Come evolverà l’industria dell’energia per traguardare gli obiettivi ambientali europei al 2030 (e poi al 2050)? In che modo il PNIEC interagisce con la competitività della nostra industria sui mercati europei e internazionali? E come si potranno stimolare efficacemente i 184 miliardi di euro di investimenti previsti nel PNIEC tra infrastrutture, tecnologie e processi necessari all’evoluzione del sistema energetico? Sono alcuni degli interrogativi cui Marco D’Aloisi risponde nell’articolo pubblicato su Energia 1.19.
Il PNIEC costituisce una grande sfida per l’industria dell’energia e anche il downstream petrolifero italiano è chiamato a contribuire al raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni con ingenti investimenti (11 miliardi di euro entro il 2030).
11 miliardi di euro gli investimenti previsti dal PNIEC per ridurre le emissioni del downstream petrolifero italiano entro il 2030
Obiettivi che non possono prescindere tuttavia dalle aspettative sull’evoluzione della domanda di energia degli scenari internazionali: nel settore dei trasporti, la fonte petrolifera, che nel 2000 copriva il 97% della domanda, nel 2030 è prevista ancora all’85% (NUMERI A CONFRONTO). Analizzando l’andamento delle emissioni di CO2, in Europa il settore trasporti (che globalmente è oggi responsabile per il 25% delle emissioni) è stimato attestarsi a quota 4% nel 2030. La considerazione di questi valori è ancor più rilevante quando la strategia energetica nazionale diviene vincolante, come è il caso del PNIEC.
Perché l’attuazione del PNIEC non abbia conseguenze sfavorevoli sul nostro Paese, infatti, «determinante è capire quali saranno gli impegni che prenderanno gli altri paesi europei, perché se alziamo troppo l’asticella saremo costretti a saltarla, mentre qualcun altro potrebbe passarci sotto». La priorità per l’Italia è infatti traguardare gli obiettivi di riduzione delle emissioni garantendo insieme la competitività, la tenuta sociale e industriale del Paese.
Il 2030 del PNIEC tuttavia non è che una tappa intermedia: la vera sfida sono i target di decarbonizzazione al 2050, che necessitano investimenti in Ricerca e Sviluppo (R&S) per ridisegnare il sistema produttivo, logistico e distributivo dell’attuale downstream petrolifero (LA «VISION 2050»).
Per comparare le differenti opzioni di riduzione dei gas serra nel settore trasporti è necessario considerare le emissioni nelle diverse fasi del ciclo di vita del veicolo: produzione, dal pozzo al serbatoio (WTT), dal pozzo alla ruota (TTW), smaltimento dei veicoli. “Tutti i miglioramenti ottenuti nella fase WTT [well-to-tank] ridurranno l’impatto dei prodotti generati tramite raffinazione del petrolio con conseguenti effetti positivi su tutti i tipi i mezzi di trasporto che li utilizzeranno.”
Secondo D’Aloisi (CONCLUSIONE), la riduzione delle emissioni sarà possibile soltanto attraverso il contributo congiunto di tutte le fonti. Due criteri sono tuttavia imprescindibili: “molte soluzioni già sono disponibili e altre probabilmente si svilupperanno, sempre che siano la neutralità tecnologica e la sostenibilità economica a guidare le politiche industriali dei prossimi decenni e a favorire il successo di una fonte di energia piuttosto che di un’altra per centrare obiettivi che appaiono ineludibili”.
Il post presenta l’articolo Il downstream petrolifero oltre il 2030 scritto da Marco D’Aloisi e pubblicato sul numero 1.19 di Energia (pp. 22-28)
Marco D’Aloisi è Responsabile Relazioni Esterne di Unione Petrolifera
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