Una prima domanda che sorge sull’intera questione della lotta al cambiamento climatico è se davvero sia possibile governare la transizione energetica. Può uno Stato o un club di paesi orientare un processo epocale al termine del quale l’intero paradigma industriale ed energetico del Pianeta dovrà essere rivoluzionato? Davvero il pubblico può orientare il privato in tale misura? Qui non si parla di azioni di policy circoscritte, della cui possibilità di successo vi sono ormai considerevoli prove. Piuttosto, siamo di fronte a un esperimento – necessario e inevitabile – mai tentato prima dal genere umano: accelerare il decesso di un’era della storia dell’uomo – quella degli idrocarburi e del motore a scoppio – e maieuticamente partorirne un’altra, quella delle rinnovabili.
Transizione energetica: un esperimento necessario e inevitabile mai tentato prima dal genere umano: accelerare il decesso di un’era della storia dell’uomo –idrocarburi e motore a scoppio – e maieuticamente partorirne un’altra, quella delle rinnovabili
Occorre tenere a mente che è questa la manovra che si sta tentando. Il ricorrente riferimento alla vinta battaglia del buco dell’ozono, e al Protocollo di Montreal quale emblema di quella vittoria, non è pertinente. Il bando dei clorofluorocarburi ha rappresentato un intervento chirurgico assai circoscritto che ha permesso di risolvere un problema certamente complesso, ma al tempo spesso assai specifico. Specifiche erano le cause – i clorofluorocarburi – e a portata di mano le soluzioni alternative. Certo, le policy hanno dovuto attivarle e sono state efficaci nel farlo, ma l’impresa non è affatto comparabile alla questione climatica.
Siamo di fronte a un uomo fortemente obeso deve tornare in forma e deve farlo subito, pena il decesso, ma l’essere indugia in cibo, alcol e fumo e non dà segni di volersi allontanare dal suo stile di vita nocivo
Qui non c’è una cisti da asportare, risolvendo il problema una volta per tutte. Piuttosto, siamo di fronte al corpo di un uomo fortemente obeso – una massa di carne e muscoli di 200 chilogrammi, si passi l’immagine – che deve tornare in forma e deve farlo subito, pena il decesso. Non c’è tempo da perdere, ma l’essere indugia in ciò che ha sempre fatto – cibo, alcol e fumo – e non dà segni di volersi allontanare dal suo stile di vita nocivo. Sì, di tanto in tanto va in palestra – le rinnovabili e l’efficienza energetica – e, negli ultimi tempi, comincia a provarci un po’ di gusto, tuttavia il bilancio calorico – le emissioni – pende ancora straordinariamente dalla parte sbagliata. Al netto di fortuite carenze di cibo che ne hanno ridotto la massa in periodi assai circoscritti – le crisi economiche – il suo peso sale irrimediabilmente. Nei tre anni dal 2014 al 2016 la crescita si era stabilizzata tanto da far dire a parecchi medici che il punto di massimo della parabola era stato raggiunto. Poi, purtroppo, il peso invece di scendere ha ripreso a salire, e le perplessità sono tornate.
Torniamo dunque alla domanda originaria: davvero un individuo del genere può essere salvato dalla scienza e dalla volontà dell’equipe sanitaria (l’intervento pubblico)? Non sarà piuttosto la sua stessa volontà – il privato – l’elemento chiave della sua salvezza?
Tratto dall’articolo La SEN e oltre: cosa significa per l’Italia abbattere le emissioni di Enzo Di Giulio e Stefania Migliavacca pubblicato su Energia 4.18
Enzo Di Giulio è economista, preside della Scuola Enrico Mattei di Eni Corporate University e membro del Comitato Scientifico di Energia.
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