21 Ottobre 2019

+ auto elettriche = – entrate per lo Stato

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Oggi la mobilità elettrica è incentivata con varie misure, mentre le auto a combustione interna contribuiscono in maniera sostanziale alle entrate dello Stato (25 miliardi di euro per le sole accise sui carburanti). Più si restringerà la circolazioni delle seconde più toccherà alle prime pagare il conto. Un’equazione di cui non si parla ma di cui va trovata la soluzione..

E auto elettrica sia! Secondo molti rapporti l’auto elettrica è ‘dietro l’angolo’. Basta portare a termine giusto alcune ‘piccole’ azioni – riconvertire l’industria automotive, abbattere i costi filiera elettrica, disporre le infrastrutture di ricarica – perché le auto tradizionali divengano oggetti di modernariato.

In queste declamazioni vi è molta retorica e un ottimismo teso a far volgere le politiche pubbliche a favore della E-mobility con sostanziosi incentivi di varia natura (monetari, minori costi per assicurazioni e parcheggi, accesso ai centri urbani, etc) e restrizioni alla mobilità delle auto a combustione interna e penalizzazioni all’industria tradizionale specie in tema di emissioni.

La contrazione dei costi delle auto elettriche, si sostiene per contro, le renderà sempre più economiche e convenienti per i consumatori. Benissimo, vorrà dire che si potranno azzerare gli incentivi. Ma le cose stanno davvero così? Vi è da dubitarne.

L’entusiasmo sul futuro tout electrique si va attenuando più ci si trova a dover fare i conti con la dura realtà delle cose. In energia – vale per qualsiasi fonte, prodotto, impianto – le cose vanno bene quando sono piccole, deflagrano con la loro crescita.

In Svezia, la domanda elettrica connessa all’aumento delle auto elettriche sta mettendo in crisi la capacità di produzione del paese

In Svezia l’aumentata richiesta di energia elettrica conseguente alla crescita delle auto elettriche sta mettendo in crisi la capacità di produzione, arrivando al paradosso di offrire denaro ai proprietari di auto elettriche perché mettano a disposizione del sistema nazionale l’energia elettrica che hanno accumulato. In sintesi: batterie sharing.

Offuscato dalla retorica pubblicitaria, il governo di Stoccolma si è accorto solo adesso che necessiterà un decennio per adeguare la sua rete elettrica e capacità di generazione.

In Cina, le vendite sono crollate a seguito della rimozione degli incentivi

In Cina, per il terzo mese consecutivo, le vendite di auto elettriche sono crollate del 33% per il venir meno degli incentivi. Se necessitano lì, immaginiamo da noi.

Di fronte agli enormi investimenti, costi esorbitanti di produzione, lunghi tempi che si richiedono, alcuni pur grandi imprenditori che si erano avventurati sulla via elettrica hanno alzato bandiera bianca. A iniziare da James Dyson proprietario della azienda famosa per i suoi aspirapolveri.

Insomma le cose sono molto più complesse e ardue di come le rappresentano gli interessi in campo. Il punto dirimente, come per qualsiasi nuovo prodotto, sarà comunque la risposta dei consumatori.

Un recente slogan recita che “l’auto elettrica spaventa chi non ce l’ha, e piace a chi ce l’ha”. Senza chiarire che i primi sono la quasi totalità degli automobilisti mentre i secondi sono una piccola ricca èlite, paradossalmente sussidiata dai contribuenti per l’acquisto di una seconda o terza auto.

I carburanti forniscono alle casse degli Stati 250 miliardi euro in Europa e 850 mld dollari nell’intera OCSE

Comunque sia, in questa retorica non si è tenuto conto dell’oste, come scrissi in un post del 13 giugno 2018. Essendo l’oste le casse dello Stato che negli attuali vituperati carburanti hanno letteralmente la ‘gallina delle uova d’oro’: con incassi pari a 250 miliardi euro in Europa e 850 miliardi dollari nell’intera OCSE.

Prima o poi si dovrà comunque pagare il conto. Che per l’Italia ammonta a oltre 25 miliardi di euro per le sole accise sui carburanti. Cifra destinata ad aumentare se si procederà a ridurre le agevolazioni fiscali al gasolio decise in passato proprio per incentivarne l’uso con le auto diesel (e che si tradurrà secondo il Codacons in una stangata di almeno 5 euro a pieno).

In Italia le sole accise sui carburanti contribuiscono per oltre 25 mld euro

Oggi si va in senso contrario dopo l’assurda campagna di loro demonizzazione che sta sconquassando l’industria automobilistica. In sintesi: ogni auto elettrica riduce gli incassi dello Stato.

Quel che meraviglia, o meglio sconcerta, è che in nessuno dei mille rapporti che la magnificano, si fa un minimo cenno alla necessità di controbilanciare le perdite fiscali sulle auto tradizionali con pari entrate fiscali a carico dell’auto elettrica o della fiscalità generale, così da recuperare, si potrebbe dire, i costi sociali connessi alla mobilità (emissioni, congestione, incidenti, etc.).

