Il catastrofismo e le facili soluzioni proposte da Jeremy Rifkin (dall’idrogeno all’economia digitale, passando per l’internet delle cose e la generazione elettrica distribuita) fanno bene alla sua popolarità, ma non ai problemi globali che sostiene di voler risolvere.
Angoscia, sollievo, stupore. Questi i sentimenti che, in ordine, si provano a leggere Jeremy Rifkin: angoscia, per le nefaste profezie che spande a mani piene; sollievo, per le ricette facili che riuscirebbero a risolverle, semplicemente volendolo; stupore, nel constatare come a distanza di tempo molte delle profezie/ricette e delle assunzioni su cui si basavano non corrispondevano al vero.
Vi è il timore che questa trilogia possa accadere anche per il suo lungo articolo apparso su ‘La Repubblica’ del 15 ottobre scorso in cui pubblicizza l’ultimo suo libro ‘Un Green New Deal globale’. Il copione segue il percorso emozionale sopra indicato (almeno riguardo ai primi due).
La prima parte dell’articolo è dedicata alla catastrofe, con espressioni quali: ‘estinzione’ (la sesta, a suo dire), ‘abisso ambientale’, ‘crollo della civiltà dei fossili’ (quella attuale). Nella seconda, si indicano per contro le soluzioni che potrebbero fronteggiarle: internet delle cose, generazione distribuita, economia digitale e via andare. Soluzioni che, a suo dire, configurano ‘gli albori della terza rivoluzione industriale’ (prospettiva, invero, formulata nell’identico modo molti anni fa). Quanto allo stupore, bisognerà attendere il corso degli eventi.
Rifkin ha nel tempo associato la sua Terza Rivoluzione a concetti/tecnologie differenti: economia digitale, internet delle cose, generazione elettrica distribuita, idrogeno, smart green, sharing economy…
Vale la pena ripercorrere le tappe del pensiero di Rifkin. A iniziare dal suo contributo del 1992 – Beyond Beef. The Rise and Fall of the Cattle Culture (Dutton), in italiano col titolo Ecocidio: ascesa e caduta della cultura della carne – in cui sosteneva che: “il mutamento delle nostre relazioni con i bovini […] segneranno l’inizio del nuovo mondo […] L’eliminazione dell’uso della carne di manzo sarà accompagnata da un rinascimento ecologico, una rinascita della natura in ogni continente” (pag. 289).
Seguì nel 2002 il suo primo best-seller – Economia all’idrogeno. La creazione del Worldwide Energy Web e la redistribuzione del potere sulla terra (Mondadori) – in cui profetizzava di lì a poco il trionfo del vettore idrogeno: “Il primo regime energetico nella storia veramente democratico” (pag. 9). Da notare come il salvifico idrogeno fosse da trarre dal metano e quindi con medesimo impatto in termini di emissioni di anidride carbonica!
Un grande successo popolare cui fece da contraltare una scarsa considerazione da parte della comunità scientifica. Su Energia prendemmo tuttavia in considerazione la sua proposta, affidandone l’analisi a Pierre Bacher dell’Académie Technologies francese, il quale in un articolo del 2009 la chiosò come “pieno delirio!” e “pericolosa utopia” perché priva d’ogni fondamento scientifico, impossibile a realizzarsi, estremamente costosa con un prezzo dell’energia sino a dieci volte superiore a quello corrente.
L’economia all’idrogeno di Rifkin è “pieno delirio!” e una “pericolosa utopia” – Pierre Bacher, Académie Technologies
Nel 2007 Rifkin pubblicò un terzo volume: Anticipare la Terza Rivoluzione Industriale. Una nuova agenda per l’Unione Europea nel 21°secolo – la prossima fase dell’integrazione europea (link in fondo al testo). Una nuova rivoluzione centrata su tre pilastri:
- l’energia elettrica prodotta in modo totalmente decentralizzato da risorse rinnovabili
- la sua gestione tramite un sistema informatico integrato su scala continentale
- il suo stoccaggio sotto forma di idrogeno ottenuto tramite elettrolisi dell’acqua
Alla base di questa profezia stava l’assunzione che “ci stiamo avvicinando al tramonto dell’era del petrolio in questa prima parte del 21° secolo” (pag. 1). Assunzione anche in tal caso errata essendo la produzione di petrolio aumentata da allora dell’equivalente dell’intera produzione saudita.
Seguì nel 2014 The Zero Marginal Cost Society: The Internet of Things, the Collaborative Commons, and the Eclipse of Capitalism (St Martin) in cui profetizzava l’eclisse del capitalismo come oggi configurato prima della metà del 21esimo secolo e la fine del lavoro dietro la spinta delle dinamiche innovative.
Vale sottolineare come Rifkin abbia modificato nel tempo definizione e contenuto di questa Terza Rivoluzione riconducendola ora all’economia digitale, ora all’internet delle cose, ora alla generazione elettrica distribuita o all’idrogeno, ora allo smart green. Da ultimo alla sharing economy.
La sua vulcanica attività – si definisce “Economist, writer, public speaker & activist” – gli ha conferito grande popolarità mediatica, udienza e consulenze da parte di molti governi, spazi in molti quotidiani, ove ha trattato un’infinità di temi (compresa l’Ilva di Taranto).
Col catastrofismo si gioca facile, non c’è limite al peggio e puoi smascherarlo solo dopo decenni.
Come abbiamo evidenziato su questo Blog nel post “Ambiente e Libertà”, il catastrofismo può premiare a livello di popolarità personale, ma non aiuta a risolvere i problemi. Al contrario aggrava suscitando uno scetticismo corrosivo che ostacola la lotta al surriscaldamento del Pianeta. Né è sufficiente evocare l’inviluppo dell’insieme di innovazioni tecnologiche che si vanno affacciando perché esse si traducano in fatti concreti.
In questi processi il fattore tempo è dirimente, anche se di tempo secondo il scientific consensus non ve ne è più. L’importante è aver contezza degli ostacoli economici, sociali, tecnologici che impediscono di collocarsi su una traiettoria di riduzione delle emissioni. Quel che può ottenersi solo con un sano realismo, pragmatismo, razionalità. E non sparandola grossa con giochi di prestigio.
Alberto Clô è direttore della rivista Energia
Foto: u_dg9pheol / Pixabay
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