18 Luglio 2019

Eventi atmosferici e consumi energia: la maledetta spirale

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Vi è un dato nella congiuntura 2018 che merita d’essere evidenziato: il legame che corre tra gli eventi atmosferici estremi che sempre più affliggono il mondo intero e i consumi di energia, che hanno conosciuto lo scorso anno uno strappo del +2,9%, come non accadeva da molti anni. Un tasso elevato se si considera:

(a) il rallentamento della crescita delle economie a cominciare da quella cinese;

(b) l’aumento di circa un terzo dei prezzi medi annui del petrolio (Brent Dated);

(c) la riduzione dell’intensità energetica pur rallentata sul passato.

Al netto di questi tre fattori, il +2,9% risulta davvero eclatante. A motivarlo, secondo Spencer Dale, chief economist della BP, hanno concorso anche gli eventi atmosferici estremi, come i drammatici incendi che da fine luglio hanno devastato la California o l’area intorno ad Atene con un gran numero di decessi e migliaia di abitazioni distrutte.

Nuovi massimi storici di temperatura sono stati raggiunti in Algeria con 51,3°, Giappone e Corea del Sud con 41,0°, nello Stato americano dell’Idaho con 48,3°, mentre in Portogallo si sono registrate punte di 46° e in Australia di 49°.Insomma, nel 2018 il mondo intero è stato stretto in una morsa di caldo.

Ma anche di freddo, con le temperature più rigide della storia. La causa è indicata nel fenomeno del polar vortex definito dalla National Oceanic and Atmospheric Administration come “un’ampia area di bassa pressione e aria fredda intorno ai poli del Nord e Sud del mondo”. In sostanza, l’inusuale numero di giorni troppo caldi e troppo freddi in molte parti del mondo ha sospinto verso l’alto la domanda di raffreddamento e riscaldamento con conseguente aumento dei servizi energetici. Non importa qui entrare nella diatriba se questi eventi siano o meno direttamente riconducibili ai cambiamenti climatici; importa che sono avvenuti. Essendo difficile pensare che essi non abbiano a ripetersi – in America nella prima metà dell’anno si sono già ripetute punte anomale di caldo e freddo – ne deriva che anche in futuro potrebbero causare una spinta al rialzo dei consumi di energia.

Alle cause già note che motivano il riscaldamento del Pianeta dovremmo in conclusione aggiungere quella degli eventi atmosferici estremi. Quale ne sia l’origine è fatto comunque incerto a dire della stessa IPCC che nel suo più recente Rapporto ha scritto:

In summary, there is low confidence in observed trends in small-scale severe weather phenomena such as hail and thunderstorms because of historical data inhomogeneities and inadequacies in monitoring systems

Al di là del legame emissioni CO2→ eventi estremi, quel che più interessa è quello emissioni CO2→ surriscaldamento→ consumi energia, che pare confermato dai risultati di una ricerca pubblicata di recente su Nature Communications.

Dall’analisi incrociata di 210 scenari climatici e socioeconomici, emerge che il surriscaldamento potrebbe determinare un aumento della domanda di energia nel 2050, rispetto a quanto atteso, tra l’11% e il 27% se ‘moderate’ e tra il 25% e il 58% se ‘vigorous’.

Una maledetta spirale che rende ancor più difficoltosa ogni politica di mitigazione o di adattamento nella lotta ai cambiamenti climatici. Una prospettiva che non può tuttavia indurre sentimenti di fatalismo o pessimismo. Per più ragioni:

– la prima è che l’incertezza che attraversa la conoscenza e la ricerca scientifica in tema di cambiamenti climatici non consente di pervenire a scenari cui attribuire un qualche grado di certezza.

– la seconda è che i modelli probabilistici di cui essa si avvale non sono in grado di contenere sino a cinque milioni di parametri sulla superficie della Terra e sull’atmosfera né tantomeno di incorporare l’insieme delle interazioni che corrono tra Terra, mare, atmosfera, vegetazione.

– la terza è che l’imperfetta e mutevole comprensione del divenire dei sistemi climatici non consente di separare nettamente il momento della conoscenza da quello dell’azione, dovendo l’uno e l’altro procedere parallelamente con politiche che siano in grado di adattarsi al mutare delle conoscenze.

Il senso comune può essere fuorviante e non è detto coincida col buon senso

Procedere dietro la pressione delle opinioni pubbliche o di interessi organizzati può portare a risultati controproducenti. Da ultimo, per lenire lo sconforto, vale rammentare il fatto che più il tempo scorre più le previsioni sulle dinamiche emissive vengono corrette al ribasso.

Valga su tutti il caso del Modello Primes (e dei modelli correlati) che Bruxelles ha da lungo tempo preso a riferimento per delineare gli scenari inerziali energetici ed emissivi su cui le politiche dovrebbero incidere. Nel 2008 questo modello prevedeva emissioni totali di gas serra in Europa all’orizzonte del 2030 di 5,4 miliardi tonnellate CO2 eq. ridotte nel 2016 di circa un terzo a 3,7 miliardi di tonnellate.

Fonte: Commissione europea, EU Reference Scenario (2016)

Un risultato non certo ascrivibile all’efficacia delle politiche climatiche. Migliorare i modelli potrebbe risultare, in conclusione, non meno importante e sicuramente meno costoso che perseguire tali politiche.


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