3 Giugno 2019

Pit-stop della riforma elettrica e meno monopolio

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Bella l’iniziativa del GSE per ricordare e commentare i 20 anni passati dall’approvazione del “Decreto Bersani”. Che diede il via al processo di liberalizzazione del mercato dell’energia e alla conseguente privatizzazione di ENEL. E molto interessante la tavola rotonda con le testimonianze dello stesso Bersani, di Clô, Ranci e Fanelli. Che mi ha suggerito qualche considerazione. Con una piccola premessa. Forse la presenza di almeno un operatore del mercato libero, cioè la diretta conseguenza della riforma, sarebbe stata opportuna.

Ma torniamo alle considerazioni. La prima relativa ai commenti fatti da Clô sul modo in cui si è implementata la crescita delle rinnovabili in Italia. Non avere previsto il loro inserimento nei meccanismi di mercato, a parte il costo esorbitante degli incentivi, ha inevitabilmente schiacciato la parte di energia elettrica contesa sul mercato, ridotta ormai a una quota quasi minoritaria. Qui forse vi è il tradimento maggiore della riforma Bersani e i pericoli maggiori per il futuro, dove avanza di fatto uno strisciante riaccentramento del potere di decisione sui prezzi da parte del Governo.

La riforma non ha saputo prevedere l’inserimento delle rinnovabili nei meccanismi di mercato, col rischio oggi di un ritorno a prezzi amministrati

La riforma, fra gli altri meriti, spinse gli operatori tradizionali, ENEL in primo luogo, a rinnovare il parco di generazione esistente o a fare nuovi investimenti per potere essere competitivi nel mercato che si stava aprendo. Si valutano in circa 30 miliardi di euro gli investimenti fatti, interamente finanziati dai cash-flow aziendali. Ma proprio nel bel mezzo di questi investimenti lo Stato ha deciso di premiare un altro ciclo di investimenti, 100 miliardi euro, interamente garantito dagli incentivi, che ha cannibalizzato e svalutato il primo ciclo di investimenti. Si dovrebbe parlare di concorrenza sleale da parte dello Stato e forse le compagnie elettriche avrebbero dovuto sollevare un problema di stranded costs.

Incentivando il ciclo di investimenti in rinnovabili lo Stato ha operato una concorrenza sleale che ha spiazzato gli investimenti degli operatori tradizionali

Fatto sta che al costo degli incentivi andrebbero sommati i costi dei write-off che sostanzialmente hanno gravato sui produttori termoelettrici, principalmente quelli che si erano dotati di avanzati cicli combinati. Impianti costruiti per lavorare oltre 7.000 ore ridotti a funzionare meno di 2.000 cercando spazio nel mercato dei servizi. Né è stato calcolato il costo dell’ampliamento della rete elettrica, costretta ad inseguire migliaia di impianti. E ancora manca all’appello il costo della riserva che comunque deve essere tenuta disponibile. Oggi già parzialmente contabilizzati nei numerosi impianti “essenziali”. Domani nel capacity market.

Una seconda osservazione riguarda quanto affermato da Fanelli a proposito del mercato di maggiore tutela. Fanelli ha di fatto sostenuto che il cliente elettrico non può essere costretto a inseguire il mercato libero e che ha diritto a trovare una tariffa regolata dall’Autorità. Criterio che fortunatamente non si applica ad altri servizi o merci altrettanto essenziali, che ogni giorno il consumatore deve acquistare sul mercato, comparando prezzi e qualità. Il cibo per esempio. Ma anche prendendo per buona la sua considerazione il vulnus principale sta nel fatto che questi clienti sono stati lasciati in pancia all’ex monopolista, che su di esse lucra sia direttamente sia attraverso i vantaggi che derivano dall’essere anche il possessore della rete di distribuzione. Come dimostrano i numeri della migrazione dei clienti dal mercato di maggiore tutela al mercato libero. E questo è forse il principale fallimento delle diverse Autorità che si sono succedute nel tempo.

Proposte: sottrarre ad ENEL la gestione dei clienti di maggior tutela e separarla dalla rete di distribuzione

Se si ritiene che al consumatore di energia elettrica debba essere offerta una tariffa interamente regolata almeno due decisioni dovrebbero essere prese. La prima: sottrarre all’ENEL la loro gestione. Fanelli suggerisce di parcheggiarli presso l’Acquirente Unico. La seconda è la separazione “proprietaria” della rete di distribuzione da ENEL, garantendone la terzietà assoluta. E forse anche rivedendo i troppo generosi criteri di remunerazione della RAB (Regulatory Asset Base) della medesima.

Foto: Bert van Dijk / Flickr

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