Nella recente campagna elettorale si è parlato di tutto e di più, in modo spesso confuso, fantasioso, incomprensibile, ma se ne è parlato.Su molti altri aspetti, invece, spesso più importanti, un assordante e imbarazzante silenzio. Un tema su tutti: quello dei cambiamenti climatici. Su cui – ad ascoltare la scienza ufficiale – ci giochiamo il nostro futuro, la nostra sopravvivenza. Delle due l’una: o nessun partito, candidato premier, singoli candidati ci crede e quindi è spiegato il disinteresse, o ci crede ma ne capisce poco, se non per grandi slogan (“nuovo modello di sviluppo”), non ha idea di come affrontarlo o ha timore a dirlo. Non so delle due quale sia la peggiore. L’interrogativo comunque non riguarda solo il nostro paese: perché il silenzio sul riscaldamento climatico – che pure aveva visto a Parigi nel dicembre 2015 196 stati plaudire all’Accordo sul clima che avevano sottoscritto in una “foto di famiglia” in cui faticavano a starci tutti – ha riguardato tutte le campagne elettorali: da quella per la Casa Bianca, con la vittoria del negazionista Trump (almeno sincero nel dirlo), a quella francese, a quella nella green Germania. In sintesi: nei grandi e per lo più inutili Summit internazionali tutti acclamano la lotta ai cambiamenti climatici e si dicono impegnati al massimo nel combatterli, salvo tornarsene a casa, ammainare le bandiere, guardarsi bene dal far qualcosa, tacendolo nei programmi elettorali. Per una ragione molto semplice: che Parigi non è un pasto gratis e farne pagare il costo a imprese e famiglie è politicamente molto ma molto rischioso. Meglio far finta di niente e parlar d’altro, scordandosi quella foto di famiglia.
2 Marzo 2018
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