La Cina fa, la Cina disfa, specie nel mondo dell’energia.
È annoverata come driver principale della domanda di petrolio a livello globale, ma di fatto ne sta diventando anche uno dei principali freni. Vediamo perché.
Nell’ultimo decennio, la Cina si è sempre più interessata al mondo delle rinnovabili, trasformando l’industria mondiale dell’energia solare e diventando il diretto responsabile della sua crescita esponenziale. Oggi il paese vuole diventare leader mondiale nei veicoli elettrici e nelle batterie, con implicazioni potenzialmente enormi per l’industria automobilistica e petrolifera globale. Nonostante ciò, le oil company sono fiduciose che i motori a combustione interna continueranno a dominare il mercato delle auto nel mondo. Stanno forse facendo lo stesso errore che fecero con le rinnovabili, sottostimando la portata rivoluzionaria dei veicoli elettrici come ‘disruptive technology’?
È indubbio che il ruolo della Cina sia stato importante nell’avanzamento tecnologico in ambito energetico; è pur vero, però, che i grandiosi piani di Pechino hanno spesso tempi lunghi, sono sostenuti da un’ingente politica di sussidi e devono affrontare numerose le sfide, come dimostrano i ritardi nella realizzazione dei suoi piani nucleari o nello switch dal carbone al gas (coal-to-gas).
Nel caso dei veicoli elettrici, i tempi affinché ci sia un impatto notevole sulla domanda petrolifera mondiale sono ancora lunghi, così come sono elevati i costi di sviluppo.
Insomma, il piano cinese di sviluppo dei veicoli elettrici va preso sul serio, ma non mancano gli ostacoli da superare. Resta, in ogni caso, il ruolo di primo piano della Cina, ago della bilancia delle questioni energetiche di tutto il mondo.
Ps: nel 2016, la Cina è stato il più grande mercato di auto elettriche al mondo con oltre il 40% di veicoli venduti, più del doppio di quelli negli Stati Uniti.
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