8 Marzo 2018

Città Smart o Hard?

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Mentre dilaga la suggestione delle future o futuribili smart cities, città che diverranno intelligenti grazie alle tecnologie digitali, la dura realtà dei fatti offre un quadro molto meno idilliaco. 

Un recente rapporto delle Nazioni Unite dal titolo The Weight of Cities, nel rammentare le dinamiche in atto e prevedibili da qui a metà secolo, mette in luce come il futuro dell’energia, dei cambiamenti climatici, della vivibilità del Pianeta dipenda quasi interamente dalle città. Se non si destineranno adeguate risorse alle politiche urbanistiche specie del mondo povero non si otterrà alcun risultato nell’abbattimento delle emissioni.

Dinamiche riassumibili in pochi dati: l’emigrazione di 2,4 miliardi di donne e uomini verso le città, che assorbiranno circa i due-terzi della popolazione mondiale; il consumo annuale di risorse naturali (tra cui energia) nelle città aumenterà da 40 a 90 miliardi tonnellate; circa un terzo della crescita delle aree urbane proverrà da tre paesi: Cina, India, Nigeria; sorgeranno almeno 200 grandi città, specie in Asia. A pag. 4 del rapporto è riportato un dato agghiacciante che dà conto meglio d’ogni discorso di quel che potrà accadere: “nel periodo 2011-2013 la Cina ha usato più cemento di quanto abbiano fatto gli Stati Uniti in tutto il XX secolo”.

Da come saranno costruite le nuove megalopoli o espanse quelle esistenti dipenderà il livello dei consumi di energia nel mondo. Migliorare le cose nelle nostre minuscole città, nei nostri giardinetti, rendendoli più smart pensando di ridurre le emissioni globali, è patetico: come pensare di prosciugare il mare con un piccolo cucchiaino.

Con le stesse risorse si otterrebbero altrove ben maggiori risultati per le sorti del Pianeta. Ma questo richiederebbe un spirito di solidarietà che superi la dominante ipocrisia dei rapporti Nord-Sud del mondo. Col rischio così le infernali megalopoli dell’altra parte del mondo cancellino i nostri lindi giardinetti.


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