Proponiamo un estratto della presentazione di Alberto Clò di Energia 3.18.
In fondo al testo trovate la versione integrale della Presentazione.
Il vento è cambiato…
Il vento è decisamente cambiato. Un po’ ovunque in Europa, ad iniziare ironicamente dal Regno Unito, si è infatti riaperto il dibattito sul rapporto pubblico/privato nell’economia, nella struttura proprietaria delle imprese, nelle aree d’intervento dei governi. In molte grandi metropoli, le società dei servizi pubblici locali sono state ri-municipalizzate. A motivarlo, da un lato, i magri risultati ottenuti con la perdita del controllo pubblico e, dall’altro, la possibilità di adottare più efficaci e integrate politiche energetico-climatiche che coinvolgano l’ampia platea di attori che opera nei territori (comuni, regioni, città metropolitane, imprese, etc).
Da questo numero, anche Energia prenderà a interessarsi al ruolo e alle attività delle autorità locali in campo energetico in diversi paesi europei, iniziando col caso del Regno Unito con un contributo di Janette Webb, Margaret Tingey e David Hawkey dell’Università di Edimburgo.
Il boomerang della guerra dei dazi e delle sanzioni
Mai, almeno negli ultimi quattro anni, agosto si era dimostrato caldo anche sul versante dei prezzi. Quali le ragioni di questa anomalia? Diverse ma soprattutto una: il drastico ridursi delle esportazioni iraniane imposto dalle rinnovate sanzioni americane dopo la denuncia dell’accordo sul nucleare del 2016. Il paradosso di tutto questo è che le sanzioni – come perlopiù accade – si stanno ritorcendo su chi le ha volute: gli Stati Uniti di Donald Trump. Se la scure delle sanzioni colpirà principalmente il mercato del petrolio, quella della guerra dei dazi – avviata unilateralmente dagli Stati Uniti nello scorso aprile – rischia di estendersi, come analizzo nell’Editoriale di questo numero di Energia, al gas naturale, specie quello liquefatto.
L’idea dominante che il futuro del petrolio possa far conto soprattutto, se non interamente, sul fracking oil è, scrivono Virendra Chauhan e Amrita Sen, poco più di un’illusoria credenza, mentre è sul fronte delle risorse convenzionali che le imprese dovrebbero rimboccarsi le maniche.
Pragmatismo e Realismo
Sul fronte climatico, le cose, a essere onesti, non stanno andando affatto bene. L’Economist del 4 agosto denuncia l’«economic and political inertia» dei governi, mentre proprio tra questi sembra iniziata la gara a chi la «spara più grossa», specie in vista della COP 24 prevista a dicembre a Katowice nella carbonifera Polonia: il Commissario europeo per l’Azione Climatica e l’Energia vorrebbe aumentare il suo target di riduzione delle emissioni di CO2 al 2030 al 45%; troppo poco secondo i 14 Stati riuniti nel Green Growth Group (tra cui l’Italia) che propone d’innalzare l’asticella al 55%, senza tuttavia dire niente su come saltarla, con quante risorse e a spese di chi.
Quel che più sorprende (e irrita) è che nessun paese europeo – guardando ai fatti – sta dando seguito agli impegni presi a Parigi. Pragmatismo e realismo non brillano nelle esternazioni della politica, volta più a raccogliere consensi che a modificare il corso delle cose.
Il pragmatismo connota invece due articoli su questo numero di Energia. Il primo, di Emmanuela Pettinao, relativo ai positivi risultati conseguiti nel nostro Paese nella gestione dei rifiuti dopo la riforma introdotta dal «Decreto Ronchi» nel 1997: con un netto taglio di quelli smaltiti in discarica (dall’80% al 25%) e un forte aumento della raccolta differenziata (dal 9% a circa il 53%). Risultati che ritraggono il nostro Paese all’avanguardia – anche se con notevoli differenziazioni tra le varie Regioni – e in grado, con azioni mirate, di conseguire ulteriori miglioramenti con le nuove Direttive europee nell’economia circolare.
Su tutt’altro tema, l’articolo di Antonio Sileo sulle condizioni che dovrebbero verificarsi per conseguire in tempi brevi un’elevata penetrazione delle auto elettriche – 1 milione in 4 anni – come enunciato dal nostro Governo. Condizioni che allo stato delle cose, delle dinamiche di mercato, dei progressi tecnologici, delle risorse disponibili non sussistono ma che creano incertezza tra operatori e consumatori ritardandone le decisioni.
«Spararla grossa» premia mediaticamente e politicamente, ma alla lunga si ritorce su chi ne è autore, lasciando le cose esattamente dov’erano.
Diciamocela tutta
I negoziatori europei hanno raggiunto nel giugno scorso un compromesso informale per innalzare l’asticella degli obiettivi al 2030 di due tasselli essenziali della «clean energy strategy» proposta nel novembre 2016 dalla Commissione: le rinnovabili passerebbero dal 27% al 32%, vincolante, mentre quella l’efficienza energetica dal 20% (al 2020) al 32,5%, rimanendo sempre non vincolante.
Visto questo andazzo è verosimile una forte inversione dei livelli di spesa per conseguire il nuovo target del 32%? Gli strumenti ci sono, quello delle aste, analizzato da Giovanni Goldoni, ha dato buoni esiti per dimensioni di potenza tuttavia di molto inferiori a quelle necessari.
Completano il numero, l’articolo di Federico Boschi e Hannelore Rocchio sui fallimenti dell’attuale regolazione del mercato della sicurezza gas corredato della loro proposta di riforma e la “Breve storia dell’industria petrolifera upstream italiana” proposta da Ferdinando Franco Cazzini.
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