In un periodo ancora fortemente turbolento per la Libia, nel tentativo di accompagnare il Paese verso le elezioni, il governo italiano ha recentemente organizzato una conferenza internazionale, tenutasi a Palermo il 12-13 novembre.
La conferenza ha cercato di dare un contributo al rilancio della missione delle Nazioni Unite in Libia e alla delineazione di un nuovo piano per il paese che negli stessi giorni veniva presentato dall’inviato speciale Gassan Salamé.
La Libia è un punto fondamentale della politica estera dell’Italia e la sua instabilità ha ricadute importanti sul nostro Paese, in particolare per quanto concerne i flussi di migranti e gli approvvigionamenti energetici
Il nuovo piano per la Libia sembra dovere molto al contributo di idee e indirizzo dell’Italia, a cominciare dall’insistenza sulla ricomposizione del quadro delle istituzioni economico-finanziarie libiche, al maggior coinvolgimento degli attori militari che hanno il controllo reale del terreno e di tutte quelle parti di paese che erano rimaste escluse precedentemente “dalla costruzione di una Nazione”.
Tuttavia, spiega Arturo Varvelli su Energia 4.18, “servirebbe un’iniziativa multilaterale più ampia, che non abbia la prospettiva di una conferenza a breve e che richiede però una capacità di mediazione politica anche con quelli che vengono percepiti come i nostri «rivali». E qui, purtroppo, pare che vi siano i punti più dolenti”.
Il post presenta l’articolo La Libia dopo la conferenza di Palermo scritto da Arturo Varvelli e pubblicato sul numero 4.18 di Energia (pp. 10-12)
Arturo Varvelli è Ricercatore e Co-Head MENA Center dell’ISPI, Istituto per gli studi di politica internazionale
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