La fase espansiva del ciclo economico globale ha tagliato nel 2018 il traguardo dei dieci anni di durata. A questo punto, il verificarsi di una recessione è, prima o poi, da mettere in conto. Ne siamo alla vigilia? Questo l’interrogativo che si pone Sergio De Nardis (Luiss School of European Political Economy) su Energia 1.19 nel tracciare lo scenario macroeconomico 2019-2020.
“Gli elementi di preoccupazione non mancano. Il mondo nel corso del 2018 ha rallentato il ritmo di crescita. I segnali di decelerazione sono stati significativi nella zona euro e in Cina. Sembra, però, difficile individuare nello scenario internazionale un singolo fattore scatenante, come è stata l’esplosione della bolla finanziaria, in grado di causare un’inversione del ciclo economico. Operano piuttosto a livello globale molteplici elementi di rischio, il cui sommarsi potrebbe indurre l’interruzione di un’espansione che sembra ormai matura.”
Operano a livello globale molteplici elementi di rischio, il cui sommarsi potrebbe indurre l’interruzione di un’espansione che sembra ormai matura
In cima alla lista vi sono le guerre tariffarie effettive e minacciate (UNO SCENARIO CON ELEVATI FATTORI DI RISCHIO). Un’eventuale escalation protezionistica potrebbe causare la rottura delle relazioni “con conseguenti problemi di ripensamento e riorganizzazione di interi processi produttivi che amplificherebbero i meri effetti di riduzione dei traffici commerciali.” Una questione che non riguarda solo il pur preminente contenzioso Stati Uniti-Cina, ma anche le incertezze legate alla modalità di una Brexit senza accordo.
Altro grande elemento di rischio, solo in parte connesso al precedente, riguarda l’evoluzione dell’economia cinese: “Il gigante asiatico è fortemente squilibrato a causa di un eccesso di investimenti ed è nel contempo affetto da elevati livelli di indebitamento delle imprese da cui è difficile rientrare senza indurre colpi di freno all’economia.” Non sono inoltre da escludere ripercussioni per l’economia statunitense indotte dal lungo shutdown.
“La lettura dei previsori è di un bicchiere ancora mezzo pieno, ma che corre un elevato rischio di finire con lo svuotarsi, anziché riempirsi, se qualcosa nello scenario mondiale non va nella direzione giusta.”
Le previsioni di crescita internazionale per il 2019 e 2020 non sono positive (RALLENTA L’ESPANSIONE MONDIALE). Il FMI le ha corretto nuovamente al ribasso: tassi di crescita rispettivamente al 3,5 e 3,6%, una decelerazione rispetto al 2018 (+3,7%). Per l’Italia, “si aggiungono ulteriori elementi di incertezza legati alla conduzione della politica di bilancio.”
L’andamento del greggio continua a restare un’incognita rilevante (SUL PETROLIO INCIDE IL RALLENTAMENTO INTERNAZIONALE). Dopo il calo dapprima imputabile all’incidenza di fattori operanti sul lato dell’offerta e successivamente alle “attese di una domanda di petrolio più contenuta in connessione alle prospettive di rallentamento della crescita internazionale”, le quotazioni petrolifere si collocherebbero nel medio periodo in prossimità dei 62 doll./bbl in media tanto del 2019 che del 2020.
Nei mercati valutari,il tasso di cambio dell’euro ha manifestato nell’ultimo anno un indebolimento nei confronti del dollaro (INDEBOLIMENTO DELL’EURO SUL DOLLARO). “A sostenere questo processo hanno contribuito il più positivo andamento dell’economia statunitense e la progressiva divaricazione delle politiche monetarie condotte nelle due aree.”
Sul fronte nazionale la situazione non è più rosea, anzi..
Sul fronte nazionale la situazione non è più rosea, anzi (NEL QUADRO DI RALLENTAMENTO, MARCATA FRENATA ITALIANA). “Il PIL italiano, cresciuto dell’1% nel 2018, tende a ristagnare nell’anno in corso. Le stime sul 2019 si collocano in un intervallo che va da un minimo di una variazione nulla a un incremento massimo dello 0,6%.” Sulla battuta d’arresto dell’Italia tra il 2018 e il 2019 incide “il rallentamento della domanda interna, a fronte di un marginale apporto positivo delle esportazioni nette, essendo le vendite all’estero limitate dalla contenuta dinamica degli scambi mondiali”.
“In definitiva, lo scenario internazionale del 2019 secondo le valutazioni più recenti dei previsori «flirta» con la recessione, ma riesce a evitarla stabilizzandosi poi nel 2020. I fattori di rischio presenti nel quadro globale e quelli specifici alle varie economie provocano rallentamenti, ma non sono in grado, secondo queste valutazioni, di causare inversioni di ciclo.” Ma se le cose dovessero peggiorare, si chiede l’Autore? La risposta non è delle più rassicuranti (ADEGUATEZZA DELLE POLITICHE ECONOMICHE IN CASO DI PEGGIORAMENTI).
E se le cose dovessero peggiorare?
“Le munizioni della politica monetaria sono estremamente ridotte se non prossime all’esaurimento. I tassi di interesse di policy si trovano a livelli ancora bassi, nonostante i recenti rialzi, negli Stati Uniti e sono (e rimarranno) a zero nell’area euro […] In particolare l’Europa […] si ritroverebbe senza la possibilità di usare le cosiddette armi convenzionali (riduzione dei tassi della BCE) […] Rimarrebbero le armi non convenzionali (quantitative easing) che si sono però dimostrate non del tutto efficaci nel promuovere la ripresa. […] In tali condizioni vi è un’elevata probabilità che la prossima recessione trovi l’eurozona ancora una volta senza adeguate politiche di contrasto del ciclo economico.”
Il post presenta l’articolo Lo scenario macroeconomico 2019-2020 scritto da Sergio De Nardis e pubblicato sul numero 1.19 di Energia (pp. 10-14)
Sergio De Nardis è professore presso Luiss School of European Political Economy
[…] Vi è un’elevata probabilità che la prossima recessione trovi l’Eurozona ancora una volta senza adeguate politiche di contrasto del ciclo economico. L’analisi di Sergio De Nardis, professore presso Luiss School of European Political Economy, tratta dalla rivista Energia […]