Se il risultato della Conferenza di Bonn è stato deludente, fortunatamente fuori dall’Assemblea la società civile, il business e gli Stati hanno preso in tutta libertà alcune decisioni utili.
Liberi dalla morsa della collegialità e della diplomazia, gli attori pubblici hanno conseguito infatti interessanti traguardi, come i 50 mil. doll. che la Germania darà al Fondo di adattamento; i 400 mil. che Norvegia e Unilever verseranno a favore di uno sviluppo economico più resiliente; i 75 mil. che la Banca Europea degli Investimenti darà alla Water Authority delle isole Fiji; e la Global Alliance tra circa 20 paesi (Canada, Francia, Italia, Regno Unito i maggiori) per il phase-out dal carbone. Certo, rimane sempre la questione di trasformare le decisioni in fatti, passaggio che può non essere affatto semplice, se si pensa che al settembre 2017 si sono materializzati solo 10,3 dei 100 mld. doll. annui promessi dai paesi ricchi a quelli poveri a Copenaghen (2009), e riconfermati a Parigi (2015). Tuttavia, occorre riconoscere che in tali azioni vi è comunque del positivo. Inoltre, esse si affiancano alle numerose decisioni che hanno preceduto la COP 23. Citeremo le seguenti:
– la Francia ha varato un Plan Climat che prevede la neutralità carbonica entro il 2050, il phase-out delle centrali a carbone entro il 2022, le rinnovabili al 32% entro il 2030, la proibizione di auto che emettono gas serra a partire dal 2040;
– in Svezia, la neutralità carbonica da raggiungere entro il 2045 è diventata addirittura legge, mentre step intermedi sono la riduzione del 50% delle emissioni di gas serra entro il 2030 (il 70% di quelle dei trasporti, rispetto al 2010);
– la California ha esteso il cap and trade fino al 2030, facendone uno strumento essenziale per raggiungere l’obiettivo di ridurre le emissioni del 40% nel 2030 rispetto al 1990;
– il Regno Unito bandirà la vendita di auto alimentate da combustibili fossili dal 2040, l’India dal 2030, mentre in Cina il vice ministro dell’industria Xin Guobin lascia intendere che il Paese potrebbe introdurre un divieto alla vendita di auto tradizionali dal 2040.
Si può notare come il gran fermento delle policy climatiche si manifesti soprattutto nel settore trasporti. E infatti, alle dichiarazioni dei paesi fanno eco quelle delle case automobilistiche: la Toyota dichiara un target vendita del 50% di auto ibride entro il 2020 e un obiettivo di riduzione delle emissioni fino al 90% nel 2050. La Volkswagen investirà 20 mld. euro nell’auto elettrica da qui al 2030, mentre entro il 2025 metterà sul mercato 80 modelli, di cui 50 a batteria e 30 ibridi. La Volvo, infine, afferma che tutte le auto che produrrà dopo il 2019 saranno parzialmente o completamente alimentate da batterie.
Il post presenta l’editoriale Parigi due anni dopo: alcune riflessioni sulla transizione energetica scritto da Enzo Di Giulio e pubblicato nel numero 4.17 di Energia
Enzo Di Giulio insegna Economia Ambientale all’Eni Corporate University ed è membro del Comitato Scientifico di Energia
Per aggiungere un commento all'articolo è necessaria la registrazione al sito.
0 Commenti
Nessun commento presente.
Login