6 Maggio 2019

Economia circolare e rifiuti: come cambia il paradigma

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Riconciliare la crescita economica con la difesa dell’ambiente. Questa è l’esigenza che ha portato il concetto di economia circolare al centro del dibattito sulla sostenibilità. Ma perché è così urgente cambiare l’attuale modello di produzione e consumo per affidarsi ad un approccio circolare?

Innanzitutto per ridurre lo spreco strutturale alla base del modello economico lineare, in grado di generare perdite economiche e un uso inefficiente delle risorse disponibili. Solo alcuni numeri: in Europa, il 60% degli scarti finisce nelle discariche o negli inceneritori mentre solo il 40% viene riciclato o riutilizzato; un’automobile resta parcheggiata in media il 92% del tempo; il 31% dei generi alimentari viene sprecato lungo la catena del valore; gli uffici vengono utilizzati dal 35% al 50% del tempo anche durante le ore lavorative.

In Europa, il 60% degli scarti finisce in discariche o inceneritori

Se non bastasse, altri fattori di contesto giocano un ruolo fondamentale: la sempre maggiore volatilità dei prezzi e il tendenziale aumento dei costi delle commodity fondamentali; la dipendenza dalle importazioni delle aree con limitate risorse naturali non rinnovabili che le espone a un rischio legato alla sicurezza delle relative forniture; un impatto ambientale negativo legato allo sfruttamento di risorse, alla perdita di biodiversità, all’inquinamento.

In questo contesto, emerge l’urgente necessità di passare da un approccio basato sull’iper-sfruttamento e sullo spreco di risorse a un modello in cui tutte le attività economiche sono organizzate in modo tale che i rifiuti diventino risorse per un nuovo ciclo produttivo. Dal processo di riciclo dei rifiuti passa gran parte degli sforzi verso lo sviluppo dell’economia circolare. Nel maggio 2018, l’UE ha adottato un nuovo Pacchetto di Direttive stabilendo nuovi obiettivi vincolanti in questo ambito. L’Italia come si colloca su questo fronte?

L’Italia è leader nel riciclo dei rifiuti da imballaggio, mentre sulla plastica c’è ancora molto da fare

In alcuni settori l’Italia occupa una posizione di leadership e ha già superato i target europei previsti. È il caso del riciclaggio dei rifiuti da imballaggio come legno, metalli ferrosi, alluminio, vetro, carta e cartone. Sulla plastica c’è ancora strada da fare, ma il traguardo del 50% di riciclaggio non è lontano dall’attuale 42%. Altro importante settore dove l’Italia ha margini di miglioramento è il riciclo dei rifiuti urbani. Ad oggi siamo al 48% e dovremmo arrivare con step intermedi al 65% nel 2035.

L’impegno dell’Italia verso una maggiore circolarità dell’economia è chiaro. Tuttavia, non è certamente sfida semplice né tantomeno limitata alla riduzione degli impatti negativi dell’economia lineare. Rappresenta piuttosto un cambio di paradigma a livello di sistema che punta a generare opportunità economiche e occupazionali, benefici ambientali e sociali: il tutto in un percorso di crescita economica sostenibile.

Chiara Proietti Silvestri è analista presso Rie-Ricerche Industriali ed Energetiche.

Il post riprende i contenuti dell’approfondimento pubblicato nella newsletter di marzo del GME:

I numeri dell’economia circolare in Italia

Foto: Rudy and Peter SkitteriansPixabay 


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