La Proposta di PNIEC fissa obiettivi al 2030 anche in materia di efficienza energetica, ma le misure identificate per raggiungerli sono le più efficaci? Desta qualche perplessità l’assenza di una analisi costo-efficacia in grado di dimostrare quali misure andrebbero mantenute inalterate e quali riformate. Proviamo quindi a sviluppare alcune considerazioni utili a valutarle.
Inviata a Bruxelles a inizio anno, la Proposta di Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC) – su cui è in corso una consultazione pubblica da parte del MiSE – pone le basi per una definizione vincolante della politica energetica nazionale del prossimo decennio (2021-2030) declinata secondo le cinque dimensioni individuate dal Regolamento Governance Unione dell’Energia. Tra queste dimensioni spicca la decarbonizzazione, da conseguirsi mediante la produzione di energia rinnovabile (per una quota pari al 32%) nonché il conseguimento di sfidanti obiettivi di efficienza energetica al 2030 (pari al 32,5%, rispetto al 2007). Il presente contributo si focalizza su questi ultimi.
L’Italia ha già sviluppato meccanismi incentivanti adeguati, ma non tutti sono risultati parimenti efficaci in termini di costi sostenuti dalla collettività, andrebbero pertanto ricalibrati per conseguire gli obiettivi di efficienza al 2030
Per quanto il documento ponga attenzione al tema dell’efficienza energetica, e sia quindi da accogliere con favore, ci si può domandare se le misure identificate siano le più efficaci per il sistema nel suo complesso. Storicamente, infatti, l’Italia ha già sviluppato meccanismi incentivanti adeguati e dovrebbero quindi essere ricalibrati per poter conseguire gli obiettivi di efficienza al 2030.
Il modello italiano sinora adottato poggia le basi del proprio successo su due elementi. Il primo elemento distintivo è quello di aver previsto un numero esiguo di misure incentivanti, ossia di fatto solo 4 meccanismi di sostegno:
• Titoli di efficienza energetica (TEE): meccanismo applicato prevalentemente a soggetti industriali e ritenuto un vero e proprio fiore all’occhiello a livello internazionale, in grado di garantire una verifica rigorosa del saving energetico ottenuto (applicazione prevalente a progetti industriali);
• Detrazioni fiscali per interventi di efficienza energetica sugli edifici, introdotte già dal 2007 ma che ancora non hanno ricevuto una compiuta stabilizzazione (rinnovo annuale mediante la Legge di Bilancio);
• Conto Termico (CT): strumento per promuovere interventi di piccola e media taglia a beneficio di PMI e Pubblica Amministrazione (dotazione iniziale pari a 900 Mln €) che, ad oggi, si è rivelato sottoutilizzato anche a causa della complessità burocratica per l’accesso allo stesso;
• Fondo Nazionale Efficienza Energetica (FNEE): strumento introdotto recentemente e di natura rotativa, finalizzato a sostenere interventi di efficienza energetica attraverso due sezioni (concessione di garanzie su singole operazioni per i finanziamenti erogati alle imprese e erogazione di finanziamenti anche attraverso intermediari finanziari).
Desta qualche perplessità l’assenza nella Proposta di PNIEC di una analisi costo-efficacia in grado di dimostrare quali misure andrebbero mantenute inalterate e quali riformate in funzione delle performance ottenute nel recente passato
Il secondo elemento distintivo dell’esperienza italiana si può invece individuare nel sostanziale equilibrio tra regime obbligatorio (TEE) e misure di policy alternative (Conto Termico e defiscalizzazione).
I meccanismi ad oggi esistenti hanno complessivamente consentito di raggiungere risultati soddisfacenti in termini di risparmio energetico, ma non tutte le politiche incentivanti sono risultate parimenti efficaci in termini di costi sostenuti dalla collettività.
Al riguardo, desta qualche perplessità l’assenza nella Proposta di PNIEC di una analisi costo-efficacia in grado di dimostrare quali misure andrebbero mantenute inalterate e quali riformate in funzione delle performance ottenute nel recente passato.
