Ondate di caldo sempre più prolungate, inondazioni, tempeste e uragani sempre più frequenti. L’intensificarsi dei fenomeni legati ai cambiamenti climatici potrebbe far precipitare 100 milioni di persone in uno stato di povertà estrema. Quella ai cambiamenti climatici è una guerra che va combattuta su più fronti. Se il contrasto all’aumento globale delle temperature ci vede per ora sconfitti, sul fronte dell’adattamento è possibile e necessario avviare in tempi rapidi piani d’azione a tutela delle popolazioni, in particolare delle comunità più povere e vulnerabili.
Rebecca Carter, Katerina Elias-Trostmann e Sophie Boehm del World Resource Institute propongono quattro approcci per rendere questi interventi tempestivi ed efficaci.
Integrare l’adattamento in ogni settore della società
Molti paesi hanno già intrapreso azioni di adattamento: barriere anticiclone in Bangladesh, impiantamento di mangrovie nelle isole Fiji, sofisticati sistemi d’allerta per le piogge intense a Rio de Janeiro. Singole azioni individuali non sono tuttavia sufficienti. È necessario avviare una strategia ‘mainstream’ di adattamento, così da massimizzare efficacia e risorse ed evitare interventi che possono inavvertitamente causare effetti collaterali negativi.
Ne è un esempio il più grande porto d’Europa, Rotterdam. Il suo approccio integrato di adattamento ai cambiamenti climatici porta alla città benefici ambientali, economici e di salute. Con la costruzione di dighe, corridoi verdi-blu e parchi, Rotterdam è in grado di stoccare acqua per una capacità di 10.000 m3 mentre la vegetazione presente nei tetti ‘verdi’ (185.000 m2 nel solo 2014) è in grado di assorbire l’acqua piovana in eccesso. In questo modo, protegge i cittadini dalle inondazioni, tutela le attività economiche dall’aumento del livello del mare, mette a disposizione e migliora gli spazi pubblici, specialmente nelle aree più povere, grazie all’inserimento di parchi e vie d’acqua.
L’adattamento può comportare trasformazioni
Variazioni del clima e degli eventi climatici possono porre un limite a ciò che siamo in grado di adattare, a partire dall’agricoltura e dalla gestione dell’acqua. In alcuni casi, potrebbe essere necessario modificare le modalità con le quali il cibo viene prodotto e le terra gestita. Ne è un esempio la coltivazione del caffè, dalla quale dipendono 120 milioni di persone. All’aumentare della temperatura, la pianta tende a produrre un minor numero di chicchi, mentre forme parassitarie possono agevolmente intaccare interi raccolti. In questi casi, i governi sono chiamati a indirizzare il settore agricolo verso colture più adatte alle nuove condizioni. In che maniera e con quali risorse sono questioni aperte, da affrontate non solo a livello locale ma anche sui tavoli internazionali, con una pianificazione di lungo periodo che tenga conto delle implicazioni economiche e sociali, senza che queste ricadano sulle fasce più deboli della popolazione.
Dare maggior risalto alle soluzioni individuate
Numerose comunità hanno già messo in atto strumenti di adattamento per attenuare gli effetti dei cambiamenti climatici. Tuttavia, le loro storie non sono sempre conosciute. Ne è esempio il Brasile, dove la produzione di caffè è stata incrementata del 20% spostando i campi vicino a foreste di alberi autoctoni, che offrono alle piante una sorta di protezione dai raggi solari e dalle temperature in aumento. Un fronte su cui operare è quindi quello della diffusione delle soluzioni, così che possano essere emulate altrove e testate su scala più grande.
Facilitare la collaborazione Sud-Sud e lo scambio di conoscenze
I paesi in via di sviluppo sono spesso i più vulnerabili agli effetti dei cambiamenti climatici e di conseguenza sono in prima linea nella creazione di soluzioni di resilienza e adattamento. A tal fine, questi paesi hanno avviato iniziative che consentono lo scambio di esperienze e di informazioni, di coordinare l’adozione di azioni di adattamento su scala più ampia, di favorire l’accesso al credito. La Least Developed Countries Universities Consortium on Climate Change (LUCCC) e l’Africa Adaptation Initiative (AAI) ne sono due importanti esempi. Iniziative come queste devono essere supportate e rafforzate.
Un ulteriore approccio andrebbe affiancato ai quattro sopra presentati, ovvero il contenimento delle pratiche che aggravano i cambiamenti climatici ed incrementano la vulnerabilità dei paesi. Prima fra tutte, la deforestazione. In Costa d’Avorio la coltivazione del cacao per la produzione di cioccolata ha causato il decurtamento dell’80% della sua foresta pluviale, mentre la coltivazione delle palme nel sud est asiatico sta distruggendo un ecosistema unico e fragile.
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