Come visto in questo post, la rimunicipalizzazione è un fenomeno che, assieme alle cooperative energetiche, si va affermando in Germania sin dal 2005 in contrapposizione alla struttura concentrata del mercato energetico.
Ma quali sono i fattori politici alla base delle rimunicipalizzazioni? In assenza di una letteratura esaustiva su questi processi politici, Sören Becker su Energia 1.19 prende a riferimento il caso di Amburgo, città che intorno al 2000 ha venduto a investitori esterni le azioni delle sue utility energetiche (elettricità, teleriscaldamento, gas). Ne proponiamo una sintesi.
Il ritorno della proprietà pubblica nella gestione dei servizi di pubblica utilità richiede una chiara volontà del decisore locale e, a sua volta, della politica locale che ne riflette il livello di conflittualità. Il posizionamento di un partito in consiglio comunale nello spettro sinistra-destra non è necessariamente indice di una maggiore o minore propensione verso la rimunicipalizzazione. Membri del Partito Socialdemocratico, ad esempio, si sono opposti in molte occasioni. Alcuni processi, specialmente nelle città più piccole, sono stati sostenuti da una forte maggioranza del consiglio comunale, mentre altrove hanno causato profonde spaccature nella politica locale, nell’amministrazione, tra le élite locali e gli attori dei movimenti sociali.
L’orientamento sinistra-destra della politica locale non è necessariamente indice di una maggiore o minore propensione verso la rimunicipalizzazione
Pur se molto più popolosa della maggior parte dei Comuni coinvolti da processi di rimunicipalizzazione, Amburgo costituisce un utile punto di osservazione su due casi: uno piuttosto tranquillo, l’altro apertamente conflittuale.
Nel 2009, il Governo di coalizione Conservatori-Verdi decise la costituzione dell’utility Hamburg Energie per la costruzione di impianti di generazione rinnovabile e la vendita dell’elettricità, frutto di una decisione politica interna al governo locale, da parte soprattutto del Partito dei Verdi che aveva fatto forza sul proprio potere contrattuale in risposta alla contestata approvazione di una centrale a carbone di 1,7 GW.
L’utility fu fondata come sussidiaria autonoma dell’acquedotto locale ancora di proprietà pubblica e le fu affidato un chiaro mandato per la «fornitura di energia al pubblico e alle istituzioni» e la vendita di «elettricità rispettando il clima (non impiegando energia nucleare e carbone. Allo stesso tempo, è stata concepita per essere un’azienda «snella ed efficace» in grado di resistere nel mercato competitivo dell’energia e di promuovere le rinnovabili nella Regione.
L’attività dell’utility è stata molto efficace: a fine 2015 erano stati installati più di 13 MW di capacità eolica e completato un progetto solare da 10 MW che vedeva tra gli investitori cittadini e imprese locali. Nel 2017 riforniva circa 132.000 consumatori per il 45% generata da proprie installazioni rinnovabili. Hamburg Energie è dunque un caso di rimunicipalizzazione top-down di successo nella promozione delle rinnovabili.
La costituzione di Hamburg Energie è frutto di una decisione politica interna al governo locale spinta dai Verdi, la rimunicipalizzazione delle reti energetiche è invece dovuta passare per un referendum
Molto più conflittuale è stato invece il processo politico che ha portato tra 2011 e 2013alla rimunicipalizzazione delle reti energetiche: elettricità, gas, teleriscaldamento. In occasione della scadenza dei contratti di concessione, l’agenda dell’allora governo socialdemocratico non prevedeva la rimunicipalizzazione delle reti. Processo sostenuto invece dalla neonata e ampia coalizione popolare formata da movimenti sociali e ambientali, ONG come Friends of the Earth (BUND), Chiesa Luterana, associazioni di consumatori e molti altri gruppi minori. Per vincolare legalmente il Governo, la coalizione si è fatta promotrice di un referendum per la costituzione di una utility in grado di soddisfare le richieste sociali, ecologiche e democratiche.
Poiché l’attività di lobbying sul Governo era stata inefficace, la preparazione del referendum richiedeva la costruzione di una coalizione, la mobilitazione pubblica, una dinamica di forte contrapposizione per raggiungere l’attenzione necessaria. Nei mesi precedenti il referendum, il dibattito pubblico si era fatto sempre più acceso, con una coalizione composta dai principali partiti politici, associazioni di imprese e maggiori sindacati del settore che aveva avviato una campagna contraria alla completa rimunicipalizzazione (a fine 2011 il governo socialdemocratico aveva nel frattempo avanzato una parziale rimunicipalizzazione del 25,1%).
Tenutosi nel settembre 2013, il referendum di Amburgo ha vinto anche se con una maggioranza ristretta del 50,9%. Il successo del referendum ha avviato una nuova fase politica di rimunicipalizzazioni anziché segnarne la fine. Il Governo che si era opposto si trovò improvvisamente a guidare questa riforma. Nonostante questo paradosso, ha attuato la rimunicipalizzazione negoziando contratti e opzioni con i concessionari in carica. I principali promotori del referendum sono stati inclusi in qualità di consulenti nelle commissioni parlamentari sulle questioni ambientali. Inoltre, nel 2016 è stato istituito un «Consiglio consultivo della rete» in cui anche questi gruppi sono rappresentati.
Il successo del referendum ha avviato una nuova fase politica di rimunicipalizzazioni anziché segnarne la fine, ha aumentato l’influenza degli attori della coalizione, spostando gli equilibri di potere delle città sia in termini tecnici che politici
Seguirono accesi dibattiti, sia pubblici che tra esperti, su come introdurre le istanze ecologiche, sociali e democratiche nelle pratiche commerciali della gestione delle reti. Mentre l’impatto sul clima può essere misurato attraverso le emissioni di CO2 e altri gas serra, come si può rendere operativa la giustizia sociale evitando tagli di energia e attraverso bassi prezzi (perseguendo l’efficienza economica e un ruolo marginale dell’energia fossile)? Il tema più dibattuto è stato il futuro della rete di teleriscaldamento e delle connesse centrali elettriche. La soluzione negoziata prevede che gran parte della generazione di calore sia decentralizzata e che la rete di teleriscaldamento sia interamente pubblica.
In questi processi, il risultato del referendum ha costituito un punto di riferimento importante per le decisioni sulla politica energetica della città: ha aumentato l’influenza degli attori della coalizione, spostando gli equilibri di potere delle città sia in termini tecnici che politici.
Il post rielabora un paragrafo dell’articolo “Nuove forme organizzative locali nell’«Energiewende»” scritto da Sören Becker e pubblicato su Energia 1.19
L’Autore è ricercatore presso il Dipartimento di Geografia, Università di Bonn e IRI – Transformation of Human-Environment Systems, Università Humboldt di Berlino
Foto: Karsten Bergmann / Pixabay
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