI SUL PREZZO DEL GAS

Oggi le centrali termoelettriche a gas, al pari degli altri consumatori, pagano una serie di componenti addizionali sul gas consumato per complessivi circa 4 euro/MWhe [iv] a tariffe attuali. Ebbene, l’applicazione di questi oneri sul consumo ‘intermedio’ delle centrali genera due paradossi:

(1) per recuperare nei prossimi 3 anni circa 1,5 mld di euro di oneri dal gas utilizzato per la produzione di energia elettrica, ne facciamo pagare quasi 3 mld sulla bolletta elettrica [v]. L’onere quasi si raddoppia. Questi extra-costi del gas sono in realtà rendite che stiamo assicurando agli altri impianti (inframarginali) tra cui quelli a carbone e ai paesi esteri da cui importiamo.

(2) in più, applicando questi oneri alle centrali a gas, ne riduciamo la competitività rispetto al carbone. L’aspetto paradossale è che gran parte di questi oneri aggiuntivi sul gas servono a recuperare i costi degli interventi di risparmio energetico (i ‘certificati bianchi’). Quindi per remunerare l’efficienza energetica, stiamo aumentando le emissioni di CO2!

Abbiamo creato un cortocircuito per cui i due principali obiettivi della politica ambientale europea sono andati in conflitto.

COME AUMENTARE LA COMPETITIVITÀ DEL GAS RISPETTO AL CARBONE

Una delle misure che potremmo adottare da subito è quella di eliminare (allocandoli diversamente) questi oneri addizionali dal costo del gas per la produzione elettrica; in tal modo aumenteremmo la competitività del gas rispetto al carbone, creando in ultima istanza le ‘condizioni di mercato’ per uno switch di tecnologia.

Sulla base delle curve forward attuali, si può stimare per effetto della misura proposta fino a 10 TWh di minor produzione elettrica a carbone nel triennio 2019-2021, con una riduzione netta delle emissioni di CO2 pari a 5 mil. ton. Tutto questo semplicemente superando una distorsione, tra l’altro costosa per il consumatore.

Quindi, intervenendo sui costi variabili delle centrali a gas e riallocando in modo efficiente detti oneri, si riesce a:

  1. ridurre la bolletta elettrica del consumatore finale;
  2. incentivare un’efficace misura di decarbonizzazione, a costi aggiuntivi praticamente “negativi”. Il consumatore ne ha un beneficio;
  3. recidere il legame tra il mercato dei certificati bianchi e quello dell’energia elettrica.

 

Hannelore Rocchio è Vicepresidente esecutivo del Regulatory Affairs and Strategy Support di Eni.

Recentemente ha scritto insieme a Federico Boschi l’articolo Mercato della sicurezza gas: i fallimenti dell’attuale regolazione e le proposte di riforma pubblicato sul numero 3.18 di Energia

[i] Più precisamente, nel 2009 per la sola produzione di energia elettrica la Germania ha emesso 315 mil. ton CO2, nel 2017 306 mil. ton CO2.
[ii] Tra l’altro, è interessante notare come la Germania abbia consolidato, negli ultimi anni, il suo ruolo di esportatore netto: in effetti, a fronte di una domanda aumentata dal 2009 al 2017 di poco meno di 20 TWh, la generazione è aumentata di più di 50 TWh incrementando di conseguenza l’export netto, che è arrivato nel 2017 a valere circa 50 TWh. Poiché l’aumento di produzione da rinnovabili è stato in gran parte compensato dalla riduzione del nucleare, si può concludere che la Germania ha sfruttato il contesto di mercato europeo per convogliare in esportazione parte della quota di produzione a carbone. Questo risultato può comportare potenziali distorsioni delle dinamiche dei mercati elettrici, per esempio contribuendo a mantenere un livello di prezzo (interno e dei paesi importatori) che non trasferisce il corretto segnale per investimenti in tecnologie più pulite; senza contare il mancato raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione.
[iii] In relazione ai fattori emissivi utilizzabili nelle stime, le emissioni CO2 nel 2017 per il settore della generazione elettrica sono pari a 94÷111 mil. ton in Italia e 263÷306 mil. ton in Germania.
[iv] Il dettaglio degli oneri che gravano sul gas destinato alla produzione termoelettrica è il seguente:
– GSt (corrispettivo a copertura del c.d. ‘bonus gas’ per i clienti disagiati)
– REt (corrispettivo a copertura degli oneri di incentivazione dell’efficienza energetica nel settore gas
– UG3t (corrispettivo a copertura degli oneri di morosità relativi ai clienti in regime di default trasporto
– CRVOS (corrispettivo a copertura del fattore di garanzia dei ricavi per il servizio di stoccaggio
– CRVBL (corrispettivo a copertura degli oneri di bilanciamento del sistema del gas)
[v] Il recupero degli oneri aggiuntivi dai siti di produzione elettrica a gas vale (sulla base degli oneri attuali) circa 1,5 mld euro nel triennio 2019-2021, mentre l’effetto dell’aumento del PUN nello stesso periodo può arrivare a poco meno di 3 mld euro; anche considerando le correzioni legate al mancato recupero su produzione incentivata da rinnovabili e su import, il vantaggio per il sistema nel prossimo triennio resterebbe di circa 750 mil. euro.