28 Settembre 2018

Artico: tra geopolitica, commercio e ambiente

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La danese Maersk Line, una delle più grandi compagnie di navigazione mercantile al mondo, è partita il primo settembre per la rotta dell’Artico, aprendo una via alternativa e più breve rispetto al Canale di Suez per collegare l’Asia e l’Europa attraverso il canale di Bering e il Mare del Nord. A renderlo possibile, lo scioglimento parziale dei ghiacci nel Circolo Polare Artico dovuto alle insolite temperature registrate quest’estate, in alcuni punti anche superiori ai 30 °C.

Fonte: The Strait Times

Mentre cinque anni fa la compagnia prevedeva che un viaggio del genere potesse realizzarsi da qui a vent’anni, le particolari condizioni climatiche e gli investimenti russi nell’area hanno consentito di inaugurare prima del tempo quella che da Pechino viene già chiamata Polar Silk Road. Lo sviluppo commerciale dell’Artico è un obiettivo strategico per l’asse sinorusso, che a luglio di quest’anno ha già in parte testato la rotta per la consegna di GNL russo alla Cina.

Prevedere quando e in che misura gli effetti del cambiamento climatico rivoluzioneranno l’Artico è uno dei nodi politico-strategici e energetico-climatici più difficili da sbrogliare per gli scienziati.

Ma il recente ritrovamento di elevate quantità di metano intrappolato nei ghiacciai nelle acque del Lago Esieh in Alaska, compiuto dalla ricercatrice Katey Walter Anthony dell’Università dell’Alaska Fairbanks e pubblicato su diverse testate statunitensi questa settimana, apre ora una nuova prospettiva sulla velocità di scioglimento dei ghiacciai artici. Infatti, da tempo i ricercatori monitorano con preoccupazione i rilasci di carbonio e metano che derivano dalla decomposizione di resti organici intrappolati nel terreno ghiacciato del Permafrost, che si stima possa contenere più del doppio della quantità di carbonio attualmente in atmosfera.

L’analisi chimica del gas del Lago Esieh, tuttavia, ha rivelato un’origine molto più antica rispetto agli effluvi derivanti dal disgelo del suolo, risalente probabilmente a una riserva di combustibili fossili molto più antichi. Se questi ultimi, sepolti per millenni, risultassero ora prossimi all’esposizione all’atmosfera anche in altre aree dell’Artico, dallo scioglimento del Permafrost si avrebbero emissioni di enormi quantità di gas a effetto serra nell’area, con effetti esponenziali sull’aumento della temperatura, quindi velocità e scala del disgelo dei ghiacciai artici stessi.

 


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