31 Gennaio 2019

Solare: moduli su bacini idroelettrici per ridurre l’occupazione di suolo

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Come aumentare il fotovoltaico riducendo al minimo la nuova occupazione di suolo? Un contributo importante può venire dalla copertura della superficie dei bacini idroelettrici con moduli fotovoltaici galleggianti. Una possibilità che potenzialmente consente di realizzare almeno 2 TWh/anno entro il 2030, sostiene GB Zorzoli su Energia 4.18.

Da poco inviato alla Commissione europea, il Piano nazionale integrato per l’Energia ed il Clima (PNIEC) prevede di portare la produzione fotovoltaica a 74,5 TWh al 2030, sebbene da più parti si siano levate voci che sostengono si possa arrivare a produrre fino a 84 TWh. Tassi in ogni caso elevati che richiedono una strategia, come quella proposta da Zorzoli, che assecondi il dispiegamento delle installazioni riducendo al minimo la nuova occupazione di suolo.

Oltre allo sfruttamento, ove possibile, delle coperture industriali, commerciali, infrastrutturali e abitative, un punto interessante di questa strategia su cui vale la pena ritornare è l’installazione di moduli fotovoltaici galleggianti su bacini idroelettrici. I numeri sono ancora piccoli, perché si tratta di una tecnologia in fase di decollo; tuttavia, secondo un rapporto di IHS, “nel 2018, i sistemi fotovoltaici galleggianti passeranno dall’essere un’applicazione di nicchia ad una costante diffusione sul mercato”.

A oggi sono in esercizio poco più di 400 MW che utilizzano questa tecnologia, per la maggior parte in Cina, Giappone e Sud Corea. Nella classifica dei top ten, l’unico impianto fotovoltaico installato su un bacino idroelettrico è quello giapponese di Yamakura Dam, nella prefettura di Chiba, al terzo posto con 13,7 MW. Altrove, su bacini idroelettrici sono stati finora realizzati impianti dimostrativi, come quelli dall’azienda francese Ciel&Terre in Portogallo (220 kW a Montalegre) o in Italia (343 kW a Savona).

Impianto Ciel&Terre di Montalegre, in Portogallo

Diversi fattori militano a favore dell’utilizzo del fotovoltaico in bacini idroelettrici:

– la superficie del bacino viene schermata dall’irraggiamento solare, cui si aggiunge la ridotta azione dei venti, facendo calare l’evaporazione, in alcuni casi fino alll’80- 90%; per di più si diminuisce anche la crescita delle alghe, che possono ostruire le prese dell’acqua;

– l’acqua funge da raffreddamento naturale dell’impianto fotovoltaico, aumentandone di conseguenza l’efficienza;

– in un impianto idroelettrico, la produzione per ogni metro quadrato di bacino dipende dal salto d’acqua, che in Italia raggiunge un valore massimo di circa 100 kWh, grosso modo la stessa garantita dalla copertura della medesima superficie da parte di un impianto fotovoltaico:

– in Italia questa tipologia di impianti idroelettrici è prevalentemente localizzata nella parte centrosettentrionale del Paese; di nuovo, quindi in prossimità del baricentro dei consumi;

– posizionare impianti sulla superficie dei bacini idroelettrici dovrebbe rendere più agevole il permitting, anche se, insieme ai possibili veti delle soprintendenze, opposizioni locali non sono del tutto da escludere.

Insomma, la classica soluzione win-win. Sulla base della produzione degli impianti idroelettrici ad accumulo – 18,5 TWh nel 2016 – appare conservativo riuscire a realizzare per questa via almeno 2 TWh/anno entro il 2030.

Il post rielabora un paragrafo dell’articolo “L’impervia via delle rinnovabili in Italia” scritto da G.B. Zorzoli e pubblicato su Energia 4.18

L’Autore è membro dell’Associazione Italiana Economisti dell’Energia e del Comitato Scientifico di «Energia»

Foto: impianto di Pontecorvo, provincia di Savona; crediti Ciel&Terre

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