20 Giugno 2019

I costi del non decidere

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Alla vigilia dell’avvio del PNIEC mancano ancora le misure per la partecipazione delle rinnovabili a tutti i mercati a pronti e non è ancora operativo il mercato della capacità, scelto per garantire la disponibilità della capacità termica necessaria ad assicurare l’adeguatezza del sistema elettrico.

“Alla lunga le furbizie spesso non pagano [e] talvolta hanno però anche le gambe corte” afferma GB Zorzoli nel suo articolo su Energia 2.19 dove affronta le carenze e i ritardi, talvolta voluti, che hanno caratterizzato la gestione, da parte dei governi italiani, della transizione energetica dalla firma del protocollo di Kyoto ad oggi.

“La catena del silenzio dopo silenzio, dell’accorgimento dopo accorgimento, non ha giovato a nessuno”. Necessario risulta quindi risolvere i grovigli fatti in passato, come nell’annosa questione del ciclo di investimenti in cicli combinati (LE SOLUZIONI PER LA CRISI DEI CICLI COMBINATI) dapprima promosso in barba agli impegni presi in seno al protocollo di Kyoto, che tuttavia, una volta ratificato, ha obbligato il governo italiano al varo di misure (i Conti energia) che consentissero la crescita accelerata della capacità fotovoltaica necessaria per raggiungere gli obiettivi al 2010.

“Lo scetticismo governativo sulle prospettive del protocollo di Kyoto autorizzò le aziende impegnate nella realizzazione di cicli combinati a classificare il Libro bianco dell’Enea tra le tante esercitazioni cartacee che ingombrano gli archivi ministeriali”

La scelta di adottare il mercato della capacità anziché costituire una più semplice riserva strategica per mantenere fuori dal mercato dell’energia elettrica una determinata capacità ha comportato l’introduzione di “accorgimenti, ufficialmente non dichiarati” per garantire opportunità di remunerazione ai cicli combinati, nonché ostacoli al pieno utilizzo delle rinnovabili elettriche e ritardi nell’emanazione dei decreti che le riguardano. Ne risulta che “anche nel 2020 la capacità aggiuntiva si aggirerà intorno a 1.000 MW, mentre subito dopo, per raggiungere l’obiettivo PNIEC al 2025, dovrà essere raddoppiata”.

Le cose, infatti, non è detto che andranno meglio in futuro. “La realizzazione del PNIEC richiederà pertanto una serie di azioni simultanee e coordinate, da realizzare con la necessaria tempestività” (OBIETTIVI SFIDANTI). A partire dall’accettabilità sociale ed il consenso territoriale, fronte sul quale “vi sono stati e si verificano tuttora alcuni segnali positivi”, come l’accordo tra Regione Sicilia e il GSE. Per introdurre modifiche sostanziali alla rete serve di fatto la concertazione Regione, gli enti locali e i cittadini coinvolti, tanto che per completare l’intero iter sono stimati volerci undici-tredici anni. V’è quindi da chiedersi se, nonostante “il nuovo spirito di collaborazione tra GSE e Terna da un lato e operatori dall’altro”, i tempi necessari per l’interazione e il coinvolgimento delle popolazioni e delle istituzioni pubbliche (Comuni, Regioni) saranno sufficientemente brevi da entrare in sintonia con le scadenze dettate dal PNIEC”.

Tutte queste incertezze rendono più complicato del dovuto il phaseout delle centrali a carbone fissato per il 2025 (IL RISCHIO DI UN CIRCOLO VIZIOSO), “da predisporre pertanto con la massima attenzione ai problemi che crea”, a partire dalle opposizioni politiche e sociali e la necessità di rimpiazzare il vuoto lasciato con 12 GW di capacità rinnovabile. “Per il 2025 non si può ragionevolmente contare sui potenziamenti della rete, mentre per l’effetto congiunto di eventuali ritardi nel conseguimento degli obiettivi previsti e della parziale non congruità tra gli insediamenti dei nuovi impianti a rinnovabili e quelli delle centrali a carbone emergono margini di incertezza, per i quali ad oggi non si dispone di valutazioni da parte del governo o di istituzioni pubbliche”.

È necessario quindi un confronto con tutte le parti in causa basato su un’analisi sufficientemente esaustiva dei rischi connessi alle diverse opzioni sul tappeto (CONCLUSIONI). Sarebbe inoltre opportuno che il Governo ricorra all’unico strumento di cui dispone per orientare gli investimenti in un’economia di mercato: la moral suasion.

Il post presenta l’articolo di G.B. Zorzoli I costi del non decidere (pp. 22-29) pubblicato su Energia 2.19

G.B. Zorzoli è membro dell’Associazione Italiana Economisti dell’Energia e del Comitato Scientifico di «Energia»

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Foto: PxHere

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