Negli ultimi anni, il concetto di economia circolare è entrato a far parte del linguaggio comune essenzialmente come ‘un’economia pensata per potersi rigenerare da sola’.
Questa comprende molteplici attività che non si esauriscono nel processo di riciclo dei rifiuti per la produzione di materie prime secondarie, ma riguardano anche il prolungamento della vita utile dei prodotti industriali, la manutenzione e riparazione, e la condivisione dell’uso.
Per questa sua complessità, l’analisi e il monitoraggio del settore non possono essere affidati ad un solo indicatore. Non è un caso che Eurostat abbia sviluppato un database specifico per l’economia circolare composto da 10 indicatori suddivisi per 4 tematiche principali: produzione e consumo di rifiuti, gestione dei rifiuti, materia prima secondaria, competitività e innovazione.
Vediamo alcuni degli indicatori più significativi nella tabella sottostante.
SINTESI DEI PRINCIPALI INDICATORI DI ECONOMIA CIRCOLARE
ITALIA vs EUROPA
Sul fronte della produzione di rifiuti, il nostro paese è in linea con la media UE (mentre fanno peggio di noi paesi ‘green’ come Germania e Danimarca, che superano tutte la quota di 600 kg/ab). Il quadro è tuttavia migliorabile considerando che il 21,5% del consumo materiale domestico (DMC) diventa rifiuto durante il ciclo produttivo, quasi il doppio dello spreco medio europeo (dato 2016).
Nell’ambito della gestione dei rifiuti, l’Italia ha riciclato intorno al 48% dei rifiuti urbani nel 2017, quota che sale al 67% considerando quelli non urbani, dietro solo a Olanda, Belgio e Slovenia
Nel riciclo di imballaggi, ha raggiunto un livello invidiabile pari al 67%, superiore al target europeo richiesto; tuttavia, nel confronto con gli altri Stati membri, risultiamo in classifica dietro a diversi paesi tra cui Belgio, Danimarca e Repubblica Ceca, che superano abbondantemente il 75%.
Ottimo, invece, il posizionamento sul tasso di recupero dei rifiuti minerali da costruzione e demolizione pari al 98% rispetto ad una media UE dell’89%. Molto positivo anche il risultato nel riciclo dei rifiuti organici: il livello pro capite di rifiuti urbani sottoposti a compostaggio è stato nel 2017 pari a 98 kg/ab vs 81 kg/ab della media europea, in continuo miglioramento con una crescita negli ultimi 10 anni del 122% rispetto ad un aumento del 27% a livello UE.
Siamo ancora indietro, per contro, sui rifiuti elettronici con un tasso di riciclo del 34,4%, sotto la media europea di 7 punti percentuali
La misura della circolarità
Guardando al grado di circolarità dell’economia italiana, forse uno degli indicatori più significativi misurando il rapporto percentuale fra le materie prime secondarie – ricavate dal riciclo dei rifiuti – e il totale del consumo materiale domestico di un paese, l’Italia si attesta sul 17%, uno dei più elevati in Europa e in continuo miglioramento: dal 2010 al 2016, l’aumento nel nostro paese è stato del 47% rispetto a un più modesto +6% a livello europeo.
Per l’Italia, l’elevato tasso di circolarità è legato alla costante riduzione del consumo materiale domestico nel corso degli ultimi anni: siamo primi in Europa per il più basso livello di DMC, con circa 7 tonnellate pro capite rispetto ad una media UE di 13. Questo è però associabile non solo al fattore positivo dell’incremento del tasso di riciclo in alcuni processi industriali, ma anche alla de-industrializzazione seguita alla crisi economica, alla delocalizzazione nonché ad una crescente finanziarizzazione dell’economia.
Sul fronte innovazione, siamo invece ancora indietro se consideriamo la fotografia che emerge dai dati Eurostat fermi al 2014. In questo anno, vi è stato un netto calo nel numero dei brevetti a tal punto da essere tornati ai livelli di 10 anni prima, con 15 brevetti rispetto ai 36 registrati nel 2013.
Negli anni l’Italia ha sviluppato un crescente bagaglio di buone pratiche ed esperienze innovative che puntano ad ottimizzare virtuosamente la raccolta differenziata, il riutilizzo, il riuso, il riciclo e la riparazione di prodotti. Tuttavia, per facilitare la transizione verso un uso efficiente delle risorse e modelli di produzione circolari servono cambiamenti strutturali
Occorre ridurre il gap tra le macro-aree del paese dove si riscontra una notevole differenza nelle prestazioni di gestione dei rifiuti soprattutto tra Nord e Sud (a favore del primo); bisogna lavorare sulle difficoltà che incontrano le imprese dell’economia circolare – essenzialmente di piccola-media dimensione – spesso legate al complesso quadro burocratico amministrativo e all’accesso al credito.
Vi sono poi ostacoli di tipo comportamentale che attingono alla sfera sociale di un paese, come la tendenza dei consumatori al ricambio di prodotti ancora funzionanti. L’abbandono di un modello di crescita basato sul continuo incremento dei consumi passa anche per un cambiamento di tipo culturale e per un radicale ripensamento delle modalità di produzione e di consumo che coinvolga tutti gli attori della catena del valore. Noi compresi.
Chiara Proietti Silvestri è analista presso Rie-Ricerche Industriali ed Energetiche.
Il post riprende i contenuti dell’approfondimento pubblicato nella newsletter di marzo del GME:
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