Da un decennio in avanti sono emerse in Europa ampie sacche di povertà energetica ossia l’impossibilità di pagarsi l’energia nelle quantità necessarie. Criticità che già nel 2013 l’European Economic and Social Committee dell’Unione Europea indicava come «nuova priorità sociale che deve essere combattuta a tutti i livelli nazionali ed europei». Quel che non è avvenuto.
A originarla stavano e stanno i colpi di maglio della crisi economica sui redditi delle famiglie; l’aumento dei prezzi finali dell’elettricità, sospinti soprattutto dai sussidi alle risorse rinnovabili; gli effetti redistributivi che ne seguivano; la bassa efficienza energetica delle abitazioni.
Nonostante la difficoltà a darne una precisa quantificazione, si è stimato che tra 50 e 125 milioni di persone in Europa possano ritenersi fuel poor. Anche guardando alla cifra minore, si tratterebbe di un decimo della popolazione europea, in prevalenza nei paesi dell’Est e Sud Europa, con percentuali delle famiglie interessate comprese tra il 15% e 30%.
L’idea che la strada verso un mercato unico avrebbe favorito un calo dei prezzi a vantaggio dell’intera collettività è rimasta una chimera, nonostante il crollo dei costi all’origine della materia prima. Anzi, più questi scendevano (petrolio, gas naturale, carbone) più quelli finali dell’elettricità aumentavano con la Commissione che ammetteva che “troppe famiglie non riescono a pagare le bollette dell’energia”. Nel 2012, la povertà energetica in Italia era stimata – a seconda delle metodologie utilizzate – tra 2 e 4,5 milioni di famiglie. Le cose da allora non sono migliorate, come rivelano i dati sull’andamento dei redditi e dei prezzi dell’energia.
Come accaduto in Gran Bretagna, un tempo campione delle liberalizzazioni e oggi del neo-dirigismo, che ha conosciuto in un decennio un raddoppio delle bollette a causa della traslazione degli incentivi alle rinnovabili e dell’accresciuto potere di mercato di un oligopolio che si è dimostrato molto più difficile da regolare del passato monopolio. A soffrirne milioni di famiglie che – nonostante gli (inefficaci) strumenti messi in atto dal Governo – si trovano costrette, si legge in un recente studio dell’Institute for Public Policy Research, “a un’inaccettabile scelta tra ‘heating or eating’.
La povertà energetica ha contributo a circa 10.000 decessi nel 2016-2017 a causa del freddo nelle abitazioni”. Dati che parlano da soli e che testimoniano come le politiche energetiche abbiano operato più sul versante delle imprese che producono e vendono energia (tutelando gli interessi di quelle maggiori) che su quello di chi la compra e la consuma. Colpevolmente dimenticandosi di chi – anche nei paesi ricchi – non è in grado di disporne. Altro che ‘Energy fo all’.
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