La povertà energetica è la situazione di chi non ha accesso a forniture adeguate di energia elettrica e gas per indisponibilità di sufficienti risorse economiche. Le principali cause sono i bassi livelli di reddito, gli alti costi dell’energia e i consumi elevati, dovuti alla scarsa performance energetica degli edifici.
Lungi dall’essere solo un ricordo del passato, la povertà energetica è tuttora presente anche in Unione Europea, che tenta di affrontarla con approccio sempre più solerte. In Italia, il tema non è del tutto inesplorato. Già da tempo sono previste alcune misure volte a sostenere, direttamente o indirettamente, i soggetti vulnerabili. Tuttavia, ad oggi non esiste un piano d’azione integrato che abbia effetti consistenti e permanenti, né esiste un sistema di monitoraggio del fenomeno, e restano tutt’ora aperte e dibattute alcune questioni che continuano a sollecitare la riflessione sul tema.
In Italia non esiste un piano d’azione integrato contro la povertà energetica dagli effetti consistenti e permanenti, né esiste un sistema di monitoraggio del fenomeno
Nell’articolo pubblicato su Energia 3.19, Sarah Supino e Benedetta Voltaggio (Studio Legale Tributario Salvini) analizzano alcuni profili giuridici della povertà energetica in Unione Europea ed esaminano le principali criticità delle misure adottate in Italia per contrastare il fenomeno.
La dialettica tra UE e Italia sul tema è di grande importanza. È infatti dall’Unione che sono giunte le spinte a sollecitare il dibattito nella Penisola innescando una repentina inversione di rotta alla fine degli anni Duemila. “Le prime Direttive volte a disciplinare il mercato energetico (c.d. «primo pacchetto energia»), adottate nel 1996 e nel 1998 (1), non affrontavano nemmeno sommariamente il tema della povertà energetica, come pure le successive adottate nel 2003 nell’ambito del c.d. «secondo pacchetto energia»(2).” [LA LOTTA ALLA POVERTÀ ENERGETICA COME OBIETTIVO EUROPEO E NAZIONALE]
L’approccio europeo mostra una decisa rottura con il «terzo pacchetto energia», “che per la prima volta vede un’Europa attenta alla problematica della povertà energetica [DALL’ENERGIA COME «SERVIZIO» ALL’ENERGIA COME «DIRITTO»]. Le Direttive nn. 2009/72/CE e 2009/73/CE si fanno espressamente carico del problema e (…) gli Stati Membri devono prevedere misure adeguate per tutelare i clienti finali, assicurando «ai clienti vulnerabili un’adeguata protezione» e definendo la nozione di cliente vulnerabile, che «può fare riferimento alla povertà energetica»”.
L’UE non si è tuttavia limitata a indicare il fine da perseguire, ma ha anche indicato agli Stati Membri i mezzi da adottare esprimendo una “chiara preferenza per gli interventi di welfare poiché, a suo dire, mentre la protezione dei consumatori deve essere inquadrata nell’ambito della tematica dell’accesso al mercato, di contro la PE è un problema sociale che va affrontato con rimedi (anche puramente) sociali” [LA POSIZIONE EUROPEA SUGLI STRUMENTI PER LA LOTTA ALLA POVERTÀ ENERGETICA].
L’approccio italiano, per contro, mostra (come recita il titolo relativo paragrafo) ALCUNI PASSI AVANTI, MA ANCORA INSUFFICIENTI. Il fenomeno della povertà energetica trova infatti esplicita menzione solo nella Strategia Energetica Nazionale del 2017 per poi essere ripresa nella Proposta di Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC), “Ma gli sforzi compiuti nel Piano non sono risultati sufficienti alla Commissione europea che, dopo averlo esaminato, ha chiesto all’Italia di migliorare proprio i profili dedicati alle ripercussioni sociali delle politiche energetiche proposte”.
