La crescita delle fonti rinnovabili nel mix energetico globale si ripercuoterà probabilmente anche sui paesi produttori di idrocarburi, in particolare attraverso il calo dei volumi esportati dopo il 2040. Per loro, la sicurezza della domanda potrebbe avere implicazioni macroeconomiche, soprattutto in termini di investimenti, e potrebbe infine richiedere un cambio nei loro modelli di sviluppo con significative conseguenze in termini di potenza sul palcoscenico internazionale.
Se vogliamo delineare i confini di una geopolitica delle energie rinnovabili, dobbiamo considerare le conseguenze della loro diffusione tra gli attori “tradizionali” della geopolitica dell’energia, i cui modelli politici ed economici saranno trasformati. Questi paesi affrontano molte incertezze legate ai cambiamenti in atto nel settore energetico e, in particolare, sulla scena internazionale.
La transizione energetica porterà ad un cambio nei modelli di sviluppo dei paesi esportatori di petrolio con significative conseguenze sul loro ruolo geopolitico e sul palcoscenico internazionale
Le incertezze relative al ritmo della transizione energetica, il futuro della domanda petrolifera e i futuri prezzi del petrolio indeboliscono la posizione dei paesi esportatori di petrolio, che sono costretti a prendere una serie di decisioni strategiche in un contesto internazionale in evoluzione. Vulnerabili a questi cambiamenti a vari livelli, dovranno affrontare la necessità di ridefinire il loro modello economico, sociale e politico e dovrebbero riconsiderare il loro ruolo sulla scena internazionale. La loro attrattiva economica rischia di essere influenzata, in particolare dal timore degli investitori di vedere una moltiplicazione di stranded asset, investimenti che non saranno redditizi nel corso della vita dell’infrastruttura, per via soprattutto delle politiche climatiche.
In questo contesto, l’evoluzione dei prezzi delle fonti fossili è cruciale. A livello teorico, due strategie possono essere adottate dai paesi produttori. La prima riflette la scelta di esportare le riserve rimanenti a prezzi bassi. La seconda è la formazione di un cartello tra i paesi produttori che acconsentono a massimizzare i loro margini unitari vendendo i combustibili a caro prezzo.
Due le possibili strategie per i paesi esportatori: esportare le riserve rimanenti a prezzi bassi o a massimizzare i loro margini unitari vendendo i combustibili a caro prezzo
I paesi con risorse fossili sceglieranno tra queste due strategie in base al grado di diversificazione delle loro economie che desiderano raggiungere. Questa richiede importanti investimenti che uno stato fiscalmente vincolato sarà in grado di realizzare tanto più riuscirà a generare nel breve termine entrate rilevanti dall’utilizzo delle proprie riserve. I prezzi del petrolio e la stabilità delle politiche climatiche attuate dai paesi consumatori rimangono quindi fattori chiave nel processo di transizione energetica. In caso di elevata incertezza sul proseguimento delle politiche climatiche, i paesi produttori di idrocarburi saranno incoraggiati a mantenere la dipendenza dei paesi consumatori facendo pagare prezzi relativamente bassi. Viceversa, l’anticipazione di una graduale uscita dai combustibili fossili richiederebbe l’attuazione di strategie di lungo termine di diversificazione delle loro economie.
Il post è tratto dall’articolo Alcune questioni geopolitiche della transizione energetica (pp.14-20) scritto da Emmanuel Hache, Samuel Carcanague, Clément Bonnet, Gondia Sokhna Seck, Marine Simoën e pubblicato su Energia 2.19
Emmanuel Hache, Clément Bonnet, Gondia Sokhna Seck, Marine
Simoën sono ricercatori presso IFP Energies Nouvelles
Samuel
Carcanague è ricercatore presso l’Institut de Relations Internationales et
Stratégiques – IRIS
Foto: PxHere
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