11 Gennaio 2019

Scenari Energetici: per l’obiettivo climatico serve una rivoluzione tecnologica

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«È difficile fare previsioni, soprattutto sul futuro» è una frase attribuita al fisico danese Niels Bohr, premio Nobel nel 1922. È tuttavia impossibile farne a meno, per chiunque operi in ambito politico o economico equivarrebbe a prendere decisioni al buio. Nel mondo dell’energia sono disponibili molti scenari, proposti da numerose e qualificate organizzazioni. In molti casi, la stessa organizzazione ne propone contemporaneamente due o più, basati su diverse ipotesi.

Un primo tipo si basa su un approccio bottom up: si prospetta, partendo dalla situazione attuale, un’evoluzione ‘ragionevole’ dell’economia, della tecnologia, degli incentivi in atto o comunque già decisi e delle normative ambientali. Non una semplice estrapolazione, come per gli scenari Business as Usual del passato, ma scenari in cui modelli di simulazione più o meno raffinati tengono nel dovuto conto gli effetti delle principali variabili: dai provvedimenti previsti nei vari Stati a favore della decarbonizzazione, alla dinamica dei costi (in forte diminuzione) delle tecnologie rinnovabili, ai progressi tecnologici, ecc.

Un secondo tipo di scenari si basa invece su un approccio top down: si fissano determinati obiettivi, in genere in termini di emissioni di gas clima-alteranti e dei conseguenti innalzamenti di temperatura, e si determina l’evoluzione del mix energetico capace di realizzare detti obiettivi. I risultati in termini di mix energetico e di emissioni di CO2 ottenuti dai due diversi approcci differiscono enormemente.

Enorme è lo sforzo che una rivoluzione tecnologica di questa entità comporta, servono incrementi mai registrati nel passato in tutti i settori zero emission

Questi scenari prefigurano necessariamente una vera e propria rivoluzione nelle tecnologie e nell’utilizzo delle fonti energetiche, con tempistiche attuative mai registrate nel passato. È ad esempio istruttivo esaminare lo scenario 450 prospettato dall’Agenzia Internazionale per l’Energia.

450 si riferisce alla concentrazione di CO2 a regime che consente di limitare il riscaldamento globale a 2°C, in accordo con i modelli climatici, anche se recentemente l’IPCC ha fortemente auspicato di ridurre ulteriormente a 1,5°C. Dai dati riportati nel rapporto dell’Agenzia, Ennio Macchi (professore emerito del Politecnico di Milano) ha elaborato la seguente tabella, che riporta numeri che fanno meglio apprezzare l’entità della «rivoluzione» prospettata.

Lo scenario prevede che nel 2040 dovrebbero essere operativi i seguenti nuovi impianti:

  • 535 reattori da 1.000 MW ciascuno (un ritmo di realizzazioni superiori a 20 all’anno), in grado di assicurare nel 2040 una produzione da nucleare più che doppia rispetto all’attuale;
  • impianti idroelettrici per una potenza quasi doppia rispetto all’attuale;
  • l’equivalente di circa 312.000 turbine eoliche, ognuna della massima potenzialità oggi raggiunta, o un numero ancor più elevato di turbine eoliche di minor taglia;
  • oltre 2,5 milioni di MW di solare fotovoltaico (12 volte la potenza installata nel 2014);
  • altre rinnovabili (geotermia, biomassa, solare a concentrazione, etc.) con una produzione annua di oltre 3.200 TWh;
  • impianti con cattura e sequestro di CO2 per un totale di quasi 400 centrali da 1.000 MW.

Il quadro sopra esposto illustra, senza necessità di ulteriori commenti, l’enorme sforzo che una rivoluzione tecnologica di questa entità comporta. Per raggiungere l’obiettivo, servono incrementi mai registrati nel passato in tutti i settori zero emission, da quelli che oggi incontrano grandi difficoltà di accettazione da parte dell’opinione pubblica (nucleare, grande idroelettrico, confinamento dell’anidride carbonica) a quelli basati su fonti rinnovabili non programmabili (sole e vento), cui si chiede di decuplicare la produzione in un paio di decenni. Alle problematiche legate alla generazione elettrica vanno poi aggiunte quelle che la nuova configurazione del parco di generazione provocherebbe alla gestione della rete elettrica: oggi nessuna nazione gestisce la rete con apporti da solare fotovoltaico superiore al 7%, mentre lo scenario prevede valori medi da apporti fotovoltaici dell’11%, cui si aggiunge una quota prossima al 20% di impianti eolici.

Il post è tratto dell’articolo “I timidi progressi del settore elettrico mondiale verso la decarbonizzazione” scritto da Ennio Macchi e pubblicato su Energia 4.18

L’Autore è professore emerito del Dipartimento di Energia del Politecnico di Milano

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