17 Dicembre 2019

La mobilità delle città italiane

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La fotografia dei trasporti pubblici delle maggiori città italiane descrive un settore a «velocità variabile», in cui alcune realtà di mercato convivono con altre ancora fortemente sussidiate. Nel complesso quadro della governance si inserisce oggi l’impegno delle amministrazioni locali negli obiettivi di mobilità sostenibile. Ma in quale direzione va la mobilità nelle grandi città italiane? Lo studio di Giorgia Marinuzzi e Walter Tortorella (Fondazione Caracciolo) presentato su Energia 4.19

Le soluzioni dei problemi di sostenibilità (ambientale, economica e finanziaria) connessi alla mobilità urbana rappresentano oggi una delle maggiori sfide che politici e amministratori locali devono affrontare. Una sfida che ciascuna amministrazione cerca di governare integrando le diverse modalità di mobilità e avendo di fronte un orizzonte temporale, in termini di scelte programmatiche e di opzioni di investimenti, altamente variabile.

La precarietà dei tempi della politica, l’instabilità del quadro finanziario e regolamentare, la sovrapposizione e parcellizzazione delle funzioni istituzionali, la sclerotizzazione del sistema delle competenze ha restituito un settore, quello del trasporto pubblico locale (TPL), a velocità variabile. Un settore «di mercato competitivo» in alcuni contesti territoriali, tanto da essere particolarmente appetibile per alcuni grandi player; un settore «fortemente sussidiato» in altri contesti territoriali, tanto ormai da apparire come un ambito di intervento pubblico assistito e senza ritorno.È da questa complessità che è emersa la necessità di indagare flussi, tipologia, direzione e intensità, mezzi utilizzati negli spostamenti, dell’offerta di TPL nelle dodici città più popolose d’Italia (Bari, Bologna, Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma Capitale, Torino, Venezia e Verona) e della domanda di servizio espressa dai residenti e dai pendolari, concentrando l’attenzione sugli aspetti critici finanziari e di investimento: uno studio ampio e completo pubblicato dalla Fondazione Caracciolo, i cui risultati vengono riepilogati su Energia 4.19.

Gli italiani continuano a spostarsi massicciamente e l’incidenza dei costi del trasporto sulle spese delle famiglie costituisce una voce sempre più rilevante di spesa delle famiglie italiane, terza dopo l’abitazione e l’alimentazione

Nonostante il forte ridimensionamento del digital divide nei grandi centri urbani, l’iperconnessione dei cittadini frutto delle nuove autostrade informatiche, l’approvazione della Legge sul Lavoro Agile – che nel solo 2018 ha permesso già a mezzo milione di persone di lavorare in smart working il pendolarismo nelle/dalle città è ancora consistente e addirittura in crescita (1. Cittadini mobili).

“Gli italiani continuano a spostarsi massicciamente e l’incidenza dei costi del trasporto sulle spese delle famiglie costituisce una voce sempre più rilevante di spesa delle famiglie italiane, pari all’11,4% nel 2018, rappresentandone la terza voce, dopo l’abitazione, che assorbe il 35,1% delle uscite totali, e le spese per prodotti alimentari e bevande analcoliche col 18%. Secondo gli ultimi dati censuari Istat, 4 residenti su 10 dei comuni italiani con una popolazione superiore ai 250 mila abitanti (il 43,7%, l’1,2% in più rispetto al 2001) si spostano ogni giorno all’interno del comune di dimora abituale per recarsi presso il proprio luogo di lavoro o di studio. Questo dato raggiunge il livello più elevato a Roma, in cui il 49% dei cittadini residenti, ossia una somma di 438 mila e 847 mila persone, si muove ogni giorno per motivi di studio e di lavoro rispettivamente”.

La crescita degli spostamenti delle persone sottende che la domanda di mobilità sta attraversando importanti cambiamenti strutturali. L’urbanizzazione, l’innalzamento dell’età della popolazione, l’avvento delle smart cities, le politiche di limitazione degli accessi ai centri urbani e le relazioni centro-periferia stanno provocando mutamenti importanti nelle opzioni di mobilità sia in termini spaziali che temporali.

Nei quattro anni considerati dalle indagini campionarie, il ricorso alle automobili non scende mai al di sotto del 57% e raggiunge un picco del 65% nel 2016

Quando le destinazioni restano nel perimetro comunale, l’uso dei mezzi privati (52,1%) è meglio bilanciato dagli spostamenti a piedi o in bici (39%). Al contrario, in caso di mobilità extra-urbana, spicca la centralità assoluta di auto e moto (84,8%), contro il 2,9% di piedi e bici e il 12,3% di mezzi pubblici. Guardando alle modalità di spostamento dei cittadini, i dati, oltre a confermare la preferenza dei cittadini per l’automobile, dimostrano come stiano facendo capolino, ancora con molta difficoltà, stili di mobilità più maturi, consapevoli e sostenibili. La cosiddetta «mobilità attiva», ossia quella non motorizzata, è in crescita (2. L’insostenibilità del modello autocentrico).

