Firmato a Lisbona il 17 dicembre 1994 ed entrato in vigore il 16 aprile 1998, l’Energy Charter Treaty (ECT) è un trattato internazionale che disciplina lo sfruttamento delle risorse energetiche, gli investimenti e i procedimenti di risoluzione delle controversie.
Sebbene numerosi osservatori ne abbiano evidenziato il fallimento sul piano politico – per via della mancata ratifica da parte della Russia che ne era principale destinatario – in oltre vent’anni di applicazione, l’ECT si è rivelato molto efficace sul piano giuridico per la tutela degli investimenti nel settore energetico.
L’ECT prevede, in sostanza, la regolazione dei contratti stipulati tra Stati e investitori stranieri in materia energetica
L’articolo 26, in particolare, regola la risoluzione delle controversie che possono sorgere tra Stati ed investitori stranieri per questioni legate agli investimenti nel settore dell’energia. Una disposizione che:
- si applica alle controversie tra uno Stato contraente e “un investitore di un altro Stato contraente relative ad un investimento di quest’ultimo nel territorio del primo”;
- legittima l’investitore straniero ad agire contro lo Stato ospitante in caso di una “presunta violazione di un obbligo” posto a carico di tale Stato, come ad esempio la violazione del principio di tutela degli investimenti e non discriminazione tra investitori nazionali e stranieri oppure l’obbligo di garantire l’esercizio dei diritti degli investitori e di non emanare norme che determinino un’espropriazione o nazionalizzazione degli investimenti;
- stabilisce
che le controversie debbano essere risolte amichevolmente. Se la soluzione
amichevole non è raggiunta entro tre mesi dall’inoltro della relativa richiesta,
l’investitore potrà scegliere di sottoporre la controversia:
- alle Corti o ai Tribunali amministrativi dello Stato contraente parte della controversia;
- alle procedure di risoluzione precedentemente convenute con lo Stato contraente;
- alle procedure arbitrali del Centro internazionale per la risoluzione delle controversie in materia di investimenti (ICSID), di un arbitro unico o tribunale arbitrale ad hoc istituito dall’UNCITRAL, oppure dell’Istituto Arbitrale della Camera di Commercio di Stoccolma;
- stabilisce che i tribunali arbitrali ai quali le controversie sono deferite decidono la controversia in conformità con l’ECT e i principi del diritto internazionale. Le decisioni così assunte sono definitive e vincolanti per le parti della controversia e possono essere eseguite a livello internazionale. Lo Stato contraente, infatti, è tenuto a dare esecuzione senza indugio alla sentenza arbitrale e ad adottare le misure per l’effettiva esecuzione della sentenza nel suo territorio.
Molti investitori hanno fatto ricorso agli strumenti di protezione approntati dal Trattato al fine di ottenere indennizzi contro misure governative pregiudizievoli per i propri investimenti. Tra questi, anche gli ex-azionisti della società russa Yukos Oil, che hanno invocato l’ECT ottenendo dalla Russia un indennizzo di ben 50 miliardi di dollari (ad oggi, il più grande risarcimento ottenuto sulla base del Trattato) per l’espropriazione della società. Altri arbitrati ECT concernenti investimenti in ambito energetico hanno coinvolto, tra gli altri, l’Ungheria, la Bulgaria, la Repubblica Ceca, il Kirghizistan, la Repubblica Ceca e la Romania.
L’ECT ha acquisito viepiù rilevanza nel tempo, passando da 19 casi nei primi dieci anni di vita ai 75 degli ultimi cinque anni
Secondo il rapporto “One Treaty to rule them all”, pubblicato da Corporate Europe Observatory a giugno 2018, il Segretariato dell’ECT ha pubblicato 114 ricorsi depositati da investitori privati. Il totale effettivo di procedimenti avviati potrebbe essere molto più alto, posto che non è obbligatorio pubblicare i ricorsi. Tra l’altro, oltre al numero assoluto, è degno di nota il trend: nei primi dieci anni di vita dell’accordo sono stati registrati solo 19 casi (1998-2008), mentre, negli ultimi cinque anni (2013-2017), le cause intentate dagli investitori sono 75.
Anche gli Stati coinvolti stanno cambiando: nei primi 15 anni dell’accordo, nove volte su dieci gli imputati erano Stati dell’Europa Centro-Orientale e dell’Asia Centrale. Oggi la Spagna e l’Italia sono in testa alla lista dei Paesi più colpiti. Si pensi che, nei confronti della Spagna, risultano conclusi dall’ICSID, già tre procedimenti e altri sono pendenti: 4 dei quali solo nel 2018.
Lorenzo Parola, Teresa Arnoni, Vanessa Nobile, Herbert Smith Freehills LLP
Fabio Angelini, Publius Angelini & Partners
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