2 Novembre 2018

#Deforestazione, la sostituzione con l’agricoltura e gli effetti sul clima

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Le foreste interagiscono con l’ambiente terrestre in innumerevoli forme. Molte di queste, come l’umidità e le precipitazioni, si ripercuotono sul clima, sia a livello locale che globale. Anche intervenendo sulle foreste l’uomo è in grado – nel bene e nel male – di influenzare il clima del Pianeta. Ne sono convinti i capi dei dipartimenti ambiente, agricoltura e sviluppo delle Nazioni Unite che hanno di recente dichiarato come l’arresto della deforestazione in atto e la contestuale riforestazione possano rappresentare “fino al 30% della soluzione climatica”.

Non è casuale che il comunicato sia sottoscritto anche dal capo dipartimento all’agricoltura. La sostituzione di foreste con campi coltivati è infatti uno degli effetti indiretti della deforestazione che più impattano sul clima. Nel comunicato si legge che “l’agricoltura, la silvicoltura e le altre attività di gestione del territorio sono causa del 24% delle emissioni globali di CO2”. Uno studio del World Resource Institute riporta invece che tenendo conto delle emissioni derivanti dalla riconversione delle foreste in campi agricoli, il vero contributo della deforestazione al riscaldamento climatico dal 1850 ad oggi raggiunge il 40%.

Examining the combined radiative forcing impact of the loss of forest cover together with the emissions from agriculture in areas that were previously forest, the impact is clearly larger than the CO2 effect alone. – Michael Wolosin e Nancy Harris, World Resource Institute

Non è facile assestare con precisione lo stato della deforestazione in atto e ancor meno la destinazione di utilizzo che ne segue, e quindi l’effettivo impatto climatico. Le due principali banche dati in materia – il Global Forest Watch (GFW) del World Resources Institute e il Global Forest Resources Assessment (FRA) della FAO – riportano dati contraddittori. Il primo, fortemente pessimistico, stima una perdita di boschi nel 2017 di 72,6 milioni di acri. Quel che porta a sostenere che se le regioni tropicali deforestate fossero un paese, sarebbe secondo solo a Stati Uniti e Cina per emissioni di CO2.

L’altro, più ottimistico, riporta una perdita di ‘appena’ 8,2 mil. di acri. Il Global Forest Watch ha provato a fare luce sulle diverse metodologie per concludere che i due rapporti sono “complementari più che contraddittori” ed utili entrambi alla comprensione del fenomeno. Tuttavia, come riporta la rivista online YaleEnvironment360, il primo, che si basa su rilevazioni satellitari, risulta più attendibile del secondo, che raccoglie i dati dai governi ed è quindi maggiormente soggetto ad influenze politiche.

Ad ogni modo entrambi sono, per una ragione o per l’altra, incompleti. Un punto rilevante riguarda se le foreste vengono riconvertite in maniera permanente o temporanea. Un recente studio pubblicato su Science affronta la questione attraverso rilevazioni satellitari per concludere che 12,4 milioni di acri di foreste vengono convertiti ogni anno in maniera permanente in colture alimentare, come l’olio di palma o il cacao. Peggio ancora, secondo gli autori, nonostante i numerosi e continui proclami di multinazionali e governi, non vi sono segni di miglioramenti.
Le foreste rappresentano una delle poche leve efficaci e tempestive di cui disponiamo per contrastare i cambiamenti climatici, ma è necessario che gli attori in gioco si impegnino concretamente su questo fronte. Vale per le imprese, che non devono limitarsi a interventi di facciata per darsi un tocco di verde perpetuando poi le proprie operazione come nulla fosse. Vale per i governi, che continuano a fissare obiettivi sempre più ambiziosi e irraggiungibili senza tuttavia passare all’azione.

 


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