Forse non saranno causati dai cambiamenti climatici, ma i fenomeni atmosferici che si stanno scatenando in questi giorni sul nostro Paese ne sono certamente aggravati. Evidenti sono i danni sull’economia reale, come dimostra la triste situazione di Venezia. Eppure, già si sa che “l’Italia è il paese che subirà i danni maggiori dall’inasprimento dei processi alluvionali legati alle esondazioni dei fiumi”.
Su Energia 3.19, Ivan Faiella (Banca d’Italia) indaga come i rischi climatici possono influire sull’economia reale e da lì trasmettersi sulla stabilità del sistema finanziario, al punto da diventare una ‘faccenda per banchieri centrali’, che di fatto hanno iniziato a porre un’enfasi crescente su questo tema. Vi proponiamo un estratto in cui l’autore tratta degli impatti climatici sull’economia reale.
“Gli effetti attesi di questi cambiamenti sull’intero continente europeo hanno una profonda incidenza sull’economie e sul benessere dei cittadini in particolare in paesi, come l’Italia, collocati nella fascia meridionale”. Per approfondimenti, l’Autore rimanda al progetto PESETA coordinato dal Joint Research Centre che fornisce una valutazione multisettoriale dei futuri impatti fisici ed economici dei cambiamenti climatici in Europa per l’orizzonte 2071-2100.
“Il progressivo aumento delle temperature si tradurrà in una riduzione della produttività del lavoro”. Uno studio pubblicato su La Medicina del Lavoro riporta che temperature superiori ai 32 °C possono ridurre la produttività fino al 14%. L’aumento delle temperature accresce infatti il rischio dei lavoratori di contrarre malattie infettive trasmesse da vettori esterni e aumenta l’incidentalità sul posto di lavoro. I settori più esposti sono agricoltura e costruzioni.
Temperature superiori ai 32 °C possono ridurre la produttività fino al 14%.
“Si prevede che ciò andrà a determinare un aumento dello stress da calore correlato al lavoro, accrescendo il rischio di incidentalità con perdite di posti di lavoro e di possibilità produttive”. Tanto che secondo un recente Rapporto dell’International Labour Organization (ILO), il fenomeno comporterebbe al 2030 una contrazione globale delle ore lavorative del 2,2% con un impatto sul PIL pari a 2.400 miliardi di dollari.
“I cambiamenti nella stagione di crescita e fioritura delle piante e nel contenuto idrico del suolo influenzeranno la produttività dell’agricoltura e l’idoneità degli habitat a ospitare la vita”. Gli studi più recenti sul potenziale impatto di cambiamenti climatici sull’agricoltura italiana suggeriscono conseguenze marginali negli scenari più favorevoli, ma effetti sempre più incisivi negli scenari climatici più severi.
“La richiesta di energia per riscaldamento diminuirà, ma il fabbisogno energetico per il raffreddamento degli spazi aumenterà”. Tanto che secondo alcune valutazioni a partire dalla seconda parte del secolo la domanda di energia per il raffreddamento degli ambienti supererebbe a livello globale quella per il riscaldamento.
“La ridotta disponibilità di acqua dovuta ai cambiamenti nelle precipitazioni potrebbe interferire con l’erogazione di energia e ridurre il potenziale di produzione di energia idroelettrica. Le regioni meridionali dell’Europa potrebbero dover affrontare crescenti carenze idriche”. Un buon esempio è rappresentato dall’anno 2017, che con le sue scarse precipitazioni ha fatto registrare uno dei valori più bassi della generazione idroelettrica degli ultimi decenni.
In tutti gli scenari considerati, l’Italia è il paese che subirà i danni maggiori dall’inasprimento dei processi alluvionali legati alle esondazioni dei fiumi
“Molti impatti sulla società e sull’ambiente saranno dovuti ai cambiamenti degli estremi climatici. Si prevede che il rischio di alluvioni aumenti in molte regioni.” E sempre secondo il citato Rapporto del progetto PESETA, il nostro Paese, in tutti gli scenari considerati, è quello che subirà i danni maggiori dall’inasprimento dei processi alluvionali legati alle esondazioni dei fiumi. Appare in tutta evidenza il nesso con i fenomeni che in questi giorni vanno interessando diverse parti d’Italia.
“Le alluvioni costiere, specialmente nella seconda metà di questo secolo, con l’innalzamento del livello del mare, subiranno un drastico aumento lungo la maggior parte delle coste europee. I trasporti e le altre infrastrutture critiche localizzate nelle pianure alluvionali e vicino al mare saranno sempre più soggette a danni e interruzioni a causa delle inondazioni”.
Ma non solo acqua, purtroppo. “Gli episodi siccitosi saranno più frequenti e intensi, soprattutto nell’Europa meridionale, e aumenterà il rischio di incendi boschivi. Ci sarà un forte aumento della mortalità umana per le ondate di calore.” Sarà il caso di iniziarne a prenderne atto, seriamente.
Il post è tratto dall’articolo Rischi climatici e rischi finanziari: una faccenda da banche centrali? di Ivan Faiella e pubblicato su Energia 3.19
Ivan Faiella è Senior Economist presso il Dipartimento economia e statistica della Banca d’Italia, membro dell’Osservatorio italiano sulla povertà energetica e del comitato scientifico della rivista Energia.
Le opinioni espresse sono personali e non implicano in alcun modo la Banca d’Italia o altre istituzioni con cui collabora.
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Nelle fasi iniziali dei lavori dell’IPCC vennero suggerite, come è ben noto, due linee di intervento per contrastare i cambiamenti climatici, denominate rispettivamente mitigation (avente finalità di eliminare o almeno ridurre le cause identificate nei clima alteranti) e adaptation (con finalità di contenere le conseguenze dei cambiamenti climatici sull’uomo e sull’ambiente). A parte il dettaglio che il termine mitigation almeno in Italiano genera confusione, va rimarcato che nei fatti hanno perso abbastanza rapidamente interesse e visibilità le azioni di adaptation che sarebbero, se realizzate, la concreta risposta immediata ai fenomeni che l’articolo efficacemente descrive. Considero prioritari interventi di questo tipo perché qualunque sia la causa dei cambiamenti climatici occorre porre rimedio tanto più che i modelli climatici prevedono che un eventuale blocco delle emissioni di CO2 ( ma anche la sperata riduzione e addirittura l’azzeramento, azzeramento per ora ipotetici e unanimemente collocati a distanza di decenni) dispiegherebbe i suoi effetti in tempi differiti per un’isteresi del sistema climatico. E nel frattempo? Qualche amministrazione pubblica ha dato in altri Paesi risposte, per esempio per evitare il rischio allagamenti
https://www.linkedin.com/pulse/sul-fronte-dei-cambiamenti-climatici-solo-alcuni-paesi-fabio-pistella/
In Italia, terra disastrata dal rischio idrogeologico e purtroppo soggetta a grave e diffuso rischio sismico, interventi di di riassetto e difesa del territorio sarebbero di grande beneficio anche indipendentemente dal temuto intensificarsi di eventi estremi in conessione con mutamenti climatici. Risorse anche cospicue destinate a questo obiettivo sarebbero ben spese.