Il TPL si caratterizza rispetto ad altri servizi pubblici locali per la presenza di un bene sostituto, nella fattispecie l’automobile o il ciclomotore, che si pone inevitabilmente come l’alternativa più comoda, ma poco sostenibile, per gli spostamenti

Secondo gli Autori, “dai dati Istat al 2017 si rileva che nei grandi comuni il 71% dell’offerta di TPL in termini di posti-km disponibili è riconducibile agli autobus, e il 45% di tali mezzi appartiene a classi di emissioni pari o inferiori all’Euro 4. Tali evidenze suggeriscono che per ottenere un reale miglioramento dei servizi di TPL non sia possibile prescindere da un rinnovamento della flotta bus, attraverso la sostituzione dei mezzi più inquinanti con veicoli appartenenti a classi di emissioni di ultima generazione e/o con veicoli elettrici”. Nell’articolo su Energia 4.19 gli Autori dedicano un Box all’analisi dei principali fondi e programmi pubblici per il rinnovamento delle flotte (3. Il ritardo del TPL e le risorse in campo).

La congiuntura favorevole in termini di regole finanziarie il cui allentamento avrebbe dovuto produrre un incentivo agli investimenti non ha prodotto finora effetti in misura apprezzabile. Ciò anche perché, a fronte di una domanda che chiede tempi di risposta immediati, i tempi di spesa e fornitura dei servizi di mobilità appaiono lunghi se non lunghissimi

“Ad oggi la spesa corrente (impegni) per il TPL nei grandi comuni è inferiore a quella del 2010 e, ad eccezione dell’anno 2014, in questi otto anni è sempre stata più bassa. Nel 2017 tale spesa ammonta infatti per le dodici città più popolose d’Italia a 1,65 miliardi di euro, pari a 186 euro pro capite, un dato medio che si declina con ampie differenze tra comuni. (…) Analogamente, la spesa in conto capitale (impegni) per il TPL nei grandi comuni registra una flessione impressionate: nel 2017 essa ammonta infatti a 561 milioni di euro, ossia il 42% in meno rispetto al 2010 e ben il 63% in meno rispetto alla punta del 2011, anno in cui il dato ha superato il miliardo e mezzo. Il punto più basso della serie è rappresentato dal 2016, quando la spesa in conto capitale per il TPL delle grandi città si attesta sui 388 milioni di euro. Quest’ultimo dato appare in controtendenza rispetto all’auspicato rilancio degli investimenti per il comparto comunale conseguente all’allentamento dei vincoli finanziari post 2015”.

Diversamente da quanto si sta registrando in diverse città europee, in Italia i mezzi privati risultano di gran lunga i principali interpreti della mobilità urbana restituendo contesti di vita urbana ben poco a misura di cittadino

In conclusione, i risultati dell’analisi mostrano che “nelle città contraddistinte da un’elevata concentrazione di popolazione, la mobilità sostenibile fatica ad essere interpretata dalla politica come equilibrio fra istanze dei singoli cittadini e benessere collettivo. Ancor più complesso appare delineare un disegno di politica per la mobilità sostenibile sovra-urbana, almeno di valenza regionale, che si incroci con le traiettorie nazionali, per non parlare di quelle europee”. La strada verso una mobilità urbana davvero a misura di cittadino è ancora lunga e necessita di ripensare i comportamenti individuali, le scelte delle amministrazioni locali, l’organizzazione e lo stato di salute delle società di erogazione di servizi di mobilità. Da ultimo, le risorse e gli incentivi economici messi in campo (4. Conclusioni).

Per trasformare la mobilità urbana è necessaria una politica nazionale non episodica e frammentata bensì sistemica e coordinata lungo quattro direttrici

Per raggiungere questo obiettivo, gli Autori propongono quattro iniziative:

  • maggiore diffusione di una mobilità «attiva», ossia non motorizzata, incentivabile ad esempio con la progettazione di piste ciclabili o di isole ambientali;
  • promozione di forme meno inquinanti per la mobilità privata e mobilità sostenibile e condivisa (es. car sharing, bike sharing, car pooling);
  • potenziamento e incremento dei servizi di TPL, da un punto di vista quali-quantitativo (es. sostituzione dei mezzi più inquinanti con veicoli appartenenti a classi di emissioni di ultima generazione o con veicoli elettrici);
  • sostenibilità finanziaria dei servizi di TPL e consistente destinazione, in un quadro stabile di finanza pubblica, di risorse ordinarie e straordinarie per forme di mobilità sostenibile.

Il post presenta l’articolo I fabbisogni e le risorse del trasporto pubblico locale (pp. 56-63) di Giorgia Marinuzzi e Walter Tortorella pubblicato su Energia 4.19

Giorgia Marinuzzi e Walter Tortorella sono ricercatori presso l’Istituto per la Finanza e l’Economia Locale (IFEL) e la Fondazione Caracciolo

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Photo by Ant Rozetsky on Unsplash 

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