A che punto siamo? È questa la domanda che si pone su Energia 4/2017 Enzo Di Giulio (Scuola Enrico Mattei – Eni Corporate University e Comitato Scientifico Energia) due anni dopo Parigi.
L’accordo del dicembre 2015 evoca scenari di mondi e paradigmi cessanti, di trasformazioni imminenti. Il modello industriale che ha dominato per un secolo e mezzo viene visto come desueto e morente: rinnovabili e auto elettrica al posto dei fossili in un nuovo paradigma industriale teso a ridurre le emissioni di carbonio.
Davvero siamo sul punto più alto della parabola combustibili fossili?
Questo è stato decretato a Parigi e così deve essere. È come se una nuova fin de siècle – declinata all’insegna dell’efficienza, della decarbonizzazione e del riciclo totale – andasse imponendosi. È questa, per così dire, l’aria che si respira, la percezione sociale. E molti segnali – si pensi alle dichiarazioni delle case automobilistiche in favore dei veicoli elettrici – sembrano avvalorarla. D’altra parte, il basso prezzo del petrolio prospetta impressioni di un’abbondanza non domandata. È davvero così? Davvero siamo sul punto più alto della parabola combustibili fossili? Davvero il ramo discendente della curva è già iniziato? Ora, pur nella difficoltà di fare un bilancio a due anni dall’Accordo di Parigi – il periodo è troppo breve – il mese di novembre 2017 ci ha consegnato quattro eventi che consentono di fare qualche riflessione più accurata sull’impatto di quell’accordo, da molti commentatori ritenuto storico.
Il primo è la pubblicazione del rapporto Global Carbon Budget 2017 che stima le emissioni del 2017 in aumento del 2% e mostra come il bilancio 2014-2016 non fosse così roseo come inizialmente descritto. Il secondo è la pubblicazione del WEO 2017, le cui previsioni, se confrontate con quelle del WEO 2014 (ultima edizione prima di COP 21), mostrano che “è come se Parigi per la IEA non esistesse”. Terzo è il fallimento di COP 23 a Bonn, il cui non gravoso compito di “cominciare a definire le regole del gioco (rule-book) tese a valutare e monitorare le azioni dei paesi” si è perso “in acrobatici esercizi di diplomazia sfocianti in una vacuità – anche espressiva – che riporta al punto di partenza”. Quarto ed ultimo punto riguarda la vicenda di General Electric, il cui Amministratore Delegato John Flannery, il 13 novembre, ha annunciato il dimezzamento del dividendo, causando la caduta verticale del prezzo dell’azione, peraltro già avviata da mesi.
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