10 Dicembre 2019

Il Re è nudo: COP25 e il fallimento degli Stati

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Ad una settimana dal suo inizio, a COP 25 di tutto si è parlato tranne di quel che conta: le cose non vanno bene e non è con più burocrazia che miglioreranno. Capire le ragioni, spesso politico-sociali più che tecnologiche, per cui non vanno nel senso desiderato sarebbe ben più utile che confrontarsi in centinaia di mini incontri sui più disparati temi scientifici o discettare su quanto innalzare l’asticella di obiettivi che non si riescono a raggiungere. Non una proposta operativa è stata avanzata, mentre nessuna notizia trapela su quel che si sta facendo nonostante i 3.076 giornalisti accreditati.

Come nella fiaba di Hans Christian Andersen può ben dirsi che a Madrid il “Re è nudo”, essendo il Re gli Stati nella fallita lotta ai cambiamenti climatici.

Ad una settimana dal suo inizio, nella COP 25 di tutto si è sinora parlato tranne di quel che conta: che le cose non vanno bene e che non potranno migliorarle le procedure burocratiche – indicate come ‘orientamenti operativi’ dell’Accordo di Parigi – di cui 13.635 rappresentanti delle Parti stanno discutendo (su 26.706 partecipanti accreditati).

Diversi i rapporti che attestano il fallimento collettivo degli Stati

Eppure la documentazione resa pubblica in questi giorni è di un’evidenza lapalissiana:
– si tratti dell’Emissions Gap Report 2019 dell’UNEP che attesta il “fallimento collettivo” degli Stati al punto che se anche tutti i Piani Nazionali venissero attuati la temperatura aumenterebbe comunque di 3,2°C;
– del documento del Global Carbon Project dal significativo titolo Global Energy Growth is Outpacing Dacarbonization;
– o dell’ultimo rapporto della World Meteorological Organization che ha attestato che la concentrazione atmosferica dei gas serra ha toccato nel 2018 nuovi massimi.

E le cose in futuro potranno peggiorare, se si considera l’impatto dei 200 GWe di centrali elettriche a carbone in costruzione o autorizzate nel 2019 in Cina, i 95 in India, i 75 in altri paesi asiatici (con una somma di gran lunga superiore ai nuovi GWe rinnovabili), anche se le nuove centrali hanno un impatto ambientale incommensurabilmente inferiore a quello di un tempo.

Resta il fatto che la ‘Transizione Energetica’ in atto è ben altro da quella promessa/profetizzata/acclamata. Nel trade-off crescere/declinare i paesi emergenti non hanno dubbi.

Le ragioni per cui le cose non vanno come desiderato sono spesso più politico-sociali che tecnologiche, ma questi aspetti vengono per lo più trascurati

Capire la realtà delle cose e le ragioni per cui non vanno nel senso desiderato, spesso politico-sociali più che tecnologiche, individuare le soluzioni per rimuoverle, rendere vincolanti obiettivi ora solo volontari, sarebbe stato ben più utile che confrontarsi in centinaia di mini incontri sui più disparati temi scientifici o discettare se non sia il caso di innalzare l’asticella degli obiettivi visto che quelli attuali non si riescono a raggiungere.

Ebbene, di fronte a queste sconfitte, non una proposta operativa è stata avanzata alla Fiera di Madrid mentre nessuna notizia trapela su quel che si sta facendo nonostante i 3.076 giornalisti accreditati.

L’unica emozione la si è avuta con l’arrivo di Greta dopo un viaggio di 20 giorni (in catamarano) dagli Stati Uniti; una notte (in treno) da Lisbona; l’ultimo miglio (in auto elettrica) per raggiungere la manifestazione di centinaia di migliaia di ragazzi. Un evento mediaticamente importante ma che non ha minimamente modificato l’agenda della COP25.

Quel che impressiona è lo scarto enorme tra le altisonanti e retoriche dichiarazioni e il niente che dalla COP sta emergendo

Quel che impressiona è lo scarto enorme tra le altisonanti e retoriche dichiarazioni dei leader del mondo alla sua apertura, i non meno altisonanti documenti, risoluzioni, appelli inviati da organismi internazionali, governi, parlamenti (si legga la risoluzione del parlamento europeo in 127 punti) sui rischi dell’’‘emergenza climatica’ e il niente che dalla COP sta emergendo.

Mentre, in mancanza d’altro, vi è chi esalta Creative Industries Pact For Sustainable Action dopo la decisione del gruppo musicale Coldplay di cancellare i concerti fino a quando non troveranno il modo di renderli carbon-neutral.

Incurante di tutto, nello stesso tempo la Commissione Europea sta proseguendo nella sua marcia unilaterale per mettere a punto il Green Deal che, a suo dire, dovrebbe fare dell’Europa il primo continente carbon-neutral al 2050 (chi potrà mai verificarlo?) con effetti sulle emissioni globali che non potranno tuttavia che essere insignificanti (data la bassa quota su quelle globali).

La mia valutazione – felice di essere smentito – è che questa COP 25, alla pari di molte altre, si tradurrà in un nulla di fatto sul piano sostanziale. L’esito finale, al di là di marginali aspetti burocratici, sarà l’arrivederci alla COP 26 che si terrà nel novembre 2020 a Glasgow in Gran Bretagna (in partnership con l’Italia) così che il grande circo itinerante del clima – costoso quanto inutile – possa mestamente continuare.


Alberto Clô è direttore della rivista Energia

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Foto: Wikipedia

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