In questo periodo fioccano gli auguri di Buon Anno! Oltre agli auguri viene però da chiedersi: “che anno ci aspetta?”
Questo non sarà un anno qualunque, sarà il 2020. Quel 20 20 che è stato per anni il riferimento cardine, il polo nord delle politiche climatiche ed energetiche europee.
In un momento in cui la scienza ci conferma che anche il polo magnetico si sta spostando, va da sé che ogni bussola possa perdere di efficacia. Allora anche la sfortunata COP25 sarà stata influenzata da questa migrazione del polo: del resto essa stessa è migrata da Santiago del Cile a Madrid in poche settimane, in qualche modo deve aver “perso la bussola”!
Il 2019 non si è chiuso nel migliore dei modi
Resta che il 2019 non si sia chiuso nel migliore dei modi e, come succede ad ognuno di noi, ci affacciamo alla serata di San Silvestro con la speranza che dall’1 gennaio tutto sia diverso e migliore dell’anno precedente.
Speranza che ad oggi è alimentata dalla Commissione europea con il suo Green Deal, di cui sono stati da poco svelati il programma di lavoro per i prossimi mesi e i tratti salienti. E saranno mesi intensi, perché il piano di lavoro è serrato e indirizza in modo trasversale molteplici settori, molteplici fasi delle filiere, molteplici stakeholder.
La finalità della Commissione è ambiziosa e punta a costruire attorno alla decarbonizzazione anche una politica industriale, commerciale, sociale che ridonino lo slancio necessario all’economia, all’occupazione e all’identità d’Europa.
Un vero piano strategico, integrato, a cui ogni cittadino del Vecchio Continente dovrebbe augurare buona fortuna per potersi garantire una condizione sociale, ambientale, economica migliore di quella attuale, a 10 anni dalla crisi Lehman.
Attenzione, però, a non dimenticare che serve necessariamente un approccio globale al problema del climate change e della decarbonizzazione. Il green deal punta a fare leva sulla capacità dell’Europa di influenzare le altre aree, ma sarà sufficiente?
I paesi emergenti avranno bisogno di più energia rispetto a oggi
Non ce ne voglia il nuovo esecutivo europeo ma sullo scacchiere mondiale – dopo anni di crisi economica e soprattutto di identità – i pezzi blu con le stelle dorate sono ormai abbastanza ridotti.
Recentemente il direttore dell’AIE Fatih Birol, incontrando le istituzioni italiane, ha ricordato che non possiamo prescindere dal fatto che gli attuali e futuri paesi emergenti avranno bisogno di più energia rispetto a oggi – anche fossile – e ha raccomandato ai paesi ricchi di non sospendere la ricerca in soluzioni sostenibili, o comunque migliorative, anche per l’energia fossile.
Perché le rinnovabili devono guadagnare certamente la ribalta, ma in tutte le economie in transizione un modo per contribuire velocemente all’obiettivo globale è quello di decarbonizzare anche le soluzioni fossili. Altrimenti la fame di energia convenzionale degli emergenti renderà vani gli sforzi delle aree più virtuose.
In questo senso, sarà sempre più necessario orientare le abitudini degli individui ad un concetto di risparmio, perché solo consumando meno potremo consumare tutti. E vale tanto per l’energia quanto per l’uso delle risorse naturali, visto che ormai già a fine luglio il pianeta ha consumato le risorse che sarebbero dovute bastare fino a San Silvestro. Un problema di bilancio familiare non da poco, con una famiglia in costante aumento!
Se il global warming è un classico dilemma del prigioniero, dove la scelta cooperativa sembra la meno probabile, allora sta proprio ai paesi del “Nord”- con il Nord Ovest che ha maggiormente contributo a creare questa situazione e il Nord Est che più di altri determinerà la direzione che prenderemo – trovare una soluzione.
warm is over, if you want it..
E se la cooperazione politica internazionale sembra una chimera in questa fase, allora il “Nord” dovrà lavorare sulla messa a disposizione del “Sud” di soluzioni tecnologiche efficaci e a costi sostenibili può essere la chiave per innescare una vera transizione nel modo più veloce ed efficace.
Per chiudere questa riflessione a cavallo d’anno, e in coerenza con il titolo di questo post, l’auspicio è che prima o poi la classica canzone di John Lennon possa suonare come “Warm is over”. Difficile la cantino i nostri figli, difficile lo facciano i nostri nipoti, proviamo a puntare almeno sui pronipoti?
Fondamentale sarà però il pezzo successivo del ritornello: “warm is over, if you want it”. Perché bisognerà volerlo tutti, dal “Nord” al “Sud” del Pianeta, con fortissima convinzione.
E che sia un buon 2020!
Stefano Verde, Gruppo HERA, Strategia e Policy Making
Foto: Pexels
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