23 Gennaio 2019

Come aumentare il fotovoltaico riducendo al minimo la nuova occupazione di suolo

LinkedInTwitterFacebookEmailPrint

Il fotovoltaico sarà il traino della crescita delle energie rinnovabili nella generazione elettrica nei prossimi decenni. La nuova potenza fotovoltaica da installare mediamente ogni anno dal 2019 al 2030 dovrà crescere circa 10 volte. È importante che questa crescita non comporti nuova occupazione di suolo. Su Energia 4.18, GB Zorzoli disegna una strategia per raggiungere l’obiettivo riducendo al minimo i nuovi impianti fotovoltaici a terra.

Il Piano nazionale integrato per l’Energia ed il Clima (PNIEC), di recente inviato dal governo alla Commissione europea, prevede di portare la produzione di energia da rinnovabili al 30% entro il 2030, un target solo di poco superiore a quello previsto dalla precedente Strategia Energetica Nazionale del 2017 (28%) ed inferiore al 32% concordato a Bruxelles.

Prendendo a riferimento questo obiettivo, la produzione elettrica da fonti rinnovabili dovrebbe raggiungere 200 TWh nel 2030, di cui 84 TWh da fotovoltaico, diversamente dalle previsioni PNIEC (che si limitano a 187 TWh, di cui 74,5 fotovoltaico) e SEN 2017 (184 TWh di cui 72 fotovoltaico).

Simili obiettivi per il fotovoltaico potrebbero implicare un’occupazione di suolo financo superiore a 31.500 ettari. Una superficie talmente elevata da rendere problematico l’ottenimento del corrispondente numero di autorizzazioni. Un ulteriore aumento della capacità fotovoltaica sarà pertanto realizzabile solo minimizzando le installazioni a terra. Zorzoli suggerisce come raggiungere 71 TWh attraverso installazioni su coperture di edifici e bacini idroelettrici, limitando così a 13 TWh quelle a terra. Ne sintetizziamo i passaggi principali.

Verso la fine del prossimo decennio diventerà conveniente sostituire i moduli con altri aventi efficienza significativamente superiore

Va innanzi tutto tenuto conto che i generosi incentivi di 10 anni fa hanno favorito l’installazione di impianti anche di scarsa qualità. Verso la fine del prossimo decennio saranno però tutti giunti a fine periodo di incentivazione (o ad esso molto prossimi), per cui diventerà conveniente sostituire i moduli con altri aventi efficienza significativamente superiore.

Vanno inoltre massimizzate le installazioni fotovoltaiche sulle coperture di edifici, così da realizzare l’impianto là dove è ubicata la domanda, evitando che una parte eccessiva della generazione fotovoltaica sia installata nel Centro-Sud (dove l’irraggiamento solare è maggiore) e che l’accresciuta distanza dal baricentro dei consumi aumenti i costi per il potenziamento della rete di trasmissione. Un potenziale che l’autore stima in 170 GW, di cui 75 riferiti alle coperture industriali, commerciali, infrastrutturali tecnicamente utilizzabili, altrettanti alle abitazione, più un ulteriore 20 GW imputabile all’aumento dell’efficienza nel prossimo decennio. “A fronte di un potenziale così rilevante, l’installazione di 15-20 GW su coperture entro il 2030 è pertanto obiettivo realisticamente perseguibile”.

Vanno inoltre massimizzate le installazioni fotovoltaiche sulle coperture industriali, commerciali, infrastrutturali e delle abitazione

Non solo, può risultare addirittura conveniente, a patto che vengano soddisfatte alcune condizioni (come  rendere permanente le detrazioni fiscali per l’edilizia residenziale). Altra fonte di reddito verrà dalla partecipazione delle rinnovabili elettriche, prevista dalla direttiva RED II, a tutti i servizi di rete, che nel caso della generazione distribuita è più facilmente attuabile tramite aggregazioni per aree territoriali omogenee. Queste misure non bastano però “a garantire che la propensione a investire da parte di condomini e di PMI sia sufficientemente elevata” in quanto sussistono ostacoli (carenze culturali, problemi finanziari..) “in grado di rendere irrealizzabile ciò che sulla carta appare fattibile e remunerativo”.

Un ruolo importante nella promozione di questi investimenti viene individuato nelle utility e nella Cassa Depositi e Prestiti, nonché dalla reintroduzione di una misura ad hoc per promuovere l’installazione di impianti fotovoltaici in sostituzione di coperture in amianto, previa bonifica.

Un contributo importante può venire dalla copertura della superficie dei bacini idroelettrici

Infine, un contributo alla riduzione delle installazioni a terra può venire dalla copertura della superficie dei bacini idroelettrici con moduli fotovoltaici galleggianti, che potenzialmente consente di realizzare almeno 2 TWh/anno entro il 2030.

L’insieme di queste opzioni porta l’autore a conteggiare in 71 TWh la produzione fotovoltaica senza ulteriore occupazione del territorio realizzabile entro il 2030, con un eccedenza di 13 TWh/anno da collocare a terra.

La superficie richiesta può essere ridotta dotando una parte degli impianti di tecnologie che ne aumentano la resa energetica, mediamente del 20% circa. Ne sono esempio gli inseguitori monoassiali (tracker, una tecnologia elettromeccanica che consente di seguire ogni giorno l’esposizione solare Est-Ovest su un asse di rotazione orizzontale Nord-Sud, posizionando così i pannelli sempre con la perfetta angolazione) e/o di moduli bifacciali (composti di celle PERC, Passivated Emitter and Rear Cell, in cui le proprietà elettroniche ed ottiche della superficie posteriore della cella vengono radicalmente migliorate, passivando la superficie e creando al contempo delle aperture localizzate al fine di facilitare la cattura della luce in prossimità della superficie posteriore, luce che viene riflessa all’interno della cella).

In tal caso si dovrebbero installare a terra circa 9 GW, occupando in totale circa 18.000 ettari, cui vanno aggiunti quelli del nuovo eolico (circa 2.000 ettari). Un ammontare decisamente inferiore a quello paventato.

Anche se in Italia non si dispone di una mappatura completa e affidabile dei siti non altrimenti utilizzati, esistono stime relative ad aree industriali dismesse (circa 13.000 ettari), alle cave abbandonate (5.000-10.000 ettari), cui vanno aggiunte le aree demaniali demilitarizzate (circa 5.000 ettari).

Queste cifre sono indicative per difetto delle superfici disponibili. Per il fotovoltaico, una risposta affidabile dovrebbe venire a conclusione della roadmap avviata dal GSE, che ha come obiettivo la “definizione congiunta di un approccio univoco nell’identificazione e misurazione degli ettari disponibili per la realizzazione di nuovi impianti produttivi tra le Regioni, i Ministeri, il GSE, la Comunità scientifica e le altre istituzioni coinvolte”.

Il post rielabora un paragrafo dell’articolo “L’impervia via delle rinnovabili in Italia” scritto da G.B. Zorzoli e pubblicato su Energia 4.18

L’Autore è membro dell’Associazione Italiana Economisti dell’Energia e del Comitato Scientifico di «Energia»


0 Commenti

Nessun commento presente.


Login