“Pensiamo veramente che sia sufficiente mettere nero su bianco un qualsiasi futuro obiettivo – ad esempio: moltiplicare gli investimenti annui in potenza rinnovabile o disseminare il Paese di colonnine di ricarica delle auto elettriche – perché lo si realizzi inerzialmente?”
Con questo retorico interrogativo Alberto Clô torna su un filone di indagine che Energia ritiene cruciale per l’attualità e il futuro energetico e ambientale: quello della credibilità della politica e dell’accettabilità sociale delle politiche della transizione energetica. Un filone affrontato a più riprese sia sul Blog (si vedano, tra gli altri, La credibilità perduta del Piano Energia Clima e Cosa insegnano i ‘gilet gialli’ francesi?) che sul trimestrale (Robin Hood alla rovescia? Transizione energetica e giustizia ambientale su Energia 1.19, Decarbonizzare l’Unione Europea in maniera credibile, efficace e accettabile su Energia 4.18, Scienze comportamentali ed Energia su Energia 1.18).
Il PNIEC è il terzo documento strategico in appena cinque anni. Quel che crea un inevitabile vulnus di credibilità, tanto più aggravato dallo stravolgimento di ciò che prima si riteneva strategico. Come i precedenti, il PNIEC ripone l’intera sua attenzione sul ‘cosa fare‘, trascurando in toto il ‘come’. Pare infatti ignorare alcune questioni critiche, come i profondi mutamenti istituzionali intervenuti nel nostro sistema energetico o l’accettabilità sociale delle proposte.
Il PNIEC pare ignorare questioni critiche come i profondi mutamenti istituzionali intervenuti nel nostro sistema energetico o l’accettabilità sociale delle proposte
“Valutare la portata di una SEN sulla base delle micro-azioni che prevede è, ad avviso di chi scrive, fuorviante e poco significativo dipendendo il suo successo da una pluralità di condizioni, ad iniziare dalla sua coerenza con l’assetto istituzionale entro cui si cala. Un assetto centralistico/dirigistico ove lo Stato dispone di forti leve di comando – come quello che ha caratterizzato il nostro sistema energetico sino agli anni 1990 – è infatti tutt’altro da un regime di mercato in cui il ruolo dello Stato è indebolito rispetto agli agenti economici cui è demandato di fatto il perseguimento degli obiettivi fissati”.
Nell’analizzare le criticità che ogni nuova programmazione energetica incontra, il direttore della rivista Energia inquadra alcune domande dirimenti per risolvere il nodo del ‘come fare’.
“Nonostante la centralità dell’energia nello sviluppo post-bellico, ogni scelta che la riguardasse rimaneva sostanzialmente estranea alla partecipazione della popolazione”. Oggi invece “la componente socio-politica delle scelte prende a prevalere su quella tecnico-economica” (IL NODO SCORSOIO DEL CONSENSO SOCIALE). Come costruire e raccogliere dunque un imprescindibile consenso verso quel che si dovrebbe fare?
Come costruire e raccogliere consenso verso quel che si dovrebbe fare? In un regime di mercato, con quali strumenti lo Stato per spingere verso gli obiettivi auspicati?
Come le precedenti SEN, il PNIEC presta scarsa o nulla considerazione ai profondi mutamenti istituzionali intervenuti negli ultimi decenni nel nostro sistema energetico (ASSETTI ISTITUZIONALI E PROGRAMMAZIONE ENERGETICA). In un regime di mercato, quali sono gli strumenti di cui lo Stato dispone qualora le dinamiche inerziali del mercato non convergano verso gli obiettivi auspicati? In cosa si traduce oggi la “strategicità” di Eni ed Enel con cui si è continuato a motivare la permanenza del loro controllo da parte dello Stato?
L’autore prova quindi a dare risposta a talune prioritarie esigenze relative al ‘come fare‘ (LE ESIGENZE PRIORITARIE: «COME FARE» PIUTTOSTO CHE «COSA FARE») individuando a tal fine quattro esigenze prioritarie:
- riportare a unità e coerenza strategica la policentrica governance dell’energia
- individuare un punto di condivisione degli interessi in gioco in scelte che spettano alla politica e non surrettiziamente a organismi che non ne hanno titolo
- integrare la politica energetica nella più generale politica economica e industriale, sul modello tedesco, da inserirsi nei piani nazionali di riforma che ogni paese è tenuto a presentare agli organismi comunitari
- ridefinire responsabilità e funzioni della pluralità di istituzioni cui sono state attribuite competenze in materia energetica
Un’ultima ma non meno importante condizione viene affrontata nell’articolo (LA CREDIBILITÀ DELLA POLITICA), essenziale perché un documento programmatico possa ritenersi tale e tale essere considerato dall’insieme dei soggetti che vi daranno seguito “per il sostanziale fatto che gli impegni da essa assunti costituiscono la base di riferimento delle decisioni degli agenti economici che ne valutano fattibilità e convenienza facendo conto sul loro pieno rispetto”.
Laconica la conclusione: “le ragioni dei passati fallimenti non sono state rimosse, così che non vi è motivo perché le cose possano migliorare”.
Il post presenta l’articolo PNIEC tra assetti istituzionali, condivisione, credibilità della politica scritto da Alberto Clô e pubblicato sul numero 1.19 di Energia (pp. 16-21)
Alberto Clô è Direttore responsabile della rivista “Energia”
Foto: Johnnie Shannon / Pixabay
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