5 Ottobre 2018

Quanto inquinano internet e i big data?

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Li chiamiamo ‘cloud’ ma il luogo dove risiedono le informazioni che compongono la nostra vita digitale sono strutture fisiche ben definite: i ‘data center’. Queste giganti banche dati sono famelicamente energivore ed immettono nell’atmosfera una quantità di CO2 pari all’intera industria del trasporto aereo. Sono circa 9 milioni sparse per tutto il globo, coprono una superficie pari a 1,8 miliardi di metri quadri e lavorano 24 ore su 24.

Per consentire ai processori che compongono i data center di muovere, stoccare e analizzare i nostri dati possono essere necessari fin oltre 1.000 MW – quanto prodotto da una grossa centrale elettrica – ed altrettanti ne possono essere necessari per far funzionare i sistemi di raffreddamento. La più grande banca dati consuma tanta elettricità quanto una città di un milione di abitanti. Nella loro totalità, coprono oltre il 2% della domanda elettrica mondiale.

Una nostra qualsiasi ricerca su Google consuma quanto accendere una lampadina da 60 watt per 17 secondi e comporta l’emissione di 0,2 grammi di CO2. Non molto su base unitaria; un ammontare non irrilevante se si considera quante persone, e quanto assiduamente, usufruiscono dei servizi del gigante di Mountain View. E le ricerche su Google non sono niente a confronto dei video che guardiamo in streaming su internet: nel 2016 hanno rappresentato il 73% del traffico dati mondiale e potrebbero salire all’82% entro il 2021. La sola Netflix assorbe un terzo del traffico internet del Nord America.

L’industria delle tecnologie delle informazioni (IT) è destinata ad avere un peso sempre più rilevante, oltre che sulle nostre vite, nel determinare il nostro impatto sul clima e sull’ambiente. Ogni nostra azione futura e ogni sviluppo tecnologico potrebbe comportare l’invio o la ricezione di dati, tanto che il traffico è atteso raddoppiare ogni quattro anni. Basti pensare alla progressiva penetrazione della guida autonoma per auto e camion che comporterà una comunicazione costante con GPS ed altri veicoli via internet.

Per rendere sostenibile questa tendenza, bisogna agire su due fronti: il ricorso a fonti di energia pulita e il drastico incremento dell’efficienza energetica. Fortunatamente, qualche notizia positiva giunge da entrambi i fronti.

Le compagnie IT si stanno adoperando per potersi alimentare per il 100% da fonti rinnovabili. Sempre più di frequente, i giganti dei dati siglano contratti per ricevere forniture specifiche di energia proveniente da parchi solari ed eolici. È per questo che Google e Facebook hanno recentemente inaugurato degli impianti in Finlandia, Danimarca e Svezia, oltre che per il clima freddo che consente di impiegare minori quantità di energia per le attività di raffreddamento. Alcuni, come Microsoft, ricorrono a progetti di compensazione per raggiungere la neutralità carbonica, ad esempio investendo nella riforestazione così da assorbire la CO2 emessa. Esistono tuttavia ancora delle pecore nere. Netflix, come rileva Greenpeace, fa ampio ricorso a fonti fossili e risulta essere poco trasparente circa la propria impronta carbonica.

Il fronte più delicato è tuttavia quello dell’efficienza energetica. La maggior parte dei più grandi data center sono infatti situati in zone calde o temperate. Ciò comporta un vasto consumo di energia per evitare il surriscaldamento dei server. A titolo d’esempio, un centro in Nuovo Messico può emettere 800 grammi di CO2 per kilowattora, 600 in Virginia, 300 in California, 100 in Francia. Crescenti preoccupazioni giungono dai giganti asiatici di internet, come le cinesi Tencent, Baidu e Alibaba, la sudcoreana Naver o Tulip Telecom in India, che tendono ad operare in aree calde. Il data center dell’indiana Tulip a Bangalore emette 900 gr/kWh, il Range International Information Hub in Cina oltre 1.000. I consumi per raffreddamento potrebbero essere ridotti drasticamente se i centri venissero rilocati in zone fredde, come l’Islanda o la Norvegia, dove le emissioni sono di appena 3 gr/kWh.

La presa di coscienza dell’impatto di internet sui cambiamenti climatici è il primo passo verso la soluzione del problema. I giganti che vi operano dispongono delle risorse per poterlo fare in tempi rapidi e in maniera efficace; i consumatori digitali hanno la responsabilità di metter loro pressione.

Kolos, il più grande data center al mondo in costruzione a Ballangen in Norvegia, verrà alimentato per il 100% a rinnovabili (idroelettrico ed eolico) e sfrutterà il clima della regione e la prossimità all’acqua

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