18 Dicembre 2019

Luci (poche) e ombre (tante) nell’ultimo rapporto ISPRA sui rifiuti urbani italiani

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Aumentano la raccolta differenziata e il tasso di riciclaggio, ma cresce anche la produzione totale di rifiuti (in misura superiore al PIL), il turismo dei rifiuti dal Sud verso il Nord e l’estero, l’incenerimento e infine il costo del servizio. Tutto conferma l’assenza di una strategia nazionale e soprattutto il deficit impiantistico.

Fra le poche luci ci mettiamo l’aumento della raccolta differenziata, che arriva al 58,2% con un aumento di 1 milione di tonnellate, e l’aumento del tasso di riciclaggio. che arriva al 50,8% contro il 49,4 del 2017. Stop.

Le ombre invece sono tante, troppe, e confermano le analisi fatte in passato sul principale deficit italiano: la mancanza di impianti.

Intanto, e questo è forse il dato più negativo, la produzione totale di rifiuti torna sopra il 30 milioni di tonnellate con un aumento del 2% contro un aumento del PIL dello 0,9. Niente disaccoppiamento quindi ma addirittura il contrario. I dati confermano anche che la riduzione degli anni passati era probabilmente la conseguenza del rallentamento economico, ma che basta anche una piccola ripresa per riportare la produzione di rifiuti ai livelli precedenti.

Basta una piccola ripresa dell’economia per stimolare la produzione di rifiuti

Nella raccolta differenziata aumenta soprattutto quella dell’organico, ma molte Regioni non dispongono nemmeno di un impianto di riciclaggio. Di conseguenza aumenta il turismo dei rifiuti dal Sud verso il Nord. E questo è un altro dato negativo. La sola Lombardia importa 335.000 tonnellate di rifiuti soprattutto da Lazio e Campania e tutte le differenze, per esempio nei tassi di raccolta differenziata e nei tassi di riciclaggio, rimangono intatte.

L’incenerimento aumenta di 1 punto percentuale fino al 18%, ma il 70% è al Nord con 26 impianti su 38.

La discarica sembrerebbe scendere, ma ISPRA non conteggia quella parte di rifiuti raccolta in modo differenziato che poi torna in discarica per l’impossibilità ad essere riciclata . 

L’export invece aumenta del 30% (!) fino a 465.000 tonnellate verso Portogallo, Bulgaria, Slovenia, Slovacchia, Spagna, Cina.

Il costo del servizio infine aumenta dell’1,7% con un costo per abitante pari a 175 euro (era 171) e il costo a tonnellata sale a 350 euro contro i 344 del 2017.

Tutto conferma l’assenza di una strategia nazionale e soprattutto il deficit impiantistico del Centro Sud

Roma si appresta a fare una gara per esportare altri rifiuti e l’AD di AMA ha già annunciato che è atteso un aumento di costo intorno ai 20 milioni di euro. Gli impianto al Nord sono pieni e i costi non regolati, ma di mercato, sia per le discariche che per i termocombustori sono saliti anche del 50%.

Tutto conferma l’assenza di una strategia nazionale e soprattutto il deficit impiantistico del Centro Sud. Continua l’assurda ed ideologica preclusione nei confronti degli impianti in grado di bruciare le frazioni non riciclabili con produzione di elettricità e recupero di calore. Ma come se non bastasse si registrano opposizioni di ogni genere anche contro gli impianti di riciclaggio, in particolare contro quelli a digestione anaerobica per trattare la frazione umida.

Buttiamo insomma la possibile ricchezza che un trattamento corretto dei rifiuti potrebbe generare, abbiamo tariffe molto alte e in crescita e arricchiamo alcuni importatori esteri dei nostri rifiuti.


Chicco Testa è presidente di FISE Assoambiente

Sul tema rifiuti leggi anche:
Senza impianti saremo sommersi ancor più dai rifiuti
di Chicco Testa, 1 Agosto 2019
I rifiuti in Italia alla luce delle nuove direttive sulla circular economy, di Redazione, 25 Settembre 2018

Foto: Pexels

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