Le scienze sociali, in particolare la sociologia del territorio, possono fornire un contributo nella comprensione della transizione energetica? Assolutamente sì, e almeno sotto almeno tre aspetti.
Il primo è di stampo cognitivo: l’energia è un modo di conoscere, una macro-categoria che lavora come un frame (quadro mentale). In termini filosofici, diremmo che l’energia è un a-priori come lo spazio e il tempo. Così, l’energia diventa una sorta di parola ombrello, sotto la quale stanno diversi altri fenomeni meno generali: sviluppo, benessere, calore in senso materiale e psicologico. Diverse accezioni di energia – tipicamente la coppia fossili-rinnovabili – rappresentano una frattura fra mondi. In questa prospettiva, recuperiamo tutta la tradizione della sociologia costruttivista: l’energia è un prodotto sociale; le sue dimensioni fisiche sono inestricabilmente legate alle interazioni umane e alle loro attribuzioni di significato.
Il secondo contributo della sociologia riguarda l’organizzazione. L’energia è uno strumento usato dagli esseri umani per raggiungere uno scopo. La usano per scaldarsi, cucinare, muoversi e così via. L’energia è uno strumento pervasivo; è presente in ogni azione umana; anche i corpi abbisognano e consumano energia. Come ogni strumento, essa è considerata anche un’arte: un set di conoscenze, manufatti e azioni fra loro assemblati secondo un certo estro. Inoltre, è un pacchetto tecnologico così importante per l’umanità da essere inevitabilmente soggetto a regole riconosciute da una collettività. Diventa in altre parole un’istituzione. Ciò spiega l’ampia presenza dello Stato sia come regolatore che come fornitore di energia.
Il terzo contributo è di ordine pratico: l’energia suscita e guida azioni. Questo significato viene riassunto nell’idea di lifestyle. I modi di consumare energia rendono possibili diversi stili di vita, logiche di azione, abitudini e costumi. In altre parole, l’energia è inerente alle più comuni pratiche di vita. Conseguentemente, è un ottimo indicatore delle tendenze sociali. Le preoccupazioni per lo spreco di risorse e l’inquinamento sono incluse in pratiche, delle quali l’energia è una delle componenti principali.
Le tre tradizioni sociologiche evidenziate possono essere integrate in un modello – identificato nella metafora del gioco – con potenzialità euristiche rispetto alla transizione energetica.
Il post presenta l’articolo Un gioco rischioso, ma divertente: l’interfaccia energia, società, ambiente scritto da Giorgio Osti e pubblicato sul numero 1.18 di Energia
Giorgio Osti insegna Sociologia dell’Ambiente e del Territorio all’Università di Trieste