La percentuale di famiglie italiane in stato di povertà energetica è pari a circa l’8% del totale (2,1 milioni di famiglie), con un’incidenza nel Mezzogiorno pari al 14%
L’articolo passa quindi ad analizzare nel dettaglio LIMITI E PROSPETTIVE degli strumenti adottati a livello domestico. In particolare,
- Il sistema dei bonus, che “pur rappresentando un valido strumento di sostegno per le famiglie che vertano in condizione di povertà energetica, soffre di alcuni limiti” (come il fatto che non possano accedervi le famiglie sprovviste di un impianto di riscaldamento);
- Gli altri strumenti, come “la detrazione fiscale IRPEF o IRES riconosciuta a chi sostiene spese per interventi di riqualificazione energetica degli edifici” (ma che risulta “inaccessibile per coloro che non dispongono di un reddito capiente per poter beneficiare dell’agevolazione”) o “misure presenti in Italia non direttamente rivolte a contrastare il problema della povertà energetica, ma che sono state introdotte con la diversa finalità di ridurre il consumo energetico”, come nel caso dei Certificati Bianchi o ancora “le misure presenti nel mercato tutelato messe a disposizione dei consumatori finali, idonee a costituire, per i soggetti vulnerabili, importanti ausili nell’accesso all’energia, quali la possibilità di instaurare gratuitamente la conciliazione delle controversie sorte tra gli operatori e i fornitori o i distributori di energia”.
Solo una percentuale del 36% dei potenziali beneficiari avrebbe effettivamente richiesto i bonus, a fronte di una platea stimata di circa 2,2 milioni di famiglie
Una sezione a parte meritano poi le riflessioni su povertà energetica e politiche fiscali [LA BOLLETTA COME MEZZO DI RISCOSSIONE DI IMPOSTE E ONERI GENERALI]. È il caso delle voci di costo della bolletta elettrica e l’incidenza sui poveri di energia: il costo della bolletta è “pesantemente influenzato, in Italia, da componenti estranee al puro corrispettivo di servizio energetico. Si tratta non solo dei «classici» tributi indiretti quali l’IVA e le accise, ma anche di un’altra categoria di oneri, di incerta natura, che incidono sul costo finale dell’energia in maniera ben più significativa delle tradizionali imposte indirette appena menzionate, soprattutto nel caso dei consumi elettrici (con un peso in bolletta superiore al 20% del totale)”.
E degli oneri generali di sistema: natura ed effetti, «tariffe» “utilizzate per coprire l’esigenza di gettito di politiche pubbliche che non trovano copertura nella fiscalità generale” la cui “controversa natura (…) non solo fa dubitare della rispondenza di tali oneri ai parametri costituzionali, ma fa anche riflettere sull’opportunità di finanziare le relative spese con un sistema regressivo, che colpisce i consumi energetici (anche nel loro «minimo vitale»), piuttosto che rimettere tali spese alla fiscalità generale, improntata a inderogabili criteri di progressività”.
Di recente, gli importi «riscossi» sono stati destinati anche a finalità del tutto estranee al mercato elettrico, e cioè alle misure finanziarie volte al sostegno ad Alitalia e alla cessione del gruppo ILVA
Infine l’ultima sezione affronta il tema de L’ACCESSO ALL’ENERGIA NEL QUADRO DEI DIRITTI FONDAMENTALI, focalizzandosi prima su Le fonti internazionali (che riconoscono l’energia come “un bene-mezzo, il cui utilizzo consente l’accesso e la fruizione di una serie di servizi, dei quali alcuni possono essere considerati essenziali per la vita di un individuo”), poi su il diritto all’energia in Italia, dove le Autrici si chiedono: è un diritto tutelato costituzionalmente?
Il post presenta l’articolo Politiche e strategie per combattere la povertà energetica: lineamenti e criticità di Sarah Supino e Benedetta Voltaggio e pubblicato su Energia 3.19
Sarah Supino è Dottore di ricerca in diritto ed impresa, LUISS Guido Carli di Roma e Avvocato in Roma, Studio legale tributario Salvini e Soci
Benedetta Voltaggio è Avvocato in Roma, Studio legale tributario Salvini e Soci
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Foto: MaxPixel
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