Le grandi utility che escono dalla generazione elettrica; le Big Oil e i giganti del web che invece entrano in maniera sempre più decisa. Quale nuova configurazione si va delineando nel mercato elettrico? È ciò su cui si interroga GB Zorzoli su Energia 3.19 con un articolo che riprende il filone d’indagine sul futuro delle utility elettriche già proposto sulle pagine di questa Rivista (si vedano i numeri 2.18, 4.17 e 2.17).
Ripercorrere l’epopea di una grande utility elettrica, come E.On “che non genera più energia”, è la chiave da cui partire per decodificare l’evoluzione in atto nel mercato: “può sembrare paradossale, ma rappresenta soltanto il caso limite di un obiettivo che si sta diffondendo in Europa(2): vendere più kWh di quanti se ne producono in casa (…). D’ora innanzi E.On effettuerà investimenti principalmente nelle reti, un settore che, essendo regolato, presenta bassi rischi”.
Il calo dei costi degli impianti eolici e fotovoltaici – le due tecnologie rampanti – li ha resi o li sta rendendo competitivi, ma questo non basta per garantirne la bancabilità
Ad UN APPARENTE PARADOSSO, come recita il titolo del paragrafo, che risulta APPARENTEMENTE CONTRADDETTO dall’opposta visione strategica delle Big Oil, in particolare europee, che scelgono di entrare nel business elettrico: “Perché, a fronte delle motivazioni che hanno indotto le grandi utility elettriche a ridurre gli investimenti in impianti per la produzione elettrica, due big come Shell e Total (soprattutto la prima) dichiarano di volere massicciamente puntare anche su questi?”
Diverse le risposte individuate da Zorzoli, dal diverso orizzonte temporale nel quale sono abituati ad operare utility e big oil e dall’ammontare degli investimenti, con i secondi “da decenni abituati ad effettuare massicci investimenti con tempi di ritorno pluridecennali, all’interno di un mercato caratterizzato dalla volatilità dei prezzi”. Ma contano anche le incognite inerenti i mercati petroliferi, caratterizzati da “processi di decarbonizzazione destinati a ridurre in misura crescente la domanda di prodotti petroliferi nei paesi più sviluppati”; o ancora, le “sollecitazioni, talvolta molto pressanti, da parte di investitori, perché i consigli di amministrazione facessero proprie policy attive per la riduzione delle emissioni climalteranti”.
A muoversi maggiormente sono società con sede centrale in Europa, mentre per altre l’impegno rimane modesto, per cui è arduo stabilire se si tratta di opzione strategica o pura operazione di maquillage o green washing
Ma il mercato elettrico non è conteso unicamente dalle grandi compagnie petrolifere. Anche i giganti del web hanno interesse ad espandersi in questo business, per via della “loro tendenza a svilupparsi, investendo in nuovi settori” e delle prevista evoluzione de mercato elettrico “dove il maggiore ruolo dei servizi ai clienti e lo sviluppo della mobilità elettrica aumenteranno enormemente la disponibilità di dati sulla propensione al consumo delle famiglie, delle aziende e e dei singoli cittadini, cioè su un loro importante business attuale” (UNA COMPRENSIBILE INVASIONE DI CAMPO).
“Amazon e Google minacciano pertanto di diventare due ingombranti concorrenti delle utility elettriche nella fornitura di energia e nell’offerta di servizi ai consumatori. Inoltre, Google ha un ruolo rilevante nello sviluppo della guida autonoma dei veicoli, settore sinergico con quello della mobilità elettrica”.
Il 20% della capacità degli impianti americani a fonti rinnovabili, realizzati da aziende private o da investitori istituzionali, è oggi di proprietà di Google e Amazon
E quindi quale nuova configurazione si va delineando nel mercato elettrico? Nelle CONCLUSIONI l’Autore avanza qualche previsione circa l’esito dello scontro che si va delineando tra utility elettriche i giganti del web e le Oil & Gas Companies, “con i primi dotati di una potenza di fuoco (economico-finanziaria) e di un livello di globalizzazione addirittura superiori a quelli delle seconde”. Un esito che potrebbe risultare quasi scontato (“la Storia insegna che anche azioni antimonopolistiche rilevanti, come ad esempio lo smembramento della Standard Oil, riescono a creare soltanto un mercato oligopolistico”), ma che invece mostra ancora margini d’incertezza.
Molto dipenderà dalle scelte che le utility decideranno di adotteranno per evitare la marginalizzazione: “Un antidoto a questo declino potrebbe essere un tempestivo processo di fusione tra le utility elettriche”. Ma a mutare il corso delle cose potrebbe concorrere anche lo Stato, con il “ricorso all’intervento pubblico, sulla scia di quanto si sta già verificando”, come più volte documentato su questa Rivista.
Il post presenta l’articolo Un mercato contendibile di GB Zorzoli e pubblicato su Energia 3.19
G.B. Zorzoli è membro dell’Associazione Italiana Economisti dell’Energia e del Comitato Scientifico di «Energia»
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