12 Dicembre 2019

Saudi Aramco sui grattacieli della borsa di New York

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Il collocamento in borsa della compagnia petrolifera saudita Saudi Aramco è un evento di portata storica. Non solo perché si tratta della più grande quotazione mai avvenuta nonostante la piccolissima quota messa sul mercato (1,5% del capitale azionario), ma perché i 1,9 mila miliardi di dollari capitalizzati dopo il primo giorno di trattazioni sono una cifra largamente superiore a quella di Apple, Microsoft e Google, e apre a numerosi interrogativi sui motivi della quotazione e sul rapporto la vecchia oil industry e la nuova tech industry.

Il 4 dicembre 2019 si è chiuso il collocamento in borsa, l’Initial Publing Offering (IPO), di Aramco, la società controllata dal governo saudita che sovraintende a tutto il business petrolifero (e non solo) di Riad.

L’IPO era partita il 17 novembre e chiusa il 28 novembre col collocamento nel mercato retail dello 0,5% della società ed era stata ultimata il 4 dicembre col collocamento presso gli investitori istituzionali di un altro 1%. Complessivamente quindi l’1,5% del capitale azionario della società.

Ieri, 11 dicembre, il primo giorno di contrattazioni. La decisione della famiglia reale saudita, fermamente voluta dal principe ereditario Mohammad Bin Salman, di quotare Aramco è per molti aspetti una decisione di portata storica.

L’IPO di Saudi Aramco ha finora battuto ogni record, nonostante sia stata snobbata dai grandi fondi di investimento

Innanzi tutto per il valore di impresa: la più grande quotazione mai avvenuta nonostante la piccolissima quota messa sul mercato. Come IPO ha finora battuto ogni record, nonostante i grandi fondi di investimento abbiano per il momento snobbata la transazione.

Il valore vagheggiato tre anni fa ai primi annunci era di 3 mila miliardi di dollari, cifra contestata dai collocatori che si erano posizionati sui 2 mila miliardi. La cifra raggiunta ieri con un prezzo di 35,2 riyal contro i 32 del collocamento, capitalizza la società 1,9 mila miliardi di dollari, largamente superiore a quella di Apple (1.200), Microsoft (1.150), Google (928). Verrebbe da dire che la Old Industry batte di molto la New Industry.

I profitti di Aramco nel 2018 sono stati superiori ai 100 miliardi di dollari: pari al totale aggregato di Apple, Google e Exxon

Da sola Aramco vale più delle cinque majors petrolifere (Exxon, RD Shell, Chevron, Total, BP). Eni ne vale un quarantesimo. E, d’altra parte, i profitti dell’Aramco nel 2018 sono stati superiori ai 100 miliardi di dollari: pari al totale di quelli di Apple, Google, Exxon.

La scelta saudita di quotare Aramco sul mercato borsistico locale, Tadawul, certamente non ha facilitato l’interesse dei grandi investitori internazionali. In realtà, la prima tranche di investitori sono locali in gran parte famiglie ‘ostaggio’ della prigionia dorata del Ritz Hotel di Riad e investitori con grossi interessi in quelle aree.

La valutazione a 19 volte i profitti è poi molto aggressiva considerando i multipli delle altre compagnie petrolifere. Il valore raggiunto non può che ricondursi all’enorme dimensione delle riserve petrolifere (quelle provate) detenute dall’Arabia Saudita: circa 298 miliardi di barili pari al 17% di quelle mondiali, le maggiori al mondo, seguite dal 9% di quelle irakene e 8,5% di quelle iraniane.

Quali sono i motivi di una simile operazione?

L’interrogativo interessante è comprendere i motivi dell’operazione. Solitamente si quotano le società se si vogliono raccogliere fondi per i futuri investimenti, certamente non il caso saudita perché alla società non mancano di certo i fondi necessari e gode di crediti pressoché illimitati al sistema bancario.

Sicuramente l’operazione non è fatta, come avviene in altri casi, per motivi di governance: sul mercato va il 1,5 % delle azioni senza nessun potere. Non va per questioni anti-monopolio, inesistenti per definizione in Arabia Saudita. Allora perché?

Si e scritto che le riserve petrolifere di Aramco valgono circa 2.000 miliardi dollari, quel che cambia radicalmente il bilancio del Paese impegnato in un colossale piano di investimenti per la modernizzazione il famoso piano “Vision 2030” tanto caro al principe.

Non è solo la più grande quotazione di tutti i tempi, ma anche la più grande operazione di securitysation di tutti i tempi!

Si tratta quindi non della più grande quotazione di tutti i tempi ma della più grande operazione di securitysation di tutti i tempi! Cioè, si attualizza il valore delle riserve per poter su di questo rafforzare il patrimonio ed aumentare la possibile leva. Strada già tentata da altri spesso pericolosa ed impervia (si veda il non felice precedente delle banche europee).

Il Fondo Monetario Internazionale si e già fatto vivo con commenti non entusiastici, ma l’operazione va avanti lo stesso e chi vivrà vedrà. Sicuramente sarà felice la miriade di valutatori, collocatori, advisor, consulenti, avvocati per le loro laute fees.

In ogni caso, il giorno è storico per i mercati mondiali. Tra i grattacieli della borsa di New York come nel film è sbarcato e si aggira il mostro King Kong. Verrà abbattuto anche questa volta?

dal nostro inviato a Londra

Foto: PublicDomainPictures

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