23 Maggio 2019

Elezioni Europee: quanto contano l’energia e l’ambiente?

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Quando per professione ci si occupa di energia e in particolare di mercati energetici, spesso si incorre in una situazione paradossale. Ossia che dopo aver tentato di spiegare per una decina di minuti (e cercando le parole più ‘accessibili’) in cosa consista il tuo lavoro, la controparte reagisce entusiasta esclamando “quindi di bollette ne capisci?” con gli occhi di chi è a un passo dall’aver risolto un dubbio esistenziale della propria vita. Questa scenetta (gli addetti ai lavori sanno di cosa sto parlando) apparentemente innocua, riflette invece l’enorme distanza che sussiste quotidianamente nella percezione dell’energia tra il politico in cerca di voti, l’industriale in cerca di guadagni, il padre di famiglia preoccupato delle proprie spese e interessato alle tariffe più convenienti.

Se questo esempio non dovesse essere convincente, basta andare a vedere quanto si è parlato di energia nei mesi di campagna elettorale che hanno preceduto le elezioni del Parlamento Europeo o qualsiasi altra votazione comunale, regionale o nazionale. Perché, allora, l’energia e l’ambiente non sono considerati argomenti sexy? Penso che i motivi siano principalmente tre. Il primo, in parte analizzato, è la complessità del tema. Nessun politico furbo suiciderebbe la propria retorica con un argomento così complesso, per di più nell’epoca dei tweet e della comunicazione mordi-e-fuggi. Il secondo, è che nessun politico è disposto a pagare oggi costi elettorali elevati e certi delle politiche ambientali a fronte di benefici futuri e incerti. Il terzo, forse ancora più deludente, è che per i cittadini europei l’energia e l’ambiente non costituiscono una priorità.  

Energia e ambiente non sono argomenti sexy, nessun politico furbo suiciderebbe la propria retorica con un argomento così complesso

Esattamente un anno fa, un’indagine di YouGov restituiva i dati di un sondaggio sottoposto ai cittadini dei principali paesi membri UE a un anno dal rinnovo del Parlamento. Ebbene, da tale sondaggio emergeva che le priorità fossero di gran lunga l’immigrazione e il terrorismo, seguiti dalla situazione economica e dalla disoccupazione. Solo il 10% dei cittadini europei riteneva la “salvaguardia dell’ambiente” una priorità, percentuale che scendeva al 3,3% se si osservava la voce “temi legati all’energia”, ultima classificata a pari merito con il “sistema educativo” (sigh).

Ad onor di cronaca, va detto che, se il sondaggio venisse ripetuto oggi, l’impatto mediatico degli ultimi mesi suscitato da Greta Thunberg e dai suoi scioperi per il clima potrebbero contribuire a restituire risultati più soddisfacenti almeno per quanto riguarda l’ambiente. Mentre non varrebbe probabilmente lo stesso discorso per i temi energetici, da sempre fanalino di coda del dibattito pubblico e della retorica politica.

Ma la vera domanda è un’altra: l’energia e l’ambiente costituiscono l’ultimo (o quasi) dei problemi dei cittadini europei perché ne sono soddisfatti, perché non se ne interessano affatto, o ancora perché l’informazione non fornisce un’idea chiara sui termini dei problemi e delle scelte con cui risolverli? La risposta non è immediata e certo non potrebbe essere sviluppata appieno in questa sede, ma è interessante osservare l’esperimento della BEI, la Banca Europea degli Investimenti, che dal novembre scorso ha affidato proprio a YouGov una serie di sondaggi per capire la relazione tra cittadini UE e energia.

Ambiente ed energia sono l’ultimo problema (o quasi) dei cittadini europei, ma gli italiani sono tra i più attenti

Stando all’ultimo climate survey, la popolazione europea sembrerebbe tutt’altro che disinteressata, individuando la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili come una delle tre principali azioni per combattere il cambiamento climatico, insieme all’arresto della deforestazione e al rilancio di una mobilità basata su mezzi di trasporto pubblici.  

E se questo non bastasse, dai sei studi pubblicati da allora, emerge che i cittadini europei sono più preoccupati dei cinesi e degli statunitensi sui possibili effetti dei cambiamenti climatici e analogamente meno scettici circa la loro esistenza. Per la legge del contrappasso, tuttavia, gli americani sono più ottimisti riguardo all’impatto economico che la lotta ai cambiamenti climatici avrà sulla loro economia, mentre l’europeo medio (e, ancora di più, il cinese medio) teme che questa possa pregiudicare la propria situazione economico-finanziaria.

Sul fronte della responsabilità individuale, per contro, gli europei non sembrano avere rivali: sono i più inclini a riciclare e differenziare i propri rifiuti, a pagare di più per un prodotto sostenibile, e ritengono che siano proprio i cittadini i principali attori della lotta ai cambiamenti climatici, mentre cinesi e americani delegano questo ‘onere’ a istituzioni internazionali e governi nazionali. Ma allo stesso tempo sono proprio gli europei a non ritenersi soddisfatti dal comportamento degli attori economici. Più di un cittadino su due, infatti, ritiene insufficienti le attività e i comportamenti climate-friendly delle aziende. Inoltre, anche se con percentuali molto dissimili tra paese e paese, solo il 27% si sente supportato dall’Unione Europea nelle proprie azioni quotidiane, con la Francia che raggiunge addirittura il 13%.

E l’Italia? Contro ogni più pessimistica previsione, gli italiani emergono tra i più attenti alle tematiche di carattere ambientale. In Europa sono infatti i più allarmati dagli effetti del climate change (oltre l’80% sul totale degli intervistati), i più convinti che il riscaldamento globale sia causato dall’uomo (62%) e i più certi che la minaccia sia già attuale (67%). E, nonostante un diffuso pessimismo, sono anche tra quelli che credono maggiormente nelle potenzialità economiche della green economy (26%, contro il 20% della Francia e il 14% della Germania) e negli effetti benefici della raccolta differenziata (71%, contro il 69% della Francia e il 52% della Germania). Allo stesso tempo sono tra i più insoddisfatti rispetto alle azioni svolte dal settore economico (64%, contro una media europea del 54%) e dalle istituzione europee (18%, contro una media europea del 27%).

Lo scarso supporto delle istituzioni comunitarie percepito dai cittadini europei è indice dello scollamento tra base e vertice dell’Unione Europea

Questo ultimo dato, la scarsissima soddisfazione circa il supporto che i cittadini europei percepiscono da parte delle istituzioni comunitarie, la dice lunga sulla diversa sintonizzazione tra base e vertice dell’Unione Europea. Specie considerando il ruolo di leadership internazionalmente riconosciuto all’Europa nelle politiche climatiche, nell’abbattimento delle emissioni, nella tracciabilità dei prodotti, nell’abbandono delle fonti fossili.

Tornando alla precedente domanda e stando ai risultati del sondaggio della BEI, non sembrerebbe giusta nessuna delle tre possibili risposte. Gli europei non sarebbero quindi né soddisfatti delle politiche energetiche e climatiche UE, né disinteressati. Semplicemente, ma si tratta di una terza ipotesi, nessuno ha ancora trovato il giusto linguaggio per far comunicare gli eletti e gli elettori.

Mattia Santori è analista presso Rie-Ricerche Industriali ed Energetiche


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