Il processo di decarbonizzazione dell’economia globale dipenderà dalla capacità di superare le barriere economiche nella sostituzione delle energie fossili, e non sarà così facile come nelle previsioni di Paul Krugman. Primo, i sistemi energetici hanno grandi dimensioni e mutano molto lentamente. A livello mondiale, le fonti fossili contano per l’81% dei consumi primari di energia (80% nel caso degli Stati Uniti). Per contro, eolico e solare rappresentano appena l’1% dell’offerta mondiale (il 2% negli Stati Uniti) anche se hanno registrato un forte aumento negli ultimi anni. Pur mantenendo tassi di crescita sostenuti, la scala dei sistemi energetici è tale che anche la più rapida transizione richiederà molti decenni.
Secondo, la crescita delle rinnovabili è stata supportata da sussidi governativi, negli Stati Uniti come in altri paesi. Ciò non significa che queste fonti non stiano divenendo sempre più competitive ma che, anche tenendo conto dei sussidi, le fonti fossili continuano a rappresentare in diversi paesi del mondo l’opzione più economica per la generazione elettrica. Questo è particolarmente vero negli Stati Uniti, dove la shale revolution consente di disporre di gas a basso costo per gli anni a venire.
Non è poi che eolico e solare siano esenti da conseguenze ambientali. Per sostenere il sistema elettrico statunitense, la dimensione delle relative installazioni dovrebbe essere considerevole. Secondo lo studio del MIT Future of Solar Energy, la copertura al 2050 di un terzo della domanda americana tramite il solare richiederebbe un’area dai 4.000 agli 11.000 km2 (per intenderci l’area del Massachusetts ne misura 27.000). I parchi eolici richiedono ancor più spazio per una medesima potenza – 66.000 km2 – sebbene solo una minima porzione è oggi interessata da installazioni. Anche per proposte relativamente modeste (in una prospettiva nazionale) – come l’obiettivo del Texas di installare dai 14 ai 28 GW di solare entro il 2030 – insorgono serie preoccupazioni per la frammentazione degli habitat, per la perdita di specie a rischio e altri impatti ambientali.
Krugman dimentica anche di menzionare l’energia nucleare, che contribuisce per circa il 20% della generazione elettrica statunitense. Il parco nucleare sta invecchiando velocemente, con molte centrali prossime alla chiusura e poche di nuova pianificazione. Maggiori saranno le chiusure, più grande sarà il contributo richiesto ad altre fonti, determinando un aumento delle emissioni di CO2 o imponendo un onere più pesante sulle rinnovabili.
La decarbonizzazione non riguarda inoltre solo l’elettricità. Per conseguire risultati sensibili, bisognerà riuscire a ridurre le emissioni di gas serra nei settori trasporti, industria e riscaldamento, insieme responsabili per il 62% dei consumi primari di energia degli Stati Uniti nel 2017. Anche se alcuni di questi servizi energetici possono essere elettrificati – si pensi, tra gli altri, ai veicoli elettrici e al riscaldamento elettrico – eolico e solare non possono sostituire del tutto le fonti fossili nell’industria o nei trasporti (come ha ammesso lo stesso Krugman che riconosce l’impraticabilità dell’elettrificazione nel trasporto aereo). Nonostante anni di sussidi, non stupisce quindi che la percentuale di auto elettriche sull’intera flotta resti molto bassa.
In effetti, il consumo di prodotti petroliferi a livello internazionale sta proseguendo a ritmi sostenuti. Solo quest’anno, la domanda mondiale di petrolio è prevista aumentare di 1,5 mil. bbl/g; un incremento che non può imputarsi ai lobbisti di Capitol Hill, ma piuttosto alla forte crescita economica trainata dai paesi asiatici in via di sviluppo.
Come superarle?
Sul versante tecnologico, gli imprenditori stanno perseguendo diverse strategie che possiedono enormi potenzialità. Vi rientrano: le nuove tecnologie nucleari in grado di produrre elettricità affidabile riducendo in misura sensibile i rischi della vecchia generazione di reattori light-water; le tecnologie di cattura, utilizzo, sequestro del carbonio (Carbon Capture Utilization and Storage, CCUS), in grado di ridurre le emissioni continuando a utilizzare fonti fossili; le tecnologie di rimozione diretta dell’anidride carbonica dall’atmosfera (Carbon Dioxide Removal, CDR). A queste si aggiungono gli sforzi per aumentare la densità energetica delle batterie a costi minori, traguardo necessario per conseguire auto elettriche e stoccaggi di energia più competitivi. E ancora, i continui investimenti nelle rinnovabili, specialmente nell’energia solare, che possiede un enorme potenziale nella generazione elettrica e forse anche nei combustibili liquidi.
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