18 Settembre 2019

Recensione – Responsabili: come civilizzare il mercato

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Un libro importante, di grande spessore scientifico ed interesse per capire le dinamiche nel tribolato mondo che viviamo, questo di Stefano Zamagni, Professore all’Università di Bologna e da poco nominato Presidente della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali. Importante per più motivi.

In primo luogo, perché aiuta a capire le ragioni che stanno alla base del degrado (il termine è mio) che segna il nostro tempo: si tratti della crisi economica che perdura da oltre un decennio; delle diseguaglianze sociali con i ricchi sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri all’interno e tra i paesi; del rischio che il capitalismo finanziario faccia collassare il libero mercato per la restrizione degli spazi di libera concorrenza. Non ultimo: dei rischi che i cambiamenti climatici compromettano nel lungo termine le stesse sorti del Pianeta, mentre nel breve vanno causando emigrazioni bibliche. Imprese e governi stentano a darvi adeguate risposte. Degrado alla cui base stanno primariamente i «comportamenti irresponsabili» degli agenti economici, che le istituzioni pubbliche non hanno saputo o voluto contrastare.

Un secondo ordine di motivazioni sta nell’incontrastato affermarsi delle teorie economiche divenute dominanti che hanno diffuso a piene mani il convincimento, da un lato, che lo shareholder value sia il fine ultimo dell’azione delle imprese e, dall’altro, che l’efficienza dei mercati sia un fine in sé e non strumento per conseguire fini anche extra-economici. «In nome del principio di efficienza, divenuto vero e proprio mito – scrive Zamagni – si è finito con il legittimare l’avidità (corsivo nostro) come se fosse una virtù: il greed market che prende il posto del free market» (pag. 134).

L’essersi liberati di ogni riferimento di valore ha prodotto nefaste conseguenze. Due in particolare. La prima riguarda la dissociazione tra efficienza e giustizia sociale relegata nel limbo delle questioni etiche. Con l’avvento della globalizzazione ha iniziato a diffondersi la tesi del trade-off tra efficienza e giustizia e quindi tra istituzioni della cittadinanza sociale e crescita economica (pag. 221). Generandosi, come conseguenza, diseguaglianze sociali «semplicemente scandalose» all’interno della società o delle aziende con l’esplodere (da 25 sino a 700 volte) del differenziale di compensi dei loro CEO rispetto al lavoratore medio delle industrie. Il tutto in risposta a un malinteso senso di meritocrazia – al punto che se ne avvantaggiava anche chi aveva danneggiato le aziende – diffuso a piene mani dalle nuove teorie manageriali. La seconda responsabilità imputabile alla ricerca economica che interessa evidenziare è il non aver tenuto adeguatamente conto del rapporto uomo-natura e non essersi fatta carico della questione ambientale, nonostante la denuncia del progressivo degrado delle condizioni del Pianeta – per il sovrasfruttamento delle sue risorse – fosse venuta dalla comunità scientifica sin dagli anni Settanta del secolo scorso e soprattutto con la prima conferenza delle Nazioni Unite sul clima tenutasi a Rio de Janeiro nel 1992.

L’importanza dell’ultimo volume di Zamagni non si limita comunque al momento della denuncia delle cause della crisi ma sta ancor più nell’individuare una risposta che la arresti. Risposta che sta nel contributo che «la prospettiva di sguardo dell’economia civile (…) è capace di offrire all’affermazione di un concetto di responsabilità che integri, in modo sostanziale, sia l’etica delle intenzioni sia l’etica delle conseguenze» (pag. 7), capace di disegnare, costruire, verificare reti e processi di responsabilità e reciprocità istituzionale per produrre utilità sociale e vantaggio economico.

Essere responsabili – conclude l’Autore – significa «non considerarsi né come il mero risultato di processi che cadono fuori del nostro controllo né come una realtà autosufficiente senza bisogno di rapporti con l’altro. Significa, in altri termini, pensare che ciò che ci aspetta non è mai del tutto determinato da quanto ci precede» (pag. 238).

Per far sì che il capitalismo eviti il collasso, deve essere in grado di rispettare il diritto di ogni individuo di decidere da sé come dare valore alla propria vita dando egualmente valore alla vita altrui. Bisogna in sintesi «renderlo più responsabile» – quel che significa portare il peso delle cose e delle scelte effettuate – scegliendo, tra la pluralità di modelli che si offrono, un modello di mercato civile che «dilati gli spazi della civitas» mirando tendenzialmente a includere tutti e a ridurre le diseguaglianze sociali.

Stefano Zamagni
Responsabili. Come civilizzare il mercato
Il Mulino, 2019, pp. 247, 15 euro


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