17 Dicembre 2019

PPA per far crescere le rinnovabili e centrare gli obiettivi del PNIEC

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Nel mondo anglosassone, i «nuovi» Power Purchase Agreement (PPA) consentono alle utility e alle aziende energivore di concordare l’acquisto di energia elettrica direttamente con i produttori rinnovabili, con molti benefici per entrambe le parti. Se negli Stati Uniti e nel Regno Unito ciò avviene grazie a un contesto industriale e finanziario favorevole, i PPA possono rappresentare un’opportunità concreta anche per l’Italia? Su Energia 4.19 Giovanni Goldoni (Università di Verona) presenta lo strumento e ne sostiene la validità, soprattutto se si vogliono centrare gli obiettivi del PNIEC

I Power Purchase Agreements (PPA) sono contratti di acquisto pluriennali sottoscritti con un produttore di energia elettrica che le utility statunitensi utilizzano da tempo per approvvigionarsi all’ingrosso dell’energia e servire i propri clienti. Ci sono alcune novità che tuttavia hanno riportato i PPA al centro dell’attenzione:
(1) la comparsa di una nuova tipologia di acquirente, la corporate;
(2) la produzione rinnovabile, oggetto dei «nuovi» PPA;
(3) la funzione di rendere bancabili progetti di impianti rinnovabili svolta dai «nuovi» PPA.

I corporate PPA consentono di attivare investimenti addizionali, rendere più trasparenti e credibili gli impegni assunti dalle aziende in nome della sostenibilità e migliorarne reputazione e branding

A sostegno dei corporate PPA esistono alcune iniziative, come la RE100 Initiative: un gruppo di aziende che si impegnano a coprire il loro fabbisogno elettrico con il 100% di fonti rinnovabili entro un orizzonte temporale da loro fissato. Tra le opzioni consentite per essere legittimati a dichiarare di avere utilizzato elettricità da fonti rinnovabili ci sono i PPA, uno strumento in forte crescita in quanto ritenuto maggiormente capace di attivare investimenti addizionali e di rendere più trasparenti e più credibili gli impegni assunti dalle corporates in nome della sostenibilità, migliorandone di conseguenza reputazione e branding.

Analizzando le variabili che determinano l’aspetto finale di un contratto pluriennale e i rischi a cui i contraenti di un PPA vengono esposti (basis risk, prezzi negativi, obblighi fiscali…), Giovanni Goldoni spiega quali opzioni possono essere ottimali, ad esempio chiarendo perché per un’azienda può essere conveniente sottoscrivere un PPA virtuale: “I PPA virtuali aggirano la barriera dovuta alla regolazione del mercato e danno accesso a mercati anche distanti, dove i prezzi dell’elettricità rinnovabile sono più bassi. La seconda ragione (…) è il disallineamento tra il profilo temporale dei suoi consumi e la generazione intermittente delle fonti rinnovabili” (1. La struttura dei PPA e i rischi della generazione intermittente).

Nel 2018 Facebook ha siglato ben 22 contratti corporate PPA

Il successo dei corporate PPA negli Stati Uniti è un fenomeno nuovo che spinge a domandarci perché ad esempio Facebook nel 2018 abbia siglato ben 22 contratti. “Lo scorso anno il mercato dei corporate PPA è letteralmente esploso, triplicando e raggiungendo il 45% di tutta la nuova potenza rinnovabile installata negli Stati Uniti: 19,5 GW”, che però non ha superato il picco registrato nel 2016 (22,9 GW). Un’espansione che dipende da diversi fattori, come emerge dall’analisi dedicata su Energia 4.19 (2. La diffusione dei corporate PPA negli Stati Uniti).

Anche nel Regno Unito il corporate PPA è diventato un’opzione molto interessante “per i developers di impianti fotovoltaici ed eolici onshore, tecnologie che sono state escluse dalle aste per i CfD”. Non mancano però input di miglioramento dello schema di PPA inglese: “Secondo il centro di ricerca Cornwall Insight, molto quotato nel Regno Unito per le sue approfondite analisi, si dovrebbe pensare, proprio per i PPA collegati alle tecnologie escluse dagli incentivi, a una «garanzia» pubblica sotto forma di floor price che protegga dai rischi di prezzo derivanti dall’atteso eccesso di generazione eolica coincidente” (3. L’esperienza del Regno Unito).

Se i PPA sono esplosi negli Stati Uniti e Regno Unito, in Italia restano ancora indietro

“Anche in Italia si sta valutando se e come la diffusione dei corporate PPA potrebbe contribuire alla realizzazione degli ambiziosi obiettivi di sviluppo delle fonti rinnovabili previsti nel PNIEC e accompagnare la fine della stagione degli incentivi”, ma dopo la firma del DM 4 luglio 2019 del MiSE, che all’art. 18 fissa alcuni punti sui PPA da fonti rinnovabili, restano dubbi e insoddisfazione per uno strumento dall’altissimo potenziale non ancora facilmente accessibile per le imprese. La ricostruzione delle posizioni dei diversi stakeholders dell’Autore aiuta a capire meglio lo sviluppo del PPA in Italia (3. La ricerca di uno spazio di mercato per i PPA in Italia).

Nelle conclusioni (par. 5) l’Autore evidenzia alcune lezioni che si possono trarre dalle esperienze degli Stati Uniti e del Regno Unito per giungere a una nette e chiara riflessione finale: “se veramente si vogliono centrare gli obiettivi del PNIEC senza ricorrere a costose incentivazioni (…) una riforma per allineare i meccanismi dei mercati elettrici alle caratteristiche tecniche ed economiche della generazione rinnovabile non appare davvero più procrastinabile”.


Il post presenta l’articolo PPA tra incentivi e mercato di Giovanni Goldoni (pp. 64-73) pubblicato su Energia 4.19 

Giovanni Goldoni insegna presso il Dipartimento di Economia Aziendale dell’Università di Verona ed è membro del Comitato Scientifico di Energia

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Foto: Ernest Brillo / Unsplash

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