Proviamo quindi a sviluppare alcune considerazioni di sintesi, utili a valutare i possibili impatti sul sistema legati alle policy ad oggi delineate nella proposta di Piano al 2030:
• TEE: il risparmio atteso da tale meccanismo è pari a circa 15 Mtep nel decennio al 2030, ossia circa il 25% in meno rispetto a quanto prodotto dal sistema nell’ultimo decennio trascorso. Quindi l’attuale impostazione depotenzia la misura, in contrasto con l’intenzione di puntare significativamente sul meccanismo dei TEE. Si stima un costo per lo Stato pari a 6,83 Mld €, a fronte dei quali sono attesi investimenti per circa 13,7 Mld € e, come risulterà evidente, è la misura con il migliore rapporto tra costi pubblici e risparmi attesi;
I Titoli di efficienza energetica sono la migliore misura per rapporto tra costi pubblici e risparmi attesi, eppure risulta depotenziata nella Proposta: la versione definitiva del Piano dovrebbe delineare un ruolo più importante per i TEE
• Detrazioni fiscali: le aspettative riposte su questo strumento sono per circa 18 Mtep di risparmio al 2030, a fronte di investimenti statali previsti per 45 Mld €. Nella proposta di Piano, quindi, a fronte di investimenti pubblici decisamente superiori si dovrebbe conseguire un risparmio solo del 10% maggiore di quello ipotizzato col meccanismo dei TEE. Non va certo dimenticato che questo strumento è principalmente indirizzato agli interventi nel segmento degli edifici civili – e quindi insiste su un target diverso da quello dei TEE – ma da una migliore ripartizione della spesa pubblica tra TEE e detrazioni si potrebbero conseguire migliori risultati di risparmio energetico per il sistema;
Le detrazioni fiscali godranno di investimenti pubblici decisamente superiori rispetto ai TEE per un risparmio atteso però solo del 10% maggiore
• Conto Termico (CT): in questo caso il Piano prevede un investimento pubblico di 7,5 Mld € a fronte dei quali si dovrebbero ottenere risparmi per 3,85 Mtep. Il rapporto costo-beneficio è quindi ancora una volta molto meno virtuoso rispetto al meccanismo dei TEE. Inoltre bisogna ricordare che il CT ha finora distribuito 400 Mln € in 6 anni di esistenza, mentre con i Certificati Bianchi sono stati erogati mediamente 800 Mln € all’anno nel decennio appena trascorso. Ferma restando la necessità di politiche concrete per stimolare l’efficienza energetica nella PA, dovrebbe essere valutata l’opportunità di far confluire – o comunque redistribuire – una parte delle risorse destinate al CT verso il meccanismo dei TEE;
Andrebbe valutata l’opportunità di far confluire parte delle risorse destinate al Conto Termico verso il meccanismo dei TEE
• FNEE: lo strumento era molto atteso dal sistema per supportare gli interventi di piccola-media taglia ma, in termini di risparmio energetico previsto (2,75 Mtep), il contributo pare alquanto limitato. Considerata l’esigua dotazione iniziale e la molteplicità di interventi finanziabili dal Fondo è lecito temere che un utilizzo dello stesso potrà risultare troppo parcellizzato.
Per quanto atteso, vi è il rischio di un ricorso troppo parcellizzato del Fondo Nazionale Efficienza Energetica
In conclusione, il Piano Energia Clima fa bene a riconoscere nelle forme di incentivazione già esistenti e rivelatesi efficaci gli strumenti per supportare il risparmio energetico del prossimo decennio, ma nella versione definitiva su cui vincolare le strategie italiane al 2030 andrebbe individuato una diversa distribuzione del peso tra le stesse misure – a favore di un ruolo più importante dei TEE – in grado di promuovere maggiori risparmi a parità di spesa pubblica o di ridurre la stessa a parità di risparmi attesi.
Stefano Venier è Amministratore Delegato Hera S.p.a.
Ministero dello Sviluppo Economico, Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Proposta di Piano Nazionale Integrato Clima energia, 31/12/2018
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