Ad una prima occhiata, la diffusione delle fonti rinnovabili nel contesto della transizione energetica sembrerebbe allontanare l’energia dalla geopolitica. Ma a ben vedere, esso solleva più problemi geopolitici di quanti non ne risolva. È quanto sostenuto nello studio IFP Energies Nouvelles e dell’Institut de Relations Internationales et Stratégiques, Vers une géopolitique de l’énergie plus complexe? riproposto in versione ridotta su Energia 2.19. Nuove forme di dipendenza costituiscono parte del problema globale cui si deve far fronte: diritti di proprietà intellettuale sulle tecnologie low carbon, concorrenza tra Stati, modelli di diversificazione dei paesi produttori di petrolio, sicurezza energetica.
Il processo di transizione energetica comporta infatti una crescente dipendenza da risorse minerarie, e con essa nuovi e diversi rischi geopolitici, economici, produttivi, ambientali e sociali (UNA NUOVA DIPENDENZA DAI MATERIALI?). La dipendenza di uno Stato dalle risorse fossili potrebbe venire rimpiazzata con una da metalli strategici o da materiali che necessitano di un grande apporto tecnologico.
“L’ubicazione delle risorse, l’organizzazione dei mercati industriali o le strategie degli attori […] possono rendere critico l’uso di una materia prima”. Criticità che “varia in realtà in base alla scala geografica scelta (il litio è quindi considerato critico negli Stati Uniti, ma non compare nell’elenco dei materiali critici della Commissione europea), a quella temporale (il cromo era fondamentale per la Commissione europea nel 2014 ma è scomparso dalla lista nel 2017) e al reparto consumatori considerato (economia nazionale, industria, azienda o tecnologia)”.
Necessario è quindi per ricercatori, produttori e responsabili politici “tenere conto della dimensione geopolitica [e] affinare la valutazione quantitativa e qualitativa della criticità”. In particolare, “i fattori che spiegano la formazione dei prezzi […], le strategie industriali e tecnologiche dei vari Stati, i vincoli ambientali o sociali. Essenziale la questione delle politiche pubbliche, come il riciclo e le liberalizzazioni che incidono sull’aumento o meno della dipendenza da un materiale.
“La questione della criticità rimane intrinsecamente legata alla diffusione delle tecnologie a basse emissioni di carbonio e, in definitiva, alla loro progettazione e commercializzazione” (TECNOLOGIE E POLITICHE CLIMATICHE). L’innovazione tecnologica low carbon è diventata così una sfida globale negli ultimi decenni e oggetto di un’intensa competizione geoeconomica tra gli Stati. “Nessuna area geografica sembra essere sfuggita alla corsa all’acquisizione dei diritti di proprietà industriale sulle nuove tecnologie FER, riflettendo le aspettative dei diversi attori che questi diventeranno asset chiave”.
“Se vogliamo delineare i confini di una geopolitica delle energie rinnovabili, dobbiamo considerare le conseguenze della loro diffusione tra gli attori «tradizionali» della geopolitica dell’energia, i cui modelli politici ed economici saranno trasformati” (IL RUOLO CHIAVE DEGLI ATTORI TRADIZIONALI). Il ritmo della transizione energetica, il futuro della domanda petrolifera e i prezzi del petrolio indeboliscono la posizione dei paesi esportatori di petrolio che devono decidere quale strategia di diversificazione delle loro economie intendono adottare.
Concludono gli autori (VERSO UNA GEOPOLITICA DELL’ENERGIA PIÙ COMPLESSA) “in un mondo in cui si vanno sommando fonti energetiche, anche le questioni correlate dovrebbero sommarsi e reagire l’una con l’altra per formare una geopolitica dell’energia molto più complessa di quella legata unicamente agli idrocarburi.[…] Il campo di riflessione aperto dalla transizione energetica è quindi vasto e mette in discussione i nostri modelli di consumo e la nostra comprensione della tecnologia […] Più in generale, viene messo in discussione il nostro modello di società, la nostra visione dello sviluppo e il modo in cui l’umanità si approccia alla lotta al cambiamento climatico. All’interno di questo quadro globale, il dispiegamento delle FER crea più problemi geopolitici di quanti non ne risolva”.
Il post presenta l’articolo Alcune questioni geopolitiche della transizione energetica (pp.14-20) scritto da Emmanuel Hache, Samuel Carcanague, Clément Bonnet, Gondia Sokhna Seck, Marine Simoën e pubblicato su Energia 2.19
Emmanuel Hache, Clément Bonnet, Gondia Sokhna Seck, Marine Simoën sono ricercatori presso IFP Energies Nouvelles
Samuel Carcanague è ricercatore presso l’Institut de Relations Internationales et Stratégiques – IRIS
Foto: Ruthie / Unsplash
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