La parola “faro” deriva dal greco Pharos, l’isola in cui fu eretta una delle Sette meraviglie del mondo antico, il famoso faro di Alessandria d’Egitto, distrutto da un terremoto più di 700 anni fa.
Sebbene si trovino ancora tracce dei fari moderni, oggi essi costituiscono prevalentemente dei monumenti storici. Il loro funzionamento, i loro usi e la loro utilità si sono trasformati dall’epoca in cui furono costruiti, ma oltre al fascino architettonico delle strutture di un tempo i fari rappresentano una testimonianza dell’evoluzione tecnologica e dei sistemi energetici che nei secoli hanno consentito il loro funzionamento. e ne ripercorrono le tappe fondamentali su The Conversation.
Inizialmente i fari venivano illuminati dal fuoco generato dalla combustione dell’olio di balena, il cui rendimento in termini di illuminazione era tuttavia molto debole. La sua efficacia era inoltre ridotta dai vetri della lanterna, che si oscuravano facilmente durante la combustione.
La sostituzione degli oli animali con il carbone (e in seguito con il cherosene) aumentò nettamente il rendimento grazie al maggiore il potere calorifero, a parità di volume, della nuova fonte rispetto a quella utilizzata in precedenza. Questo elemento è una delle caratteristiche principali delle transizioni energetiche.
Di pari passo alle transizioni energetiche va l’innovazione tecnologica: ne è un esempio l’invenzione della lente a gradini di Fresnel, capace di migliorare sensibilmente la diffusione della luce, ma soprattutto la lampadina di Swann ed Edison.
L’arrivo dell’elettricità e l’allaccio alla rete elettrica hanno definitivamente cambiato il funzionamento dei fari, che oggi sono perlopiù automatizzati e telecomandati, necessitando dell’intervento umano semplicemente per la manutenzione periodica. I progressi nella navigazione assistita via satellite, che ora equipaggiano la maggior parte delle barche, hanno inoltre drasticamente ridotto l’utilità stessa dei fari.
Il Faro delle Balene sull’Isola di Ré (dipartimento Charente-Maritime). Il faro più antico (a sinistra) fu sostituito nel 1854 dal faro moderno due volte più alto e dotato della lente di Fresnel
Ma il passaggio dell’orientamento marittimo dai fari ai satelliti ha ridotto la necessità di combustibili fossili e, di conseguenza, di emissioni di CO2?
È forse più vero il contrario: l’energia primaria utilizzata dal settore dell’Information Technology non è direttamente visibile come lo era l’olio di balena o il carbone che doveva essere trasportato in cima ai vecchi fari (si trattava di almeno di 150 kg di carbone al giorno). Le immagini satellitari coinvolgono invece un’intera infrastruttura che consuma energia “nascosta” e consentono soprattutto la moltiplicazione degli usi finali e la rapida crescita della navigazione marittima, uno dei settori in cui le emissioni di CO2 crescono più rapidamente al mondo.
Tratto da Le Phare des Baleines de l’île de Ré, mémoire des transitions énergétiques di Christian de Perthius e Boris Solier. Degli stessi autori Energia ha pubblicato sul numero 2.18 l’articolo La transizione energetica scandita dall’orologio climatico.
Christian de Perthius insegna Economia all’Università Paris-Dauphine ed è fondatore della Chaire Economie du Climat, Boris Solier è Maître de Conférences in Economia all’Università di Montpellier e corresponsabile del polo di ricerca sulla transizione energetica della Chaire Economie du Climat
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