29 Gennaio 2019

Intervista a Paolo Scudieri (Pres. ANFIA): l’industria italiana dell’automotive e la sfida dell’elettrico

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In una Sua recente intervista, Lei ha parlato riferendosi alla prospettiva della penetrazione dell’auto elettrica anche nel nostro paese di “violenza con cui si prospetta questo cambiamento”. Può meglio specificare questa Sua preoccupazione?

La preoccupazione della filiera automotive è che il legislatore, nell’imporre normativamente al mercato una determinata tecnologia in tempi rapidissimi, non ha in nessun modo tenuto in considerazione gli impatti sociali ed industriali che questa rivoluzione porterà.  Siamo una delle principali forze industriali, per addetti, per contribuzione fiscale e per spesa in ricerca ed innovazione, sarebbe sempre opportuno coniugare le politiche ambientali con quelle industriali, per disegnare un percorso che consenta la decarbonizzazione del settore, mantenendo alta la competitività industriale italiana a livello globale.  

Lei ritiene verosimile che nell’arco di un decennio (entro quindi il 2030) sulle nostre strade possano circolare sino a 6 milioni di auto ibride (4,4 mil.) ed elettriche (1,6 mil.), come prospettato nel recente Piano Energia-Clima del Governo, partendo dalle appena 4.800 vetture del 2017?

La rivoluzione di cui parlavo prima non riguarderà solo la nostra produzione, ma sottintende un cambiamento radicale delle abitudini di acquisto dei nostri concittadini, storicamente basate sulla convenienza economica di un’auto e sulla disponibilità infrastrutturale. La situazione di partenza è una quota di mercato delle auto elettriche allo 0,3% – se ne immatricola 1 ogni 404 – e 2.750 colonnine di ricarica non omogeneamente distribuite sul territorio nazionale.

L’accettazione delle nuove tecnologie da parte dei consumatori sarà possibile solo se l’infrastrutturazione del Paese avverrà rapidamente: ad oggi ci sono appena 2.750 colonnine non omogeneamente distribuite sul territorio nazionale

Il Piano Energia e Clima fa una previsione ancora più ottimistica rispetto alla SEN del 2017 sul parco circolante delle auto elettrificate al 2030, ma non è coerente ed altrettanto ambiziosa sul numero delle infrastrutture di ricarica che, in coerenza con la Direttiva DAFI, dovrebbero essere 600.000 (1 colonnina ogni 10 veicoli).

Non vogliamo fare previsioni di mercato perché ci sono tante, troppe variabili che oggi non possiamo controllare, ma c’è una certezza. L’accettazione delle nuove tecnologie da parte dei consumatori sarà possibile solo se l’infrastrutturazione del Paese avverrà rapidamente. Le risorse finanziarie ci sono, a questo punto il pressing affinché la mobilità elettrica diventi realtà in Italia deve passare su chi deve istallare le colonnine.

Quando nel giugno scorso venne prospettata a livello governativo la possibilità di raggiungere 1 milioni di veicoli elettrici (EV) nel 2022, Bloomberg NEF – molto attento e favorevole alle EV – valutò in base all’esperienza di altri paesi che il Governo avrebbe dovuto mettere sul tavolo ben 10,8 miliardi di dollari di incentivi. Ha una qualche idea di quale dovrebbe essere il loro ammontare per sostenere i recenti obiettivi nell’intera filiera EV?

La Germania nel 2016 aveva stanziato 1 miliardo di incentivi ponendosi lo stesso obiettivo. Pochi mesi fa l’agenzia governativa ha annunciato che il target di 1 milione di auto elettriche circolanti entro il 2020 non sarà raggiunto, nonostante le immatricolazioni raddoppino ogni anno e il potere d’acquisto dei tedeschi sia decisamente alto.

Per i prossimi 3 anni il nostro Governo ha stanziato 200 mil.€ di bonus per l’acquisto di auto elettriche ed ibride, contemporaneamente ne ha tassate salatamente altre, senza prevedere che gli introiti del malus potessero aggiungersi agli stanziamenti del bonus. Così facendo, si sarebbero più che raddoppiati gli incentivi e magari il settore avrebbe meglio compreso e digerito il malus come tassa di scopo.

Fuga in avanti sull’EV, demonizzazione dell’auto diesel, ecobonus e incertezza fiscale, hanno contribuito a Suo avviso al crollo delle vendite delle auto negli ultimi mesi del 2018 con una contrazione stimata su base annua di un 3%?

Il 2018 è stato un anno fortemente altalenante con 7 mesi su 12 chiusi negativamente. I fattori che più hanno inciso sono stati certamente il clima pre-elettorale e la progressiva contrazione delle vendite di auto diesel. Questa come diretta conseguenza di alcune assurde politiche locali di blocco della circolazione anche dei modelli diesel di ultima generazione, che hanno dimostrato prestazioni ambientali imparagonabili ai vecchi modelli. Aggiungerei come fattore importante anche l’entrata in vigore, dal 1° settembre scorso, dei nuovi standard sulla misurazione delle emissioni.

Non colpendo solo le auto di lusso o di grossa cilindrata, il malus porterà danno a molti modelli prodotti nel nostro Paese e ampiamente diffusi sul mercato

Purtroppo la partenza del bonus/malus posticipata a marzo, non farà di certo bene al mercato di quest’anno. Non sorprendiamoci se, nel corso del 2019, evidenzieremo notevoli distorsioni attribuibili a questa intempestiva misura, sia a causa di un annuncio troppo anticipato degli incentivi, che ha già messo in stand by gli acquisti, sia per gli impatti negativi che avrà il malus.

Non colpendo solo le auto di lusso o di grossa cilindrata, il malus porterà ad uno spostamento delle scelte di acquisto a danno di moltissimi modelli ampiamente diffusi sul mercato, molti dei quali prodotti nel nostro Paese.

Quale l’impatto sull’industria automobilistica italiana, dalla produzione alla componentistica, alla fase commerciale?

Gli scenari globali della mobilità futura ci porteranno, nei prossimi anni, ad affrontare sfide tecnologiche che impongono cambiamenti dirompenti. La filiera automotive italiana deve e vuole cambiare pelle, ma la transizione di un settore industriale importante come il nostro va governata, programmata e supportata da misure che creino condizioni abilitanti, evitando interventi che rendano ancor più arduo il complesso percorso di cambiamento.

La transizione di un settore industriale importante come l’automotive va governata, programmata e supportata

È per questo che gli investimenti sulle nuove tecnologie che FCA ha programmato in Italia vanno in ogni modo valorizzati, perché la stretta collaborazione tra costruttore e componentisti innesca in tutta la filiera un circolo virtuoso di innovazione e sviluppi tecnologici. Nello scenario ipercompetitivo che si prospetta di fronte a noi, questo è solo il primo passo.

L’auspicio di ANFIA è di riuscire a breve nell’intento di disegnare con le istituzioni competenti un percorso di transizione, per non perdere il passo dei nostri competitor di Francia e Germania che hanno già avviato politiche di supporto agli investimenti della filiera automotive.

Paolo Scudieri è Presidente di ANFIA, Associazione Nazionale Filiera Industria Automobilistica         


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