C’è una soluzione naturale per il cambiamento climatico che costa meno dell’1% di quella tecnologica. Non ha costi politici, e non richiede un cambio radicale del paradigma energetico-industriale. E non può essere ignorata.
In quest’oscurità diffusa e tetra, all’improvviso, come fossimo dentro un quadro di Georges de La Tour, si intuisce in lontananza una luce. È uno studio proposto recentemente dal Crowther Lab di ETH Zurich, un istituto di ricerca svizzero che ha pubblicato il rapporto The global tree restoration potential. Il tema è già stato approfondito in questo Blog, ma riteniamo sia importante tornarci su.
Le conclusioni principali della ricerca sono le seguenti: nelle attuali condizioni climatiche, la terra potrebbe sostenere 4,4 miliardi di ettari coperti da alberi. Attualmente, l’area coperta è pari a 2,8 miliardi di ettari, quindi restano 1,6 miliardi di ettari copribili. Di questi 1,6 miliardi di ettari, 0,9 miliardi non sono utilizzati dall’uomo e possono, quindi, essere forestati. In parole povere, vi è un’area grande quanto gli Stati Uniti disponibile per il ripristino degli alberi.
Ciò che più stupisce dello studio sono i volumi di carbonio compensato dalle nuove foreste una volta raggiunta la maturità: 205 miliardi di tonnellate di carbonio, ovvero circa due terzi dei 300 miliardi di tonnellate di carbonio rilasciate nell’atmosfera a seguito dell’attività umana dalla Rivoluzione industriale ad oggi!
Da notare, stiamo parlando di carbonio non di CO2. Se ci riferiamo alla CO2, l’abbattimento diventa pari a circa 750 miliardi di tonnellate, cioè un volume pari a 22 volte le emissioni totali prodotte in un anno, dall’intero Pianeta, a seguito dell’utilizzo dei combustili fossili. La ricerca mostra anche come la forestazione potrebbe essere ospitata principalmente da 6 paesi: Russia (151 milioni di ettari), Stati Uniti (103 milioni), Canada (78), Australia (58), Brasile (50 milioni), Cina (40 milioni di ettari).
…SÌ MA A QUALE COSTO?
Tom Crowther, il leader del progetto di ricerca, ha sottolineato come concretamente si tratta di aggiungere 1 trilione di alberi allo stock già esistente (3 trilioni), al costo di 30 centesimi di dollaro per albero, ovvero 300 miliardi di dollari. Il volume dell’investimento è bassissimo se lo si compara con le stime dei costi di abbattimento associati a decarbonizzazione del mix, efficienza energetica, CCS o altro: 38 trilioni di dollari secondo la stima fatta dalla IEA alla vigilia del vertice di Parigi [1].
In parole povere, ETH Zurich ci sta dicendo non solo che c’è una soluzione naturale che costa meno dell’1% di quella tecnologica ma che essa è meno condizionata dalle tradizionali difficoltà di accordo che affliggono le policy tradizionali, che in ultimo implicano un cambio radicale del paradigma energetico-industriale.
Ecco le parole di Crowther sul tema: piantare alberi è “una soluzione ai cambiamenti climatici che non richiede al presidente Trump di iniziare immediatamente a credere nei cambiamenti climatici, o che gli scienziati escogitino soluzioni tecnologiche per estrarre l’anidride carbonica dall’atmosfera. È una soluzione disponibile ora ed è la più economica possibile”.
Esiste una soluzione naturale che costa meno dell’1% di quella tecnologica, che non ultimo implica un cambio radicale del paradigma energetico-industriale
Certamente, l’attività di forestazione auspicata non è senza incertezze: chi finanzia il progetto? Chi ospita gli alberi in cambio di cosa? Quali sono gli impatti complessivi sull’ecosistema? Inoltre, si tratta di un progetto che per produrre appieno i suoi effetti necessita della crescita degli alberi, e ciò richiede decenni. Tutto ciò significa che c’è bisogno anche di altre policy e che gli alberi non sostituiscono la transizione energetica. E tuttavia essi rappresentano una soluzione semplice, a costo bassissimo, con un potenziale enorme.
I numeri non sono impossibili: si tratta di piantare 1.000 miliardi di alberi, laddove in Etiopia, nello scorso luglio, ne sono stati piantati 350 milioni in un giorno
Christiana Figueres, già segretario esecutivo dell’UNFCCC, ha dichiarato: “Finalmente abbiamo una valutazione autorevole di quanta terra possiamo e dobbiamo coprire di alberi senza interferire con la produzione di cibo o le aree abitate. Questo è un progetto estremamente importante per i governi e il settore privato”.
Concordiamo con questa affermazione: i governi e il settore privato dovrebbero approfondire questa soluzione, valutarne punti di forza e di debolezza, costi, criticità, impatti economici, sociali, ambientali. Di più: essi dovrebbero fare della forestazione un punto cruciale del negoziato internazionale sul clima, soprattutto considerando il fallimento delle policy fino ad oggi. Non ci pare che ciò stia accadendo. Lo studio di ETH Zurich ha suscitato un certo dibattito non appena è stato pubblicato, dopo di che è stato riassorbito nel grande magma del rumore dei media, vera radiazione di fondo dell’universo contemporaneo.
I governi dovrebbero fare della forestazione un punto cruciale del negoziato internazionale sul clima, soprattutto considerando il fallimento delle policy fino ad oggi
Il mistero prosegue: prosegue il sonno apatico di Sapiens. Troppo indaffarato nei suoi traffici, egli volge lo sguardo altrove: non va a vedere cosa realmente sia quel piccolo punto luminoso apparso dentro l’oscurità tetra e diffusa che avvolge la sua tela esistenziale.
Enzo Di Giulio è economista, preside della Scuola Enrico Mattei di Eni Corporate University e membro del Comitato Scientifico di Energia
[1] IEA (2015), Energy and Climate Change (pdf)
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