Negli altri paesi orientati alla E-mobility il problema comincia a essere messo sul tavolo. Da noi regna il silenzio, per opportunismo, interesse, ignoranza.

Un recente studio (link in fondo al testo) dell’Institute for Fiscal Studies inglese propone di recuperare i 28 miliardi di sterline (32 miliardi di euro) di gettito di accise e Iva sui carburanti tradizionali con un sistema di ‘road pricing’ – in funzione delle ore, della giornata e dell’area – a carico di tutti gli automobilisti.

Più si restringerà la circolazioni delle auto a motore termico più dovranno pagare quelle elettriche..

Va da sé che più si restringerà la circolazioni delle auto a motore termico più pagheranno quelle elettriche. Consapevole dello scarso gradimento dei consumatori-elettori verso questa proposta, l’IFS propone come soluzione second-best di far pagare ad ogni auto una flat-tax per miglia percorsa. Comunque sia, l’Istituto inglese sollecita il Governo a far presto nel decidere: prima che le auto elettriche prendano piede sostituendo quelle tradizionali. Per non trovarsi a capire solo ex-post che molte delle promesse fatte sulla convenienza dell’E-mobility erano puri e semplici slogan commerciali.

Anche, temo, riguardo i benefici per il clima, se non si chiarisce preventivamente come produrre l’energia elettrica per alimentare le auto e come rafforzare la capacità di generazione e la rete elettrica. Gli esempi sono troppi per non temere che l’accelerazione dell’E-mobility al di fuori di un quadro programmatico organico di lungo termine, crei nel breve più costi che benefici.           


Alberto Clô è direttore della rivista Energia

Sul tema auto elettrica leggi anche:
E se l’auto vecchia scaccia quella nuova? di Antonio Sileo, 17 Maggio 2019
Governare la transizione per evitare l’emarginazione: Alberto Bombassei sul futuro della mobilità di Redazione, 19 Marzo 2019
Intervista a Paolo Scudieri (Pres. ANFIA): l’industria italiana dell’automotive e la sfida dell’elettrico di Redazione, 29 Gennaio 2019
La transizione all’auto elettrica e il «chicken and egg problem» di Giovanni Goldoni, 26 Giugno 2018
I conti senza l’oste di Alberto Clô, 13 Giugno 2018
Le suggestioni ‘à la’ Tesla… di Alberto Clô, 25 Ottobre 2018

IFS, A road map for motoring taxation, 4 ottobre 2019

Foto: MaxPixel

1 Commento
Fabio Pistella 

In effetti è assordante il silenzio dei vertici politici e burocratici italiani sugli effetti che il passaggio di frazioni consistenti del parco auto da combustione interna a propulsione elettrica avrebbe sulla finanza pubblica. Questo articolo è una delle poche eccezioni e auspico sia occasione per far crescere la consapevolezza del quadro complessivo delle implicazioni derivanti da azioni di promozione troppo poco meditate.
Sono convinto anche io come la maggioranza degli analisti “ortodossi” che il futuro vedrà un apporto decisivo del vettore elettrico alla mobilità, ma non condivido l’ottimismo degli ortodossi sui tempi necessari per questa transizione. Non richiamo qui le esigenze ben note di ristrutturazione del sistema di produzione di elettricità e di ridisegno di quello della rete fino distribuzione che una massiccia e-mobility comporta. Preferisco invece ricordare brevemente due circostanze spesso ignorate nel dibattito. Se l’obiettivo è un miglioramento della mobilità in senso stretto (tempi di percorrenza e agibilità degli spazi) nei centri urbani, drammaticamente inadeguata in molte città italiane, cambiare la propulsione dei motori non cambia praticamente nulla . Se l’obiettivo è una riduzione, consistente e in tempi rapidi, dell’inquinamento atmosferico, in particolare urbano, il “nemico da abbattere” sono le auto euro 0 euro 1, euro 2 e euro 3 che con emissioni elevate (fino a 20 volte rispetto a quelle dei motori a combustione prodotti attualmente) sono oltre un terzo del parco circolante. La loro permanenza in funzione è legata alle ridotte possibilità economiche dei possessori. Ancor peggiore è l’impatto dei veicoli per il traffico commerciale e, orribile, quello dei bus pubblici urbani in molte città.
La Regione Lombardia ha il merito di aver colto la questione dei mezzi vetusti e ha varato provvedimenti proficui rivolti a cittadini e imprese a sostegno della rottamazione dei modelli più vetusti con mezzi anche usati di recente produzione.
https://www.linkedin.com/posts/fabio-pistella-846457ba_move-in-e-nuovi-incentivi-activity-6610296690454994945-5y2j
Speriamo la Regione Lombardia sia imitata da altre istituzioni. Mi sembra più sensato che dare soldi pubblici per far passare da euro 6 ad elettrico un ristretto numero di benestanti (che presumibilmente hanno già auto con motore a combustione interna di ultima generazione a basso inquinamento) con effetti molto poco rilevanti sia sul singolo veicolo sia complessivi.


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